Il virus dell’influenza aviaria H5N1, che ha causato un’epidemia tra i bovini da latte negli Stati Uniti, “come tutti i virus sta mutando”. E anche se il rischio che si diffonda tra esseri umani e possa alimentare una pandemia è ancora basso, “dobbiamo continuare a prepararci” per l’eventualità che ciò accada. “La vera preoccupazione è che possa raggiungere i polmoni umani”, perché “quando è successo in altre parti del mondo il tasso di mortalità era del 25%”. Una persona infetta su 4 è morta. Lo ha spiegato Robert Califf, capo della Food and Drug Administration (FDA) americana, parlando ad una commissione del Senato americano. Funzionari statunitensi, ha assicurato, stanno lavorando a “piani per test, farmaci antivirali e vaccini” da utilizzare “nel caso in cui il virus si trasmetta all’uomo”. Da questo punto di vista “siamo in una posizione invidiabile”, più favorevole “che in qualsiasi altro momento nella storia del mondo”, ha sottolineato Califf, secondo il quotidiano inglese ‘Daily Mail’.
«I virus sono» organismi relativamente semplici – ha precisato – quindi trovare un vaccino corrispondente», capace di combatterli efficacemente, «è del tutto possibile in un breve periodo di tempo», grazie alle nuove tecnologie. Secondo funzionari americani, gli Stati Uniti possono già contare su circa 20 milioni di dosi di vaccini antiaviari, che corrispondono bene all’attuale virus H5N1. Una riserva nazionale che potrebbe arricchirsi rapidamente di altri 100 milioni di dosi, se necessario. Ci sono anche scorte di farmaci antivirali come l’oseltamivir, il medicinale utilizzato per curare l’unico caso umano finora confermato nell’ambito dell’epidemia scoppiata tra le mucche negli Usa. Si sta lavorando anche per sviluppare un vaccino per il pollame e i test indicano che gli antivirali umani funzionano altrettanto bene nei bovini malati.
