“È ora”, ma la folla per la pace a Tel Aviv si raduna dopo la scadenza – .

“È ora”, ma la folla per la pace a Tel Aviv si raduna dopo la scadenza – .
“È ora”, ma la folla per la pace a Tel Aviv si raduna dopo la scadenza – .

Il più grande raduno di centro-sinistra israeliano degli ultimi decenni, ma con scarse possibilità di trasformarsi in un progetto di massa. Non pochi hanno espresso questo giudizio ieri alla Menorah Hall di Tel Aviv, dove migliaia di persone hanno partecipato alla conferenza “It’s Time – The Great Peace Conference” per il rilancio di un programma pacifista e del dialogo tra israeliani e palestinesi.

UNA FOLLA che non si vedeva dai tempi degli Accordi di Oslo, composta in maggioranza da ebrei israeliani con una minoranza di palestinesi, rispolverati, incoraggiati dagli artisti, cantanti, politici e intellettuali presenti, slogan e propositi – come la soluzione dei due Stati distrutta dai governi israeliani di qualsiasi orientamento – appartenenti a un altro clima politico che non esiste più, da molto tempo, da prima del 7 ottobre. Il disinteresse mostrato all’evento da gran parte dei più importanti media locali – nonostante la presenza del filosofo e politologo Yuval Harari, dell’ex presidente della Knesset Avraham Burg, del leader del partito ebraico arabo Hadash e della cantante Achinoam Nini (Noa) – è un segno del clima prevalente in Israele che resta concentrato sull’offensiva militare a Gaza e sulla ritorsione distruttiva contro tutti i suoi abitanti per l’attacco compiuto da Hamas nove mesi fa.

TUTTAVIA, SE «È ORA»come alcuni hanno commentato, è arrivato “tardi”, decenni dopo, chiedere pubblicamente un cessate il fuoco a Gaza e l’inizio dei negoziati con i palestinesi è comunque destabilizzante mentre il governo Netanyahu, l’opposizione centrista e una larga parte della popolazione insistono nel continuare la guerra “fino alla vittoria”.
Finora, solo gruppi minoritari della sinistra radicale e le famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza hanno chiesto una tregua. E nemmeno tutti. Ieri, alcuni parenti degli ostaggi, armati di megafoni, si sono radunati davanti alla Menorah Hall per lanciare invettive contro chi aspettava di entrare. “Voi volete la pace (con i palestinesi) mentre i nostri cari restano nelle mani di quelli di Hamas”, ha ripetuto una donna armata di megafono.

L’idea per la conferenza, a cui hanno partecipato 50 organizzazioni ebraiche e alcune palestinesi, è venuta a Maoz Inon e Aziz Abu Sarah, che alcuni ricorderanno perché hanno incontrato e abbracciato Papa Francesco lo scorso 18 maggio a Roma. Inon, 49 anni, ha visto i suoi genitori uccisi il 7 ottobre nel Kibbutz Netiv HaAsara. Abu Sarah, 44 anni, si descrive come “un pacifista palestinese”. Insieme stanno guidando una campagna personale e pubblica contro la vendetta e per la riconciliazione. “Tutto è iniziato a Ginevra a marzo. Aziz e io eravamo lì con altri 70 palestinesi e israeliani. Abbiamo scritto un documento per un futuro comune e abbiamo iniziato a pensare a una tabella di marcia per la pace”, ha detto Inon in un’intervista. Secondo Abu Sarah, “la conferenza farà sì che migliaia di persone dicano di voler vivere insieme, trovare un modo per porre fine allo spargimento di sangue e lavorare con l’altra parte”.

IL GIORNALISTA E L’ATTIVISTA Orly Noi sottolinea i limiti dell’iniziativa alla Menorah Hall. “Da un lato, trovo interessante che qualcuno in questo clima stia cercando di far rivivere quello che una volta era chiamato il campo pacifista della sinistra sionista”, ha detto ieri a Il Manifesto. “D’altro canto, i promotori del convegno sembrano non aver imparato nulla in questi decenni, non hanno capito che gli slogan non servono a niente. Invece, bisogna lavorare su basi completamente nuove, sulla concreta realizzazione di diritti garantiti a tutti, ai palestinesi sotto occupazione e all’interno di Israele”.

 
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