“Ho il cancro, ma non chiamatemi guerriero.” La confessione di Pierluigi Battista – .

“Ho il cancro, ma non chiamatemi guerriero.” La confessione di Pierluigi Battista – .
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Prima Sinisa Mihajlovic, poi Gianluca Vialli. Nel giro di pochi giorni il mondo del calcio ha salutato due grandi protagonisti, entrambi sconfitti da patologia. Eroi, guerrieri, combattenti: tanti i termini usati dai media per raccontare le storie di chi ha a che fare con a cancro. Una retorica schiacciata senza mezzi termini da Pierluigi Battistaanche alle prese con il cancro.

“Su una nota personale, immodestamente una volta e poi basta. E quindi per motivi personali, per favore, non chiamateci ‘guerrieri’, non insultateci con la magniloquenza di ‘sta combattendo/ha combattuto come un leone’, non gonfiate il petto con il “non mollare mai “rivolto a chi si aggrappa con tutte le sue forze alla speranza che il cancro non prenda il sopravvento”iniziò il giornalistaHuffington Post: “Così, per quanto bellicoso sembri, non ci fai bene, non ci incoraggi. Anzi, aggiungi angoscia ad angoscia”.

Pierluigi Battista si attiene alla retorica sul cancro

Morire sarebbe una “resa”? Soccombere significa non aver combattuto bene? Sono solo due delle domande poste da Pierluigi Battista, sottolineando quella sofferenza da scacciareospite indesiderato – come lo chiamava Vialli –“Non è come Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, dove Antonius Max von Sydow gioca a scacchi con la morte.” “E se sbagli la mossa del cavaliere, allora meriti la sconfitta finale, il cancro ha fatto scacco matto?”ha aggiunto il giornalista.

Un’analisi nitida del sensazionalismo, della storia avvincente a tutti i costi. Pierluigi Battista ha spiegato senza troppi giri di parole che il lotta contro il cancro è piuttosto “una sequenza di notti insonni, di paura quando si entra nel tubo della risonanza magnetica o della TAC, di terrore di guardare negli occhi chi ha appena fatto un esame, di gioia se quegli occhi esprimono soddisfazione: un altro ostacolo superato, in un mentre ‘un altro verrà’”.

E ancora, una guerra fatta di attese, sofferenze e debolezze. La volontà è importante – precisa il commentatore – ma non è l’arma a fare la differenza:“Invece degli squilli di tromba di chi ti esorta a fare il gladiatore, chi si sta impegnando per uscirne vivo avrebbe bisogno di affetto, vicinanza, attenzione, ascolto, per non essere lasciato solo. della vita”. Senza mettere in ombra gli oncologi e la scienza, fondamentali per la cura. “Non ne potevo più”la chiusura a punta di Battista.

 
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