La Boucle sul tetto d’Europa. Cassani ci racconta la sua Bonette – .

Quest’anno il Tour de France salirà Cime de la Bonette, la strada carrozzabile più alta d’Europa. Un valico infinito, lungo, soleggiato, tra le Alpi Marittime e quelle Savoia, che svetta 2.802 metri sul livello del mare. L’aria lassù è davvero rarefatta.

Cime nude, se vogliamo anche “caldo” siamo tanto in alto. Il posto è meraviglioso, suggestivo. Servono aquile e ciclisti, coraggio e polmoni di ferro. Il passo “naturale” è a quota 2.715 metri, con l’anello aggiuntivo si arriva a quota 2.802.

Quarto e ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn
Quarto e ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn

Quattro passi

Il Tour de France solo quattro volte sulla Bonette. Lo ha fatto per la prima volta nel 1962. E il primo a transitarvi fu un leggendario scalatore, Federico Bahamontes. Lo spagnolo lo ripeté due anni dopo. Poi abbiamo dovuto aspettare 29 anni perché tornasse la Grande Boucle. Quella volta fu il primo a scavalcare la vetta Robert Millar, ma i protagonisti di quella giornata furono due: Davide Cassani E Laurent Fignon. E non furono vittorie altisonanti o tiri memorabili. No, Bonette in qualche modo li ha messi alle strette. E cattivo.

Prima di immergerci in questa storia, però, ci sembra doveroso fare una piccola ed interessante precisazione. La Bonette è fatta, ma nonostante la sua altitudine – chiaramente il punto più alto del Tour – non sarà il souvenir Henri Desgrange, in memoria del creatore della Grande Boucle. Perché? Perché se c’è Galibier, lassù è assegnato il Souvenir Desgrange. Quella è stata infatti la salita più amata dallo stesso Desgrange e il Tour la affronterà nella quarta tappa, al rientro in Francia dopo la Grande Partenza italiana.

Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota
Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota

La resa di Fignon

È il 15 luglio 1993 e un sole cocente spacca le pietre sulle strade del Tour. La corsa affronta la sua undicesima tappa, da Serre Chevalier a Isola 2000: 179 chilometri e 5.339 metri di dislivello. Tra l’altro gli ultimi 120 chilometri sono identici a quelli che si faranno il 19 luglio.

«È stata una tappa importante – inizia a raccontarci Cassani con la sua innata passione – perché quel giorno praticamente finì la carriera di un grande come Laurent Fignon. Proprio lassù, in cima alla Bonette, Laurent ha messo il piede e ha smesso di correre. Quello è stato il suo ultimo giorno di gara da professionista. È andato in pensione per ultimo.»

Fignon era soprannominato il “Professore” per i suoi occhiali rotondi e i suoi pensieri profondi. Pensieri che non sono mancati neanche quel giorno: «Volevo vivere un momento di tristezza e di grazia senza condividerlo con nessuno», ha detto Fignon.

Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993
Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993

Cassani a pois

«Io invece – prosegue Cassani – ho indossato la camicia a pois indegnamente! E proprio per questo motivo sono scappato. Avevamo fatto il Galibier il giorno prima ed ero arrivato con il mio solito ritardo di mezz’ora. Il giorno dopo c’erano da fare l’Izoard, il Vars, la Bonette e la scalata finale all’Isola 2000. È stata una delle tappe più difficili del Tour. Ed era, mi sembra, la prima o la seconda volta che il palco veniva trasmesso in diretta, era nuovo.

«In quegli anni si partiva ancora un po’ piano, quindi la prima salita la facevamo a velocità da cicloturismo e per questo sono riuscito a fare lo sprint per prendere qualche punto per la maglia a pois. Al primo GPM sono arrivato terzo e poi ho avuto la malsana idea di continuare. Mi sono staccato da tutti nella discesa successiva. Se ho sofferto in salita, sono stato abbastanza bravo in discesa”.

Cassani poi tira dritto e va in fuga. In fuga da solo con una maglietta a pois e con una visione mondiale. Spinge, va avanti, ma chiaramente non è il suo palcoscenico. Davide aveva altre qualità, ma non certo quella di essere uno scalatore.

«Ho sempre sofferto le tappe con queste salite e infatti quando ero sul Var arrivò Ferretti (il suo direttore sportivo, ndr). Appena è arrivato “Ferron” mi ha detto: “Davide, cosa stai facendo?”. E io ho detto: ‘Sto scappando’.”

Il Gpm si trova dietro questa montagna. La collina naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)
Il Gpm si trova dietro questa montagna. La collina naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)

Via Crucis

Ferretti gli dice senza giri di parole che è pazzo. Gli ricorda le sue difficoltà in certe fasi. La trattativa tra i due continua. «Ferretti alla fine mi convince e mi dice: “Per favore Davide, vai piano, è lungo”». E lo prende in parola. Ma allo stesso tempo le energie per chi come Cassani non è uno scalatore cominciano a scemare.

«E infatti – continua Davide – inizia la Bonette… lunghissima, infinita. I francesi fecero anche questa aggiunta di un paio di chilometri per rendere il passo più alto dello Stelvio. Non finisce mai. Sto salendo al mio ritmo. Mi raggiungono i primi, i secondi, i terzi… mi raggiungono tutti. Arrivo in cima già esausto, con 20 minuti di ritardo.

«A quel punto però riesco comunque a stare con un gruppo abbastanza numeroso. Mi lancio in discesa, cerco di mangiare, di recuperare, ma quando inizia l’ultima salita è come se sbattessi contro un muro. Non andrò oltre. Mi ritrovo solo con Domenico Cavallo, che era sulla seconda ammiraglia, che mi tiene informato sul tempo massimo».

Sulla vetta è posta una targa commemorativa della strada della Bonette, realizzata per collegare Nizza a Briancon
Sulla vetta è posta una targa commemorativa della strada della Bonette, realizzata per collegare Nizza a Briancon

Lo sprint con Abdu

La situazione si complica. L’energia non c’è più. Bonette si fa sentire anche dopo. Isola 2000 è lunga e corrono avanti anche gli altri del gruppo con cui è sceso dalla Bonette. Poi devi sapere che un tempo il tempo massimo era molto meno “gentile” di oggi.

«Cavallo mi dice: “Dai Davide, perché stiamo correndo dei rischi”. Gli dico di farmi salire in macchina, ma lui risponde seccamente di no: “Siamo soli, ci prenderanno sicuramente e ci manderanno a casa. Prova ad attaccare l’auto di un’altra squadra.” Solo che non c’erano altre macchine! Eravamo soli.”

«Cavallo era agganciato a Ferretti sul traguardo. Quando arriviamo a 5 chilometri dal traguardo, Cavallo mi dice sempre che manca un quarto d’ora al tempo massimo. «Ma tipo un quarto d’ora? – rispondo – Non posso andare a 20 miglia orarie”. Mi consola e mi dice che l’ultimo chilometro è in leggera discesa.

«Ad un certo punto Abdujaparov mi riprende. Entrambi spaventati da questo muro limite, ci passiamo sotto. Arriviamo all’ultimo chilometro quando mancano ancora tre minuti. Possiamo farlo. Quando la strada si libera, inizia lo sprint. Abdu davanti e io dietro. Sembriamo il primo e il secondo. Abbiamo la stessa voglia di vincere quello sprint. Un volantino! Prima Abdujaparov, poi io. In realtà penultimo e ultimo, a 25 secondi dal tempo massimo”.

Il profilo della salita alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%
Il profilo della salita alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%

Bonetta Infinita

Se questa è la storia romantica di quella giornata, c’è poi l’aspetto più tecnico de La Bonette. Certe salite e certe altitudini ti scavano dentro. E anche se le piste non sono impossibili ti svuotano, ti presentano il conto.

«Oggi sappiamo tutto – prosegue Cassani – noi della Bonette sapevamo solo la lunghezza e il dislivello, niente di più. Avevamo ancora dei rapporti lunghi: 39×23, 25 al massimo, ma era quasi un peccato montarlo. Anche questo ha reso le cose difficili. Andava via a 60-70 giri, non di più”.

«Sapevamo di questa lunga Bonette. Lo avevamo studiato da Garibaldi. Non l’avevo mai fatto ed è stata davvero una Via Crucis. Sapevo però di questo anello aggiuntivo in alto. Sono sempre stato curioso, andavo ad approfondire qualcosa, anche se la passione per la storia mi è venuta dopo.

«Mentre non ho preso quello per le salite! Considera che l’ho rifatto solo l’anno scorso, 30 anni dopo, ma senza realizzare l’anello aggiuntivo. Quel 1993 mi bastò: una volta e basta!

Anche il Giro è passato di qua: era il 2016
Anche il Giro è passato di qua: era il 2016

Tetto d’Europa

I numeri ufficiali del Tour parlano di una salita di 22,9 chilometri con pendenza media del 6,8% e pendenza massima del 10 in alcuni brevi tratti, per un dislivello di quasi 1.600 metri.

«Almeno – spiega Davide – è una salita regolare. La sua difficoltà maggiore è che è interminabile e evidente perché raggiunge i 2.800 metri sul livello del mare. E questo si fa sentire, anche perché sono tanti i chilometri sopra i 2.000 metri (12 per la precisione, ndr). E tornando alla mia salita ho sofferto anche l’altezza. Ricordo che ai Mondiali in Colombia non andavo avanti”.

Sarà un bellissimo momento alla Bonette il 19 luglio. E dopo questo racconto di Davide Cassani potremo godercelo ancora di più, non lasciandoci catturare “solo” da quel grande numero: 2.802.

 
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