il campione francese di ciclismo con radici romagnole – .

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“Le Grand Fusil” ha da poco spento 99 candeline, soprannome che Raphael Geminiani porta con sé per tutta la sua carriera di ciclista professionista. La sua storia inizia in Francia, a Clermont-Ferrand dove è nato, ma ha radici profonde a Lugo, dove la sua famiglia è originaria. In occasione del Tour de France, il 30 giugno a Faenza, verrà posto uno striscione sui tornanti del Monticino di Brisighella per augurare buon compleanno al “Gem”. Un’iniziativa coordinata dalla famiglia Mazzotti di Lugo, parenti di Geminiani.

Il padre di Raffaello, Giovanni (Giumej), era un noto ciclista dei primi anni ’20, nonché titolare di un negozio di costruzione, riparazione e vendita di biciclette. A causa di dissidi con il fascismo, venne “purgato” con olio di ricino dai miliziani, ma poiché resisteva, venne privato della sua bottega, che venne data alle fiamme. Dopo aver perso tutto, emigrò in Francia con la moglie e i figli Angelo e Polonia nel 1924. Trovò lavoro a Clermont-Ferrand presso “Michelin”, dove nacquero altri due figli: Raphael e Rose-Marie. Ciò ha fatto sì che Raffaello sia di nazionalità francese, ma poiché la sua famiglia ha mantenuto l’uso quotidiano della “lingua materna”, parla correntemente il dialetto romagnolo, pur non conoscendo bene l’italiano.

Nel suo transito il Tour passerà quindi per Faenza (a pochi passi dall’amata Lugo di Raffaello) per dirigersi verso Brisighella e poi affrontare la salita del Monticino: il professionista Geminiani nel ’46, in allenamento, la risalì, strada ancora sterrata e piena di pietre, con il cugino Luigi “Gigetto” Mazzotti e l’amico Francesco Baccarini che, affascinati dalle imprese del ciclista G, furono precursori del “Cicloturismo Lughese” e dell’associazione “Francesco Baracca”.

Geminiani partecipò a undici Tour de France, classificandosi 4° nel ’50, 2° nel ’51 e 1° nella classifica del Gran Premio della Montagna, 6° nel ’55, mentre al Tour del ’58 arrivò 3° perché, si racconta, pur avendo la vittoria in mano, fu ostacolato dai connazionali per scelte da loro non condivise. Partecipò a sei Giri d’Italia, classificandosi 9° nel ’52 e 1° nella classifica del Gran Premio della Montagna, 4° nel ’55, 5° nel ’57, 8° nel ’58, 9° nel ’59 e 1° nel Gran Premio della Montagna. Inoltre ottenne l’8° posto al Giro di Romagna locale nel ’51, fu campione di Francia nel ’53 e nel ’55 si classificò 3° al Giro di Spagna. Corse con tutti i grandi campioni dell’epoca, tra cui Bartali e Coppi che, nel ’52, lo volle addirittura in squadra con sé sulla mitica Bianchi.

Con l’amico Coppi, nel dicembre 1959, partecipò ad una competizione sportiva nell’Alto Volta (Africa) che prevedeva anche battute di caccia; al ritorno in patria ebbero seri problemi di salute a causa della malaria: a Raphael, in Francia, venne diagnosticata in tempo e riuscì a sopravvivere (anche se le conseguenze della malattia misero fine alla sua carriera agonistica) mentre, in Italia, nonostante la telefonate del fratello di Geminiani (Angelo) ai medici di Coppi per comunicare la soluzione al problema (chinino), Fausto morì il 2 gennaio 1960 perché purtroppo quelle telefonate non furono prese in considerazione.

Abbandonate le corse, Geminiani divenne direttore sportivo di Roger Rivière, di Jacques Anquetil in Bic, di Rudi Altig e anche di Eddy Merckx al termine della sua carriera in Fiat Francia; in seguito rimase sempre nell’ambiente ciclistico come commentatore e commentatore sportivo.

 
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