scommettere su chi taglierà per primo i tassi – .

Un trio di monete anglosassoni al centro della scena. E poi le corone norvegesi. Senza dimenticare alcune opzioni in euro. Per chi non vuole correre rischi. I rendimenti vanno da poco più del 3% al 5,76% sul Goldman Sachs Dollar Bond con scadenza a gennaio 2025. Ecco una prescrizione da considerare per il tuo portafoglio obbligazionario durante questo periodo. Le banche centrali di Stati Uniti, Regno Unito e Australia saranno probabilmente le prime a decidere i tagli dei tassi. E i prevedibili effetti positivi sui corsi obbligazionari premieranno innanzitutto i Paesi di riferimento. Non solo al momento della comunicazione del nuovo valore del costo del denaro, ma già a partire dalle settimane precedenti, quando la percezione della svolta espansiva delle politiche monetarie influenzerà i mercati finanziari. Si potrebbe pensare che il calo del tasso ufficiale possa avere effetti negativi sul tasso di cambio con le altre valute, compreso l’euro. In realtà, come quasi sempre accade, ad un’eventuale riduzione segue un moderato incremento, spinto soprattutto dalla convinzione che, grazie al minor costo del debito, la crescita dell’economia sarà più consistente. Allo stesso tempo, per coloro che amano investire in titoli denominati in valute non euro, e che di conseguenza hanno una propensione al rischio di livello medio, sarà possibile investire in obbligazioni sovranazionali come quelle della Banca Europea per gli Investimenti.

Le emissioni più interessanti

Ma anche le banche tradizionali rappresentano un primario punto di riferimento. È interessante vedere Intesa Sanpaolo, i cui bond sono denominati in dollari americani, competere con emittenti dello stesso settore che occupano i primi posti nella classifica mondiale, sia in termini di fatturato che di profitti realizzati annualmente. Sempre nel contesto anglosassone, la sterlina britannica è presente sia attraverso una componente del debito pubblico, sia attraverso un’emissione della Volkswagen, la cui durata è di poco superiore ai dodici mesi. La moneta unica europea è presente con due emissioni dei principali paesi iberici, i cui prezzi di mercato offrono rendimenti interessanti, in questa fase dei mercati, alla luce del grado di affidabilità medio che li caratterizza. Non mancano i bond di due importanti e note aziende, come Mercedes Benz ed Eni, a cui fa da contraltare l’emissione in euro da parte di Goldman Sachs, una delle principali banche americane, già presente da oltre vent’anni in alcune banche europee. Paesi . Sempre in ambito continentale, la presenza di un’emissione denominata in corone norvegesi rappresenta anche un’opzione alternativa, anche perché le oscillazioni del tasso di cambio tra le due valute offrono opportunità di scambi ravvicinati, così come i movimenti di valore in entrambe le direzioni.

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Come comporre il portafoglio giusto

Il modo in cui questi titoli valutari vengono inseriti nel settore obbligazionario dipende dalla capacità personale di “assorbire” i rischi che tradizionalmente li accompagnano, in particolare la convivenza con le fluttuazioni dei tassi di cambio tra le diverse valute. Oscillazioni che non sempre sono legate alle aspettative sul futuro dei rendimenti dei mercati e di quelli dei singoli paesi, ma che possono essere condizionate da situazioni che caratterizzano anche la vita politico-economica. Per una propensione al rischio molto modesta, la scelta del portafoglio dovrebbe concentrarsi solo sulle emissioni nella tabella denominate nella moneta unica europea, l’euro. Le scadenze attuali sono abbastanza vicine, perché la durata più lunga è di poco superiore ai quattro anni. Orientato verso coloro che sono disposti ad assumersi un certo livello di rischio, le maggiori opportunità sono offerte dall’investimento in titoli emessi in dollari statunitensi. Anche perché l’attività quotidiana che caratterizza sia gli strumenti aziendali che quelli governativi è di livello ragionevole. Il 7,5% del segmento obbligazionario potrebbe essere assegnato a titoli denominati in questa valuta. I due titoli, denominati rispettivamente in sterline inglesi e dollari australiani, hanno incassato complessivamente il 3,5%. Per finire con l’1,5% da investire in corone norvegesi. Se l’importo complessivo non fosse significativo, sarebbe meglio destinare l’intera quota estera a obbligazioni denominate in dollari statunitensi. Ricordiamo anche il trattamento fiscale con un’aliquota sulle cedole e sulle plusvalenze del 12,5% per i titoli di Stato italiani ed equivalenti (paesi white list) e del 26% per gli altri emittenti.

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