“L’oro come madre sarebbe un sogno” – .

“L’oro come madre sarebbe un sogno” – .
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L’ultima volta che abbiamo parlato Arianna Errigo era la vigilia della festa della donna. “È un giorno di festa e di rivincita, ogni giorno dovrebbe essere l’8 marzo”, ci ha detto il fioretto lombardo. Oggi è sicuramente un giorno di grande festa in casa Errigo. Il CONI ha infatti ufficializzato i nomi degli alfieri italiani alle Olimpiadi di Parigi 2024.

Gianmarco Tamberi E Arianna Errigo. “Il suo palmares parla da sola”, ha detto il n. 1 di Palazzo H Giovanni Malagò riferendosi allo schermidore, “è un premio non solo per l’atleta e per la scherma. Arianna è mamma di due bambini che porta spesso alle gare di Coppa del Mondo. Ed è la migliore testimonianza del principio che si può essere un grande atleta anche con due figli restando al top. È un premio per le migliori atlete che diventano madri”.

Sono proprio questi i temi dell’intervista L Football creato in esclusiva con Arianna Errigo.

Cominciamo dalla maternità. Nel calcio Alice Pignagnoli, anche lei mamma di due figli pur non essendo gemelli, ha vissuto alti e bassi. Voi due siete la prova che si può fare?

“Conosco la storia di Alice. Provo un misto di brividi e rabbia quando leggo di certe esperienze. Siamo indietro anni luce. Non solo noi donne affrontiamo una gravidanza con tutto ciò che ne consegue ma, in alcuni casi, dobbiamo anche stare attente a come dirlo, rischiando di non poter tornare al lavoro o di essere giudicate perché abbiamo deciso di fare una gravidanza. bambino. Si parla di lavoro e di sport ma siamo davvero indietro. Follia.”

Come è andata nel tuo caso?

“Mi considero una delle persone più fortunate. Sono rimasta incinta in un momento sportivo in cui potevo essere messa da parte e potevano dirmi: quando partorisci, se mantieni un livello alto, puoi tornare. Nel mio caso non è successo e questo è dipeso dalla sensibilità dell’allenatore, Stefano Cerioni, che mi ha sempre sostenuto, ha continuato a permettermi di far parte del gruppo, non mi ha mai fatto sentire abbandonato o lasciato in disparte. Questo è stato importante perché, anche dopo il parto, in pochi ne parlano ma non è affatto semplice. Ci sono una serie di difficoltà, preoccupazioni, momenti critici in cui potresti non sentirti bene. Il mio caso però, me ne rendo conto, è più unico che raro. I padri possono avere dieci giorni di congedo. E’ un’altra follia. Per iniziare una nuova routine, dieci giorni non sono niente. Mio marito Luca Simoncelli, che è anche il mio allenatore, trascorre molto con i nostri gemelli. Nella scherma lo chiamano “mammo”. Ha torto. È semplicemente un papà che fa quello che tutti i papà dovrebbero fare. È una mentalità radicata che abbiamo profondamente sbagliata”.

Ma sta cambiando qualcosa anche nella comunicazione dello sport femminile?

“Parlare di questi argomenti è il mezzo più forte che abbiamo per cambiare le cose. In alcuni settori è più semplice perché siamo andati avanti più rapidamente. In altri bisogna individuare le criticità e cercare di trovare soluzioni”.

Cosa pensi del professionismo nel calcio rispetto agli altri sport femminili?

“Nello sport in generale il professionismo è lontano anni luce. Ciò che salva gli sport come il mio sono i gruppi sportivi. Lo sport italiano riesce a fare molto grazie a loro, altrimenti sarebbe impossibile. Nel calcio un passo è stato fatto ma le disparità restano. Ma almeno ora alcuni giocatori hanno un riconoscimento che prima non c’era”.

Sul tuo account Instagram parli spesso dei tuoi viaggi con i gemelli al seguito.

“Per le altre professioni è normale, nello sport no. È bello parlarne o ti sentirai come una mosca bianca. È un’organizzazione complessa. Con i bambini tutto è difficile. Si parte da un’insicurezza di fondo perché si pensa a cosa non è giusto per loro. I gemelli poi aumentano il tutto. È difficile anche solo fare le valigie, ogni volta che si tratta di un trasloco, fisicamente impegnativo, tutto è doppio a cominciare dalle carrozzine. Quindi devi trovare l’appartamento vicino all’edificio e noleggiare l’auto. Ma andare alle gare tutti insieme è bellissimo”.

C’è un episodio in particolare che vuoi raccontarci di questi viaggi?

“I bambini crescono e hanno esigenze sempre diverse. Abbiamo fatto viaggi anche quando non si sentivano bene. Devo dire che sono bravi, ormai abituati ad andare in giro e a stare in mezzo alla gente. In gara i miei colleghi li vogliono. Mi dicono: sono nervoso per la gara, puoi lasciarli con me così mi rilasso un attimo? Oppure li cercano durante gli allenamenti. Adesso sono loro le vere mascotte della squadra”.

Le Olimpiadi di Parigi sono all’orizzonte. cosa ci puoi dire?

“Sono felice, li vivo a cuor leggero. Prima che esistesse solo la scherma, tutte le mie aspettative ruotavano attorno alla pedana, quasi come un’ossessione. Adesso tutto quello che riesco a fare mi rende orgoglioso. Proprio come il ritorno ai Mondiali di Milano dopo quattro mesi e mezzo dal parto gemellare. Quello che sto facendo è davvero difficile. La medaglia individuale, quella d’oro, è l’unica che mi manca. Ci andrò per quello, a 36 anni sarebbe un sogno. Se potrò sperimentarlo con i miei figli, sarà ancora più bello”.

Arianna Errigo conosce la stanchezza?

“La stanchezza è infinita (ride). Mi lamentavo di quello per l’allenamento. Ora posso dire di aver sperimentato una vera stanchezza. La notte non dormi oppure ti svegli ogni tre-quattro ore e la giornata inizia già con la stanchezza. La testa non si stacca mai, tutto gira intorno a loro, allo stesso tempo ho voglia di allenarmi e di farlo bene”.

La vittoria più bella e il rimpianto più grande che hai come atleta?

“Il capolavoro è stato l’estate scorsa quando sono tornata a correre dopo il parto. È stata una corsa contro il tempo, un’impresa sportiva straordinaria conquistare un argento individuale e un oro a squadre dopo un anno di stop. Non avevo punti di riferimento e continuavo ad allattare. All’inizio non sai nemmeno cosa e come devi fare. Venivo dalle qualificazioni, senza classifica, nei quarti ho affrontato il campione del mondo in carica che avevo perso un anno prima. A Milano è stato tutto meraviglioso. Il mio rammarico nella scherma, Londra 2012, ho perso la medaglia d’oro a causa di un jab”.

Quali sono i tuoi obiettivi adesso come atleta, donna e madre?

“Da atleta, fino a qualche tempo fa pensavo a quadriennali, poi anno per anno, ora mese per mese. L’intenzione non è quella di fermarsi a Parigi ma con i bambini ogni mese cambia tutto. Voglio essere presente con loro. Finché possiamo continuare così va bene, ma da un momento all’altro potrebbe finire. Vedremo dopo le Olimpiadi. A 37 anni dovrò sentirmi bene e avere un ambiente sereno intorno a me. Adesso non mi vedo più a finire a Parigi.

Come donna, mi sento soddisfatta con i bambini. Sono felice e felice di vivere con la mia famiglia, dalle passeggiate al parco, ai viaggi, alla piscina. Appena due mesi dopo il parto, mio ​​marito mi disse che voleva un altro bambino. Mi sento bene così. Abbiamo un maschio e una femmina, ho avuto una gravidanza e un parto complicati e per ora non ho voglia di avere altri figli.

Come mamma posso già dire che i miei figli saranno costretti a fare sport e studiare fino ai 18 anni. Potranno scegliere la disciplina che vorranno. Lo sport è una grande scuola di vita. Spero che non facciano scherma, non per la disciplina in sé ma perché avere un padre allenatore e una madre che ha vinto tanto potrebbe essere difficile. E non so se potrei essere così distaccato. Io ad esempio ho smesso di giocare a pallavolo perché non sopportavo di giocare male e vincere o viceversa. La scherma è individuale, dipende tutto da me. È una questione di carattere”.

Nelle sue interviste il presidente del Coni Lombardia Marco Riva cita sempre il tuo nome per una medaglia a Parigi.

“È una buona cosa. Non sento più tensione per questo. Sono felice che lo stiate aspettando, vuol dire che posso vincerlo”.

A chi dovrebbe dire grazie Arianna Errigo?

“Ai miei genitori, Marco e Pina. Mi hanno accompagnato per tutta la vita, restando sempre al mio fianco senza mai obbligarmi a fare nulla. Ho avuto una vita tranquilla, ho sempre potuto scegliere e loro sono sempre stati presenti, prima come genitori e ora come nonni. Come madre spero di essere come loro. E poi al superpapà di Mirea e Stefano”.

Tiziana Pikler

 
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