Cosa c’entra il “cloud seeding” con l’inondazione di Dubai?

Cosa c’entra il “cloud seeding” con l’inondazione di Dubai?
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Lo scorso 16 aprile hanno fatto il giro del mondo le immagini di Dubai sotto una pioggia sferzante che ha provocato un’alluvione mai vista prima in una zona arida e desertica come questa. Nelle prime ore dell’incidente è stata adottata una moderna pratica comunemente utilizzata in numerosi paesi del mondo, nota come “semina (o inseminazione) di nuvole“: un’innovazione prodigiosa che permette di nutrire con la pioggia anche i climi più aridi, risolvendo numerosi problemi come la scarsità di riserve idriche per l’agricoltura. Ma chiariamo subito l’incertezza: il caso di Dubai non ha nulla a che vedere con questa forzatura della natura. In primo luogo perché insufflazioni di questo tipo non sono state effettuate di recente nella zona, ma perché tecnicamente l’inseminazione delle nubi non può generare fenomeni simili.

Si tratterebbe invece di “sistemi convettivi su mesoscala”, cioè una serie di temporali innescati da nubi temporalesche generate dal calore che attira umidità nell’atmosfera. Il vero imputato, quindi? IL cambiamento climatico. Micheal Mann, noto climatologo internazionale dell’Università della Pennsylvania, conferma questa ipotesi, smentendo addirittura l’ipotesi sul ruolo che ha il cloud seeding nel peggioramento del cambiamento climatico. Nel caso dell’alluvione negli Emirati, quindi, si è trattato di un evento temporalesco come tanti altri a cui assistiamo e che risentono della il riscaldamento globale. Questo perché la convezione, ovvero la forte corrente ascensionale nei temporali, si rafforza enormemente su un pianeta sempre più caldo. A ciò si aggiungeva una questione di infrastruttura: Dubai, Oman e altre aree locali non dispongono di sistemi di drenaggio in grado di far fronte a questi eventi estremi.

Ma cos’è esattamente il “cloud seeding”, meglio conosciuto come semina delle nuvole? La tecnica così definita ha origine negli anni ’40 e vede due principali metodologie utilizzate nella carica delle nubi (ergo: non “crea” nubi dal nulla): igroscopica per le nubi calde e glaciogenica per quelle superraffreddate. Fondamentalmente si tratta di disperdere particelle di sale, come cloruro di sodio O Cloruro di calcio in nubi liquide o innescare la produzione di ghiaccio in nubi fredde attraverso l’uso di ioduro d’argento. Esistono, tuttavia, altre varianti che utilizzano anidride solforosa, ioduro di potassio, ghiaccio secco, propano e simili. Lo ioduro d’argento, nonostante l’esistenza di altre variabili, continua ad essere lo strumento più utilizzato da molti paesi, anche se il suo utilizzo solleva numerosi dubbi sull’ecocompatibilità di questa sostanza, che potrebbe inquinare l’aria, l’acqua e il terreno su cui cadranno le precipitazioni. . Anche per questo si stanno rafforzando gli studi sull’uso del cloruro di calcio, potenzialmente meno dannoso.

Poiché non tutte le nuvole sono utili a produrre pioggia, la loro semina dovrà sceglierne solo alcune per ottenere effetti importanti. Come mostra l’immagine, esistono due metodi principali per caricare i cloud: caricare la nuvola dal basso o dall’alto. Il caricamento avviene attraverso appositi razzi o simili fuochi d’artificio che vengono sganciati o fissati sulle ali di appositi aerei. Gli stessi Emirati Arabi Uniti hanno iniziato ad utilizzarlo dal 2021 piccoli droni seminare le nuvole attraverso cariche elettriche: le nuvole vengono “fulminate” attraverso un raggio laser, permettendo alle gocce di combinarsi e provocare la pioggia. Una manna dal cielo, insomma, per regioni storicamente aride e con problemi di approvvigionamento idrico, che però ancora oggi divide la comunità scientifica anche se nei progetti di sviluppo semina delle nuvole molto vecchi (30-40 anni) non sono stati riscontrati effetti dannosi sulla popolazione o sull’ambiente.

Il metodo venne sperimentato per la prima volta negli anni ’30 da due tecnici dell’Istituto Generale Elettrica, trovando ampio spazio in America, a livello scientifico, agricolo e delle forze armate. Allo stesso tempo, esperimenti simili furono condotti in Australia e successivamente, negli anni ’60, in Tasmania. Il più grande sistema di semina delle nuvole nel mondo è oggi dentro Repubblica Popolare Cinese, un metodo che ha scatenato nel tempo diverse polemiche politiche con gli stati vicini che accusano Pechino di “rubare la pioggia”. La Cina ha ripetutamente ammesso di aver utilizzato il cloud seeding per diversi scopi, dalla pulizia del cielo dall’inquinamento atmosferico al garantire una stagione secca durante le Olimpiadi del 2008. Ma oggi tutto il mondo, soprattutto dagli anni ’80 in poi, utilizza questa tecnica per rispondere a diversi problemi legati alle precipitazioni. Oggi ciò che preoccupa maggiormente governi e Paesi non sono solo le possibili conseguenze negative sul clima ma anche quelle possibili uso “non pacifico” di questa tecnica. L’Convenzione sulla modifica ambientale del 1977 è l’unico strumento internazionale che attualmente regola la modificazione del clima a livello internazionale, vietando categoricamente usi ostili e militari. La norma quadro, suscettibile di tutte le debolezze che il diritto internazionale porta con sé, è stata approvata dopo la fine del guerra del Vietnamquando la semina delle nuvole venne studiata come una vera e propria arma nel famigerato “Progetto Popeye“.

 
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