«Speriamo di chiudere presto» – .

«Speriamo di chiudere presto» – .
«Speriamo di chiudere presto» – .

La pagina Facebook “Borsino dell’alluvione”, nata da un’idea di due cesenati, Claudia Ricci e Antonella Macori lo scorso anno, è ancora aperta e continua a funzionare con l’obiettivo di mettere in contatto chi ha subito danni dall’alluvione , da frane o trombe d’aria e da chi vuole donare, gratuitamente, un materasso, elettrodomestici, mobili e quant’altro.
Ad oggi si sono iscritte quasi 16mila persone, non solo dall’Emilia-Romagna, ma da tutta Italia, come spiega Claudia Ricci.
Come è nata l’idea di Borsino?
«Sono nato in uno dei quartieri più colpiti dall’alluvione di Cesena anche se poi mi sono trasferito sulla sponda opposta del fiume: appena scoppiata l’emergenza sono andato subito a dare una mano perché pensavo ci fossero persone che erano più soli degli altri, che non tutti hanno parenti o familiari in città. Ma siccome non sono bravo a sbadigliare, ho lavorato su altri fronti: mi sono infatti reso conto, insieme ad Antonella Macori, che avevo conosciuto online in quei giorni, che c’erano tante persone che chiedevano e molte che si offrivano, ma loro erano spesso su diverse pagine Facebook. Inizialmente abbiamo semplicemente provato a mettere in contatto queste persone tra loro, ma ci siamo resi conto che tutto sarebbe stato più semplice se gli annunci fossero confluiti sulla stessa pagina. Così è nato il “Borsino dell’alluvione”, anche perché una volta tolto il fango dalle case e ripulite con l’idropulitrice, rimanevano case vuote e spettrali. Mancavano mobili e suppellettili, c’era un’angoscia profonda”.
Dopo un anno è ancora lei uno dei registi?
«Sì, anche se questo non era assolutamente il mio desiderio, anche perché lavoro come interprete di conferenza e sono spesso fuori per lavoro. In realtà la mia ambizione è chiuderlo perché significherebbe che non ce n’è più bisogno, invece ci sono ancora tante famiglie sfollate. In nostro aiuto sono poi venuti Cristina Lanconelli, social media manager di Ravenna, e Marco Rocco Destro, gelatiere di Vercelli. Uno dei problemi era che mancava la logistica tra domanda e offerta: così Marco si è offerto di occuparsi del trasporto. Grazie ad un consigliere comunale di Lugo, un’associazione ha messo a disposizione un furgone e ogni fine settimana per mesi Marco è venuto in Romagna a caricare e consegnare mobili. Si è creata una rete informale che ha unito tanti volontari che ruotavano attorno al Borsino, tra cui quelli che distribuivano cibo, prodotti per l’igiene della casa, grazie alle donazioni abbiamo pagato anche le spese del carburante di chi consegnava i mobili. A Faenza un montatore di mobili, Loris Marziali, aveva creato un gruppo di 6-7 colleghi che si rendevano disponibili nel dopo lavoro a chiunque ne avesse bisogno. Noi avevamo i mobili da smistare, lui aveva i camion e un magazzino in comodato d’uso. Inoltre mi sono trovata anche a chiacchierare con persone che avevano bisogno di sostegno psicologico, che avevano bisogno di essere ascoltate, sostenute, per non farlo e sentirsi abbandonati, per non sentirsi abbandonati all’inizio, dopo aver sbadigliato il fango ti rimane un vuoto dentro casa e dentro l’anima”.
Quante donazioni sono state ricevute in un anno di Borsino?
«C’è stato di tutto da tutta Italia e continuano ad arrivare: tra le ultime una signora di Roma che ha ristrutturato tutti gli arredi di una residenza da lei gestita: poltrone, 18 lavandini, tende, copriletti, tavoli. Il problema era trovare un magazzino dove conservarli, in parte utilizzavo casa mia, il garage, il garage dei miei genitori. Stiamo lentamente distribuendo i mobili visto che ci sono ancora famiglie in difficoltà, tra cui chi non è ancora rientrato nelle proprie case, chi ha appena iniziato i lavori di ristrutturazione, chi rientra nelle case senza più un mobile. Certo, purtroppo sul Borsino c’è anche qualcuno che non si allaga e cerca di intercettare qualche donazione, ma in alcuni casi si tratta di persone con reali problemi di disagio e povertà, per le quali ho cercato di intervenire anche in altro modo, quindi ci sono anche le finte vittime delle alluvioni”. (e.nen.)

 
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