La vocazione industriale dell’olio d’oliva italiano – .

La vocazione industriale dell’olio d’oliva italiano – .
La vocazione industriale dell’olio d’oliva italiano – .

Spagna, Tunisia e Italia insieme coprono la metà della superficie olivicola totale, con dinamiche molto diverse, secondo il rapporto presentato dall’Ismea agli Stati Generali del Petrolio. Dall’inizio del nuovo secolo le superfici spagnole sono cresciute del 6%, quelle tunisine del 26%, mentre quelle italiane sono in controtendenza (-3%).

La superficie mondiale è quindi concentrata per oltre il 90% nell’emisfero settentrionale, mentre nell’emisfero Sud l’olivicoltura si è sviluppata più recentemente e soprattutto negli ultimi 20 anni con un trend di continua espansione. Le olive da olio rappresentano l’85-90% della produzione totale, la restante parte è rappresentata dalle olive da mensa.

In termini di produzione negli ultimi anni si è assistito ad un importante cambiamento nel peso dei diversi paesi tradizionalmente idonei. L’Italia ha visto la propria quota scendere dal 22% del 2000 all’attuale 10%.mentre la Spagna, nonostante gli ultimi due anni particolarmente poveri, rappresenta quasi la metà della produzione mondiale. Nel frattempo è cresciuto il peso di Turchia, Tunisia e Portogallo. Nonostante il suo peso ancora limitato, la produzione sta crescendo in nuove aree come Stati Uniti, Argentina o Australia.

All’aumento della produzione si è accompagnato un aumento della domanda e quindi del consumo globale, che in poco più di 20 anni è passato da una media di 2,7 milioni di tonnellate agli attuali 3,1 milioni di tonnellate (+17%) raggiungendo il livello massimo negli anni del la pandemia di Covid-19. Le dinamiche della domanda di olio d’oliva, così come quelle della produzione, sono molto diverse tra aree geografiche. C’era infatti una riduzione della domanda nei paesi tradizionalmente consumatori a fronte di un aumento in quelli dove l’uso dell’olio d’oliva nelle abitudini alimentari è più recente. Infatti, al calo dei consumi in Spagna, Italia e Grecia si è accompagnato un deciso aumento dei consumi negli Stati Uniti, Brasile e Francia. La geografia del consumo di olio d’oliva, grazie anche al successo della dieta mediterranea, si è estesa anche ai paesi del Nord Europa fino ai paesi asiatici.

L’aumento della domanda mondiale di olio d’oliva ha quindi favorito il commercio internazionale, raddoppiato dal 2000 al 2023, dando un forte impulso alle esportazioni sia dei tradizionali fornitori globali, come Spagna e Italia, ma anche a quelle di nuovi concorrenti come Portogallo e Tunisia. Gli Stati Uniti, con una quota del 17% del volume mondiale di petrolio scambiato, sono saldamente al secondo posto nella classifica dei paesi importatori, con una crescita del 102% negli ultimi 20 anni, dopo l’Italia che rappresenta una quota del 23 %, con una crescita del 3% nel periodo considerato. L’Italia ha un ruolo di primo piano nel commercio internazionale perché, per la particolare struttura del suo settore dell’imballaggio, è il primo importatore mondiale e il secondo esportatore.

L’altro segmento del settore olivicolo è quello delle olive da tavola che rappresentano circa il 10-15% della produzione olivicola complessiva. Si tratta di un settore profondamente diverso da quello dell’olio d’oliva, sia per gli aspetti agronomici e tecnologici che per la destinazione d’uso e le funzioni del prodotto. Anche per le olive da tavola si sono registrati anni di forti incrementi con produzione e consumo cresciuti di quasi il 90% nell’ultimo ventennio. La produzione globale è passata da 1,5 milioni di tonnellate a 3 milioni di tonnellate.

Tra i paesi produttori, l’Egitto ha triplicato i volumi raccolti, collocandosi al primo posto della classifica mondiale con il 22%, davanti alla Spagna che, con una produzione pressoché stabile, mantiene una quota del 17%.

 
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