chi ha vinto e chi ha perso in Italia e nella UE – .

chi ha vinto e chi ha perso in Italia e nella UE – .
chi ha vinto e chi ha perso in Italia e nella UE – .

di Emanuele Massetti, Professore Associato di Scienza Politica presso la Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento

Ora che le operazioni di voto e di spoglio per le elezioni europee sono quasi concluse, è possibile risalire una foto di vincitori e perdenti, sia a livello nazionale che europeo. Prima di tutto, però, è bene evidenziarlo dati sull’affluenza che, in questa occasione, dovrebbe essere molto simile in Italia e nella UE nel suo insieme. Per quanto riguarda l’Italia, nonostante l’effetto trainante di quelle regionali in Piemonte e di quelle locali in oltre 3700 comuni sparsi in tutta Italia (con qualche decina di capoluoghi di provincia), l’affluenza si è fermata sotto il 50% (49,7%), segnando un ulteriore incremento diminuzione rispetto al dato del 2019 (54,5%).

In Italia

I dati la prudenza è imposta su un’elevata astensione nel trarre conclusioni sulla base delle percentuali riportate dalle diverse liste, soprattutto confrontandole con i risultati delle politiche 2022. Tuttavia, alcune tendenze sono state confermate (o sono emerse) in modo abbastanza chiaro. Il primo è quello Gli elettori italiani sono ancora in ‘luna di miele’ con Giorgia Meloni e il suo partito FdI, che cresce di quasi tre punti percentuali rispetto alle politiche. Sebbene questo dato non possa essere considerato una sorpresa assoluta, soprattutto se si considerano i buoni risultati ottenuti sul fronte occupazionale, un rafforzamento elettorale dopo oltre un anno e mezzo di governo non era affatto scontato. In effetti, rappresenta a eccezione molto rara nel panorama degli altri Paesi UE. Ma l’elemento più rassicurante per il governo Meloni sta proprio in questo il partito del primo ministro non è cresciuto cannibalizzando i suoi partner di governo. Lega e Forza Italia, infatti, sono entrambe consolidateper di più assestandosi su una posizione di sostanziale uguaglianza che non crei né vincitori né vinti.

Di più articolato e invece la situazione nelle diverse anime dell’opposizionedove sì consolida la posizione ormai dominante del PD (+5 punti percentuali rispetto alle politiche) e, al suo interno, la guida di Elli Schlein. Anche il PD può esultareottimo risultato ottenuto dalle forze alleate dei Verdi-Sinistra, che guadagnano più di tre punti percentuali sulle politiche, quasi raddoppiando il loro sostegno (in punti percentuali). I risultati appaiono però deludenti per le forze centriste (Renzi-Bonino e Calenda) e somigliano ad una vera e propria debacle per il Movimento 5 Stelle (-5,4 punti rispetto alle politiche). L’idea di contribuire alla costruzione di un ampio fronte unitario di opposizione, il cosiddetto ‘campo largo’, non sembra premiare il M5Sdi chi consenso lui viene rosicchiato non solo con l’astensione ma anche da altre forze del centrosinistra: dal Pd, dalla Sinistra-Verdi e, probabilmente in questa occasione, dalla lista guidata da Michele Santoro.

Il risultato delle urne certifica quindi la solidità del governo Meloni, che però dovrà ancora essere messa alla prova nella delicata fase di scelta del nuovo presidente della Commissione e della nuova maggioranza UE. Lo certificano soprattutto i risultati dei sondaggi la rinascita di un bipolarismo sempre più espresso come FdI&alleati vs PD&alleati; mentre il tentativo di costruire un centro indipendente dalle due principali coalizioni – vista l’efficacia con cui quest’area è presidiata dalle correnti riformiste del PD, da sinistra, e da Forza Italia, da destra – continua a restare una chimera .

Nell’Unione Europea

A differenza di quanto accaduto in Italia, le elezioni europee lo hanno fatto un effetto piuttosto destabilizzante per vari governi e/o maggioranze di Stati membriIniziare con Franciadove sono già state indette nuove elezioni parlamentari. Anche in Germania il governo rosso-verde-giallo esce dalle urne piuttosto malconcio, in tutte le sue componenti; e potremmo continuare con altri esempi. Anche in Ungheria il partito di Orban (FIDEZ) ha registrato un sostanziale calo dei consensi.

Tuttavia, se si considera la composizione del nuovo Parlamento europeo nel suo insieme, il dato più significativo è la riconferma e, anzi, il rafforzamento del principale partito mainstream: il Partito popolare europeo (Ppe), che sale da 176 a 186 seggi. A ciò si aggiunge la tenuta dei Socialisti e Democratici (da 139 a 137) e il sconfitta pesante ma non catastrofica dei liberali del gruppo En Marche (da 102 a 79 posti). Di conseguenza, la storica coalizione popolare-socialista-liberale può contare, almeno in teoria, su una maggioranza di 402 parlamentari su 720 (55,5%).

Sul lato sinistro, i Verdi subiscono una sconfitta notevole, anche come reazione a tutte le forzature del Green Deal (voluto e votato anche dai tre partiti della maggioranza storica), perdendo circa un terzo dei suoi parlamentari; Mentre la sinistra europea mantiene la sua posizione di gruppo partitico più piccolo. Dal lato giusto, la temuta crescita dei gruppi conservatori (ECR) e identitari (ID) è tutto sommato contenuta. L’ECR ottiene solo 4 seggi, arrivando a 73; e l’Id, espulsa la grande componente tedesca (AfD), si ferma a 58 seggiche sono comunque 8 in più rispetto al 2019.

Lo shock della destra eurorealista o euroscettica si è quindi manifestato solo in parte e, per quanto riguarda nello specifico il Parlamento europeo, non sembra aver alterato in modo significativo gli equilibri politici preesistenti. Tuttavia, soprattutto adesso L’AfD è stato espulso, non è da escludere che (parti di) ECR e ID possano fondersi per creare un gruppo in grado di esercitare maggiore forza gravitazionale sulla destra. Da questo punto di vista va anche segnalata la consistenza dei parlamentari ‘Non Iscritti’ (45 seggi) e di quelli che finiscono nella categoria indifferenziata ‘Altri’ (55 seggi), da cui potrebbero essere ricavati nuovi gruppi.

Infine, non puoi fare a meno di notarlo la destra eurorealista o euroscettica è particolarmente consolidata nel cuore dell’UE. Per quanto riguarda l’ECR, che però ha componenti importanti anche nei paesi dell’Europa centro-orientale (a cominciare dalla Polonia), Dei 73 europarlamentari 34 provengono dai sei paesi fondatori della Comunità europea. La tendenza è ancora più evidente se si guarda il IDche conta 47 europarlamentari su 58 (62 su 73 se si includesse anche l’AfD) eletti nei sei Paesi fondatori. Questo è un chiaro segnale che negli ultimi anni l’integrazione europea e le politiche dell’UE sono state apprezzate più nei nuovi paesi membri che in quelli vecchi.

 
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