Cosa manca nella relazione della Corte dei conti europea sull’approvvigionamento di gas – .

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Cosa manca nella relazione della Corte dei conti europea sull’approvvigionamento di gas – .

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Il rapporto della Corte dei conti europea (ECA) sulla gestione della sicurezza del gas da parte dell’Unione europea, pubblicato ieri, dà credito a ciò che abbiamo scritto negli ultimi tre anni. I funzionari con sede in Lussemburgo hanno riferito oggi, anche se in forma molto sfumata, ciò che abbiamo detto allora, ancor prima che i fatti accadessero. In breve:

· i piani preventivi di sicurezza che avrebbero dovuto essere pronti nel 2019 non sono mai stati realizzati (li avevano solo Germania, Lussemburgo e Lituania: oltretutto erano inutili);

· il rapido abbandono delle importazioni di gas russo, che nel 2021 rappresentavano il 45% di tutte le importazioni di gas dell’UE, ha creato una crisi dell’approvvigionamento, che a sua volta ha innescato una crisi di accessibilità;

Durante la crisi l’UE ha raggiunto l’obiettivo di ridurre la domanda di gas del 15%, ma non è stato possibile stabilire se ciò fosse dovuto solo alle misure adottate o anche a fattori esterni (ad esempio, la distruzione della domanda e un inverno mite);

· l’obbligo di riempire gli impianti di stoccaggio del gas in tutta l’UE è stato rispettato e l’obiettivo del 90% è stato addirittura superato, ma si tratta di livelli di riempimento normali prima della crisi;

· è impossibile valutare l’efficacia del tetto massimo al prezzo del gas, dato che i prezzi sono rimasti bassi dopo la sua introduzione; semmai, la Corte sottolinea i rischi derivanti dalla sua introduzione;

· la piattaforma AggregateEU ​​per gli acquisti congiunti di gas non ha fornito valore aggiunto rispetto alle piattaforme esistenti poiché le differenze di prezzo tra gli Stati membri dell’UE indotte dalla crisi si erano già notevolmente ridotte quando AggregateEU ​​ha iniziato ad operare;

· la solidarietà tra Stati ha visto la firma di soli 8 dei 40 accordi possibili: tre di questi riguardano l’Italia.

Un dato interessante: solo nel 2022, la crisi del gas è costata all’UE 390 miliardi di sussidi (secondo Bruegel, tra settembre 2021 e giugno 2023 ne sono stati spesi 540).

Cosa manca nel rapporto del CCE? Due cose: la prima è che la crisi non è iniziata a febbraio 2022 con l’invasione russa dell’Ucraina, ma molto prima, all’inizio dell’estate, quando Gazprom ha smesso di vendere gas spot in Europa e NON ha riempito il grande stoccaggio che aveva in Germania. Qui sta uno dei problemi: la Germania non aveva regole per il riempimento strategico degli stoccaggi per motivi di sicurezza.

La seconda cosa che manca è un accenno minimo alla sicurezza dei gasdotti. Nel rapporto non c’è una parola sul Nord Stream che è saltato in aria (anzi, in acqua). Strana svista, diciamo, visto che si trattava di valutare la sicurezza delle forniture di gas.

Invece c’è e per una buona ragione, una questione fondamentale: l’articolo 194 del TFUE afferma che l’UE deve garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Peccato non abbia mai dato una definizione di sicurezza. La CCE utilizza quindi la definizione IEA, ovvero: la disponibilità ininterrotta di fonti energetiche a un prezzo accessibile. Dopotutto questo sarebbe bastato per dare un giudizio sull’operato della Commissione.

 
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