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commercio e consumo – .

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Il settore oleario internazionale si trova di fronte a cambiamenti epocali che non possono essere sottovalutati, soprattutto a livello di mercato e di consumo.

Tralascio volutamente ogni questione produttiva, per alcune riflessioni che potranno servire a definire progetti e interventi utili a migliorare le performance economiche, ambientali e sociali del nostro settore e a promuovere una crescita equilibrata dei consumi e degli scambi a livello internazionale.

Il problema del mantenimento del consumo di olio d’oliva nell’Unione Europea

Esistono tendenze divergenti nel consumo di olio d’oliva all’interno dell’Unione europea, con aumenti nei paesi non produttori, in contrasto con i cali nei paesi produttori.

Nel 2005, il consumo pro capite nei quattro principali paesi produttori (Spagna, Italia, Grecia e Portogallo) Erano 13,7 chilogrammi ma si sono ridotti a 8,4 nel 2021. Nello stesso periodo, tutti gli altri paesi membri dell’Unione Europea hanno aumentato il consumo pro capite da 0,7 a 1,1 chilogrammi.

I Paesi non produttori hanno avuto una quota di consumo pari in media all’11,8% nel biennio 2005-2006 che è salita al 15,7% nel biennio 2021-2022.

Complessivamente, a livello dell’Unione Europea, il consumo di olio d’oliva è rimasto stabile intorno a 1,5 milioni di tonnellate all’anno, nel periodo 2012-2022, con un consumo pro capite che si è stabilizzato a 3,5 chilogrammi.

Nello stesso periodo, un prodotto sostitutivo come il burro ha registrato un andamento opposto, con un consumo in aumento da 1,8 a 2,1 milioni di tonnellate e una domanda pro capite in aumento da 4,1 a 4,7 chilogrammi.

Alla luce di questi dati, forse non è sbagliato credere che ci sia un problema con la stabilità a lungo termine delle vendite di olio d’oliva nell’Unione Europea.

Abbiamo letto alcune analisi che cercano di interpretare le ragioni alla base di questo fenomeno, come ad esempio lo scarso interesse dei giovani dei Paesi produttori verso il consumo di olio d’oliva.

A mio parere, sono necessarie ulteriori ricerche. Non riesco a capire perché i successi della dieta mediterranea non si traducano in un uso più diffuso dell’olio d’oliva come ingrediente di base.

Non è però sufficiente indagare le caratteristiche della domanda e le motivazioni che sottendono le scelte dei consumatori, ma è necessario passare alla fase successiva, quella di elaborare interventi e iniziative per invertire l’attuale tendenza e favorire così una diffusione diffusa dell’olio d’oliva. da parte dei consumatori europei e globali.

Inoltre il burro, che vive attualmente una fase di vivaci dinamiche di mercato, ha attraversato un lungo periodo di contrazione dei consumi, dovuta essenzialmente ad un’immagine negativa che tendeva ad attribuire a questo prodotto un effetto sfavorevole sulla salute.

La ripresa della domanda a lungo termine di olio d’oliva nel mercato dell’Unione europea è una condizione critica per il successo e la stabilità del settoreperché permette di ampliare le dimensioni del mercato e di trovare nuovi sbocchi, fondamentali per l’equilibrio tra domanda e offerta e per avere prezzi vantaggiosi.

Inoltre, il ritorno a condizioni di crescita dei consumi in Europa consente agli operatori economici di attuare politiche orientate alla qualità, alla sostenibilità, all’origine e alla diversificazione delle produzioni.

In questo modo si creano le condizioni per l’evoluzione dell’intero settore, per il miglioramento delle performance e, in definitiva, si raggiungono livelli di prezzi alla produzione che consentono di ottenere un reddito equo, adeguato e stabile nel tempo.

Cogliere l’opportunità di aumentare il consumo e il commercio di olio d’oliva in tutto il mondo

Secondo i dati del CIO, sono solo 27 gli oltre 200 Paesi al mondo in cui il consumo pro capite di olio d’oliva in un anno è superiore al chilogrammo.

Nel complesso, il consumo globale pro capite è di soli 0,6 kg, con un chiaro trend di crescita a lungo termine, soprattutto nei paesi non produttori.

Tra il 1990 e il 2000, il volume del commercio mondiale è stato inferiore alla soglia delle 500.000 tonnellate all’anno.

Tra il 2000 e il 2010 il commercio mondiale di olio d’oliva è oscillato tra le 500mila e le 750mila tonnellate l’anno.

Nella campagna di commercializzazione 2019-2020 è stata superata la soglia di un milione di tonnellate.

Alla luce di questi dati si possono trarre due conclusioni generali. Il primo è la notevole crescita del commercio mondiale di olio d’oliva, con volumi commerciali quasi quadruplicati negli ultimi trent’anni.

Il secondo è la forte dipendenza del mercato dell’olio d’oliva dal contesto internazionale, con oltre il 30% della produzione mondiale commercializzata ogni anno.

Attualmente l’Unione Europea esporta il 37% della propria produzione, con una tendenza verso un ulteriore incremento nei prossimi anni.

Secondo i dati della Commissione di Bruxelles, le esportazioni nette (esportazioni meno importazioni) sono aumentate da 160.000 tonnellate nel 2005-2006 a 546.000 tonnellate nel 2021-2022.

Le proiezioni indicano un ulteriore aumento, raggiungendo le 727.000 tonnellate di esportazioni nette nel biennio 2034-2035, quando i volumi commercializzati sul mercato internazionale raggiungeranno il 45% dell’intera produzione comunitaria.

Naturalmente questo andamento va verificato alla luce dei cambiamenti intervenuti nell’ultima campagna. Dopo alcune riflessioni, espongo il mio ragionamento considerando solo gli andamenti di lungo periodo del settore olivicolo e tralasciando volutamente quanto sta accadendo nell’ultima campagna commerciale, caratterizzata, come noto, da una marcata instabilità delle condizioni di mercato, dovuta essenzialmente fattori esterni, indipendenti dalla volontà degli operatori economici. Negli ultimi anni fenomeni esterni al settore come Covid, Guerre, Cambiamenti Climatici e altro (es. pratiche sempre più green) hanno influito su un profondo squilibrio, che deve essere monitorato per valutarne la persistenza negli anni.

Per trasformare le opportunità derivanti dalla crescita del mercato mondiale dell’olio d’oliva in concreti vantaggi economici, è necessario che gli operatori economici attuino strategie commerciali sempre più mirate e sofisticate.

È necessario tenere conto delle condizioni specifiche e del funzionamento del mercato nei diversi Paesi, analizzando le variabili sociali e culturali, le preferenze dei consumatori, l’organizzazione della filiera alimentare e le regole commerciali nazionali.

Queste informazioni devono essere elaborate e utilizzate per calibrare le politiche di produzione, commerciali, di marketing e di distribuzione pertinenti.

 
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