Antonio Padellaro a San Benedetto, il racconto dell’incontro organizzato da Mimmo Minuto –

Antonio Padellaro a San Benedetto, il racconto dell’incontro organizzato da Mimmo Minuto –
Antonio Padellaro a San Benedetto, il racconto dell’incontro organizzato da Mimmo Minuto –

Ora, prima di andare via, troverete uno stand… della CGIL per firmare il referendum sul Jobs Act“concludere Mimmo MinutoA quel punto Antonio Padellaro afferra il microfono che aveva appena lasciato e risponde: “Ma no, pensavo che stessi parlando del banchetto per comprare il mio libro!”. E non era la prima volta, durante la serata allo chalet Malibù di San Benedetto del Tronto organizzata da Libri ed Eventi e Il club degli incorreggibili ottimisti. Vari riferimenti ironici all’acquisto del libro e in generale al non volerne svelare troppo il contenuto per non rendere superflua la lettura. Tutto diventa più chiaro per chi, come me, è arrivato alla conclusione del breve libro, in particolare con il capitolo 12, graficamente intitolato “Sfortune editoriali”.

Ma facciamo un passo indietro, chi è Antonio Padellaro? Appena ho visto che sarebbe venuto a presentare il suo ultimo libro, “Solo la verità, lo giuro”, sono scappato, dopotutto sono abbonato a Il Fatto da ben prima che uscisse in edicola, e come me sono venuti in tanti, ma… la maggior parte decisamente avanti con gli anni. Ecco quindi una breve biografia.

Giornalista e saggista italiano. Nel 1968 diventò giornalista professionista presso l’ANSA. Lavorò presso Corriere della Sera dal 1971 al 1990 come redattore, corrispondente e responsabile della redazione di Roma. Nel 1990 si trasferisce aCaffè espresso come vicedirettore. Nel 2001 partecipa alla rifondazione dellaUnità che ha diretto dal 2005 al 2008. Dal 2009 al 2015 è stato il primo direttore di il fatto Quotidianoche ha contribuito a fondare. E di cui è attualmente editorialista.

La schiena dritta. Questa è la vera caratteristica essenziale di un buon giornalista, secondo Padellaro. Ed è diventata il filo conduttore del suo discorso.Devi sentire che rappresenti i lettori di quel giornale, c’è un mondo intero che si fida di te.”. E, dopotutto, fare giornalismo”significa fare delle scelte. Non sono un martire, neanche un po’, ma quando Craxi mi ha reso impossibile lavorare me ne sono andato e sono arrivato all’Espresso. O quando ero all’Unità e mi hanno chiesto di liberarmi di Travaglio, e così via”.

Umanità. È importante “da una parte non avere mai complessi di inferiorità verso la persona che hai di fronte, ma dall’altra il rispetto per le persone è fondamentale. Dietro le nostre storie ci sono persone, in carne e ossa, con dolore, vergogna, debolezze…”. A questo proposito cita la storia di Raul Gardini, l’imprenditore suicidatosi in seguito al suo coinvolgimento nell’affare Enimont durante Tangentopoli, a cui il libro dedica un breve capitolo con una testimonianza molto toccante. O la storia di Francesca Pascale, all’epoca compagna di Silvio Berlusconi, di cui non pubblicò dettagli intimi che avrebbero fatto la gioia degli amanti del gossip (e di conseguenza aumentato le vendite de Il Fatto).

SoldiE poi, sottolinea con forza Padellaro, “avere i conti in ordine è essenziale, altrimenti si diventa preda di poteri economici che vi prendono facilmente il sopravvento. Guardate il centro informazioni che hanno costruito gli Angelucci, imprenditori della sanità privata, e questo è solo un esempio!”. E poi fa l’esempio di Repubblica, con gli Elkann: “Chi ha i fondi vuole possedere i media per avere peso”.

Il giornalismo in passato era diverso” .Ho vissuto gli anni ’70, gli anni ’80… c’erano grandi nomi, che scrivevano pezzi che erano vera letteratura (oggi non è più così, un po’ come la nazionale di calcio di oggi non è come quella di ieri). Penso a Giorgio Bocca, a Eugenio Scalfari, a Gianpaolo Pansa e a tanti altri. Pansa con il suo Bestiario su L’Espresso faceva tremare la politica ogni volta, grazie alla sua autorevolezza e genialità.”. La nostra professione “Richiede sacrificio, tanto – e le nuove reclute devono essere pronte a questo – ma se lo fai con passione non ne senti il ​​peso”.

I poteri occulti sono sempre esistiti” .Il potere cerca sempre di influenzare il giornalismo ed è ovvio. Il problema, nella storia italiana, sono stati i poteri occulti. Ieri c’erano e li abbiamo scoperti alla fine, penso alla P2. Oggi ci saranno sicuramente altre forme, diverse e forse non a quel livello di pervasività”. L’aneddoto, in questo caso, è quando lo stesso Padellaro in una riunione di redazione al Corriere, con il direttore milanese in vivavoce, chiese: “Ma chi c’è nelle liste P2?” che era appena stato rivelato al pubblico… rispose: “In realtà ci sei anche tu”. Silenzio e poi: “Pubblica tutto” e le dimissioni arriverebbero nel pomeriggio.

Questo è stato solo un assaggio di oltre cinquant’anni di giornalismo, di scoop e retroscena correlati, di ricordi autobiografici, di ritratti di personaggi potenti o eccentrici che si sono susseguiti, di ‘maestri’ e amici di una vita. È un libro sincero, che non risparmia nessuno, tanto meno l’autore stesso, un diario intimo fatto di confessioni, riflessioni e rivelazioni, con una buona dose di ironia (e autoironia).

Un’ironia che non gli manca nemmeno nel rispondere ad una domanda provocatoria del pubblico: “Padellaro, siete delle primedonne, sempre in televisione. Basta, aspettavo da tanto di sfogarmi!”. “Ma io non sono una donna! E poi il giornalismo si fa ovunque, se poi vogliamo criticare quei contenitori televisivi dove tutti devono recitare una parte, dove si cerca lo scontro tra caricature… siamo d’accordo, non servono e non mi piacciono”.

Commenti pubblici” .Mi viene voglia di chiamarlo Antonio, sembrava proprio uno di famiglia. Letto, visto e ascoltato tanto in televisione… ma soprattutto questo suo modo di fare, così easy, diretto, umano., maestoso…”.

 
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