Sono reali o sono copie? Il mistero dei quadri Agnelli ritrovati al Lingotto – Torino News – .

Fatto sta che in un caveau del Lingotto c’erano dei quadri: secondo la Procura di Milano, sulla base di una nota della Guardia di finanza milanese, sono alcuni dei 13 quadri scomparsi degli Agnelli. La Procura di Torino, però, è convinta che solo due siano originali mentre le altre siano copie: chi ha ragione? Lo stabilirà una consulenza che i magistrati torinesi hanno affidato ad esperti d’arte, a cui spetterà il compito di dare una risposta definitiva su quei misteriosi dipinti. E risolvere finalmente il mistero che fa litigare tre generazioni di Agnelli.

Il punto di partenza è che da anni mancano 13 capolavori appartenuti all’avvocato Gianni Agnelli. Dipinti di Monet, Picasso e Balla scomparsi e che la figlia Margherita Agnelli vuole recuperare, convinta che siano suoi: pare che arredassero le proprietà più famose della famiglia, Villa Frescot e Villar Perosa a Torino (oltre a una residenza romana ), residenze di cui Margherita aveva nuda proprietà prima della morte della madre Marella Caracciolo. Che, pare, abbia regalato le sue opere ai nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann.

Ora è emersa una segnalazione depositata alla Procura di Milano dal Nucleo di polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza nell’inchiesta che ha portato il giudice Lidia Castellucci ad archiviare il caso di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati di ricettazione. merce. Inoltre, il gip ha disposto ulteriori accertamenti su proposta di Margherita che si era opposta alla richiesta di archiviazione.

L’informativa Fiamme Gialle è stata redatta sulla base delle testimonianze riportate nel documento da Paola Montalto e Tiziana Russi. Cioè la segretaria e governante di Marella Caracciolo, che si occupava degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, intervistate insieme ad una terza persona al servizio della moglie dell’avvocato, hanno dato la svolta alla ricerca: secondo loro, quelle tele di Monet, Picasso, Balla e De Chirico erano appese alle pareti dell’appartamento romano di Palazzo Albertini-Carandini, di cui Margherita ha nuda proprietà, e che furono poi donate ai tre nipoti degli Elkann dalla nonna. Queste dichiarazioni sono state confermate: come emerso a seguito delle tre deposizioni, la quasi totalità delle opere sono state rinvenute durante un sopralluogo della Guardia di Finanza dell’8 febbraio, delegata dalla Procura di Torino nell’inchiesta principale sull’eredità. Erano quasi tutti nel caveau della Fca Security mentre uno sarebbe in una casa di St. Moritz (e una sua copia nella Pinacoteca Agnelli di via Nizza).

Sul caso lo chiariscono fonti vicine a Margherita «i dipinti denunciati nel procedimento di Milano (che continua) non possono essere stati donati, poiché Marella non ne aveva la proprietà. Inoltre, ad oggi, non è stato formalizzato alcun documento di donazione. Se però le voci venissero confermate, i documenti non sarebbero validi e verrebbe richiesta l’immediata restituzione delle opere che sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli”.

Per ora resta il mistero perché la Procura di Torino, che indaga sul lascito dell’Avvocato e di Marella Caracciolo, è convinta che al Lingotto vi fossero solo due originali: “La chambre” di Balthus e “Pho Xai” di Gérome. Sarebbero invece delle copie “Glacon Effet Blanc” di Monet, “La scala degli addii” di Balla e “Mistero e malinconia di una strada” di De Chirico. Allora dove sono gli originali? Alcune risposte potrebbero arrivare da Giorgio Ghilardini, cioè “l’uomo dei quadri Agnelli”: il trasportatore, oggi 76enne, ci ha raccontato in un’intervista come spostava i quadri da una residenza all’altra. Ma sulle opere scomparse non aveva potuto dire nulla. Il mistero si infittisce, anche perché, tra le decine di carte ritrovate nelle case e negli uffici dai finanziatori, c’è una cartella bianca con la scritta “Opere d’arte 2003-2019” e una verde con la scritta “Esportazioni temporanee e definitive”. C’è la spiegazione del mistero lì dentro?

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