18 giugno comunicato stampa presentazione libro Ti ho preso per mano – .

18 giugno comunicato stampa presentazione libro Ti ho preso per mano – .
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Martedì 18 giugno alle 18 in via Pietracqua 9 a Torino presso la Biblioteca popolare Ost Barriera, presentazione del libro “Ti ho preso per mano. Amare significa anche lasciare andare” di Riccardo Callori (Edizioni Mille, 2023).

Lo straordinario rapporto tra due fratelli, con una forte differenza di età, compensa l’aridità affettiva dei genitori. È la storia di una famiglia torinese, dagli anni Cinquanta a oggi. Sullo sfondo la vita professionale del maggiore, medico di successo, in corsia e con i colleghi, tra eccellenza e competizione: per uno senza regole morali.

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L’Autore si presenta sotto pseudonimo; già professore ordinario della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e storiche. Con questo libro si rivolge per la prima volta ai lettori di narrativa.

Ha vinto il secondo premio per il miglior incipit al concorso nazionale “Le Olimpiadi della Letteratura”, organizzato dal “Club dei Cento” di Torino.

Seguono alcuni passaggi del libro dove traspare il rapporto con il fratello, «una forma di amore bello e complicato». Giorgio chiede a Riccardo «Siamo ancora fratelli? Il fratello è l’amico, il confidente, il protettore, l’eroe, quello che ti fa giocare e che ti dimostra il suo amore per lui”. L’abbraccio, la fisicità dell’espressione affettiva, sembra collegare il corso degli eventi: “Se un abbraccio dura più di due o tre secondi non è più un abbraccio, è una conversazione”. «Giorgio è sempre stato per me la cosa più importante, più importante anche del mio lavoro e gli avevo fatto dono di ciò che per me era più prezioso: il mio tempo. Il dono più grande che possiamo fare agli altri è il nostro tempo, così prezioso che spesso non ne abbiamo nemmeno per noi stessi”. Anche nel lavoro si nota quell’attenzione che tanto conta nell’ambiente familiare, ad esempio nel tempo dedicato all’ascolto del paziente: «Lasciarlo parlare, lasciarsi raccontare la guerra non serve per la diagnosi ma è utile per creare un rapporto di fiducia e sarà più collaborativo con la terapia.”

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