“La serva dell’ovest” – Cast alternativo – GBOPERA – .

“La serva dell’ovest” – Cast alternativo – GBOPERA – .
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Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera e balletto 2023-2024
“LA DOMENICA DELL’OVEST”
Opera in tre atti su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini, dal dramma “La ragazza del West dorato“di Davide Belasco.
Musica di Giacomo Puccini
Minnie OKSANA DIKA
Jack Rance MASSIMO CAVALLETTI
Cazzo Johnson AMADI LAGHA
Nick FRANCESCO PITTARI
Ashby PAOLO BATTAGLIA
Suono FILIPPO MORAZIO
Trini CRISTIANO OLIVIERI
Sid/Billy Jackrabbit EDUARDO MARTÍNEZ
Bello e Harry ALESSIO VERNA
Joe ENRICO MARIA PIAZZA
Contento GIUSEPPE ESPOSITO
Larkens TYLER ZIMMERMAN
Wowkle KSENIA CHUBUNOVA
Jake Wallace GUSTAVO CASTILLO
José Castro ADRIANO GRAMIGNI
Un postiglione ALESSANDRO ESCOBAR
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Direttore del coro Ulisse Trabacchin
Direzione Valentina Carrasco
Scene Carlos Berga E Pietro van Praet
Costumi Silvia Aymonino
Luci Pietro van Praet
Nuovo allestimento del Teatro Regio Torino
Torino, 23 marzo 2024 (seconda rappresentazione)
Ragazza dell’ovest, INCONTRATO 1910; Sono trascorsi 6 anni dalla Madama Butterfly che la precede, un intervallo anomalo rispetto ai 3, 4 anni che separavano tutte le altre opere lucchesi. Del resto, nel frattempo, Salome ed Elettra nel 1909 avevano già sbaragliato il campo nel 1906 e Richard Strauss riesumava così con forza un wagnerismo operistico ancora all’erta e che sconvolse la scena operistica europea. Puccini e il suo melodismo lacrimoso si ritrovano quindi in un angolo, nasce così l’esigenza di cercare una via di fuga che, pur non tradendo il lato sentimentale, non vi sia eccessivamente invischiata. Con Ragazza Puccini cerca di liberarsi e, in gran parte, ci riesce. La richiesta del MET di scrivere un western americano, popolato da una folla di poveri disadattati, gli fornisce l’opportunità che stava cercando. La madre lontana, la Soledad della memoria, la malattia e l’immaginata sorellina Maud al suo capezzale, i furti dovuti al bisogno di aiutare una madre vedova e i fratellini affamati gli lasciano spazio a melodie accattivanti, deliberate, volutamente di breve durata ma suggestivi, pucciniani, colpiscono nel segno. Il loro pathos malinconico si inquadra poi in un canto di conversazione molto esteso e disincantato, un compromesso tra il cantabile e il recitativo dialogico, che è una specificità di Puccini e che nessuno è mai riuscito ad eguagliare e che ci riporta all’ancestrale toscano- Origini fiorentine dell’Opera. I tre protagonisti, tenore baritono e soprano, agiscono all’interno di questi schemi e sono, per la stanchezza della parte, quelli che qui al Regio si alternano nella serrata sequenza delle rappresentazioni. Massimo Cavaletti, lo sceriffo Jack Rance, un amante geloso, ha un baritono molto affascinante. Gli vengono in aiuto i brevi archi melodici, i tempi frettolosi e le sonorità robuste di Puccini. Francesco Ivan Ciampa superare alcuni acuti leggermente “schiacciati” e a limite che a volte suona discontinuo. Il risultato però è un personaggio molto ben disegnato e convincente anche grazie ad una recitazione e ad un personaggio del tutto appropriati. Amadi Lagha, giovane tenore franco-tunisino, è Dick Johnson, un bandito in stile Zorro da poco diventato maggiorenne ma che conserva ancora la goffaggine e l’ingenuità che caratterizzano la giovinezza. Il suo tono brillante e chiaro, fin dal primo ingresso, crea empatia. I suoi acuti non daranno mai origine a leggende di lampadari tintinnanti, come avvenne per Caruso, l’ideatore della parte, ma sono corrette e spontanee. IL “lasciate che mi creda”, ne esce appassionato e convincente, anche se non applaudito, non per demerito del tenore ma per la frettolosa ripartenza del regista che non lascia spazi. In Lagha, vista la qualità del timbro e la dolcezza del discorso, personaggi come Rodolfo, Ruggero e Rinuccio sarebbero forse più adatti a restare Puccini, piuttosto che l’eroico, tradizionalmente bandito, Dick Johnson. Minnie anticipa Turandot o eredita Mimì? Il dilemma non è così banale come potrebbe sembrare, infatti se laggiù a Soledad fa eco al mi chiamano Mimi, negli spezzoni del finale, prima del morbido duetto finale con il coro, sembra di ascoltare la Principessa dalle Teste Mozzate. Nelle sue intenzioni, indipendentemente dalla sua attuale situazione vocale, Oksana Dika fa prevalere la scelta della linea eroica: Brunilde, Elettra, Turandot. Potrebbe ugualmente vincere la partita di poker con il fascino femminile che conquista Rance, evitando così le urla strazianti. Le urla eccessive con cui, nel terzo atto, blocca l’impiccagione di Dick, ne è un efficace ed esplicito riferimento hoiohto della walkiria. Anche per lei, come per il baritono, i brevi archi melodici, i tempi frettolosi e il clangore orchestrale si rivelano provvidenziali, aiutandola a superare le sporadiche incertezze nella legato, il la tenuta dei fiati nel fraseggio rilassato e la fissità di alcune note ascendenti. I complessi, Coro e Orchestra del Teatro Regio di Torino, e gli altri artisti, cast fisso di tutte le rappresentazioni dello spettacolo, sono stati eccellenti e giustamente premiati dal consenso del pubblico. La sala, quasi piena per lo spettacolo del sabato pomeriggio, ha regalato a tutti una nutrita quantità di applausi finali, sufficienti a confermare un successo convinto, senza esitazioni.

 
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