«Questa è una regione di amici di amici senza idee e senza cultura» – - – .

«Questa è una regione di amici di amici senza idee e senza cultura» – - – .
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Per riassumere lo scandalo e il dimissioni del vicepresidente della Regionecon Renato Schifani subentra a Luca Sammartino anche in veste di assessore all’Agricoltura, Gianfranco Miccichè clicca sul computer ed estrae da un’intervista a Leo Gullotta la frase epitaffio: “Sinceramente ho paura di questa struttura”.

Tu, ex numero uno di Forza Italia in Sicilia, sei diventato un avversario? Parla come Schlein o Fratoianni?
“Vedi come danno i titoli i giornali dell’isola? Descrivono Schifani all’Agricoltura parlando di “resa dei conti nel centrodestra”. Non c’è acqua e si appropriano di un dipartimento come fonte da utilizzare per regolare i conti interni. La Regione è ridotta a questo”.

I consiglieri prendono soldi? Ci sarà qualche consigliere che sopravviverà.
“Il paradosso è che uno o due si salvano. E quello dei due è proprio Sammartino. Operativo. In grado di risolvere i problemi. Oddio, anche Miccoli faceva gol ed era il più bravo, ma poi parlava con la mafia. Ovviamente vale sempre la presunzione di innocenza. E spero in una bolla di sapone per Luca. Ma ormai le cose vanno male anche tra i “migliori”».

Ha dialogato con Sammartino da quando è entrato nella Lega?
“Abbiamo discusso di tanti problemi concreti da risolvere”.

Cosa ne pensi della Lega in Sicilia?
«Una festa come tante? E non so se si potrà più chiamare Lega. Esiste un tale movimento di deputati, consiglieri comunali, aspiranti consiglieri. Tutti provenienti dalla DC, Forza Italia. Non è più il partito delle battaglie territoriali. Calderoli, l’ultimo Moicano in trincea per l’autonomia finanziaria”.

E’ il modello Sammartino?
«Anche lui è Pd, Forza Italia, Centro… sono tutti così».

Brutto momento per l’Autonomia Siciliana?
“Potrebbe essere utile, ma da tempo non se ne sente più il bisogno. Non difendo un passato dalle mille responsabilità. Ma non puoi essere consigliere o presidente se non hai letto un libro. Sono stato a casa di Schifani. In soggiorno, nello studio. Non un libro. A parte una Vespa, in un angolo”.

Rimpianti per il passato?
«Non posso negare che gli anni migliori della Regione sono stati quelli di Cuffaro da presidente. Con me come sottosegretario al CIPE abbiamo realizzato cento interventi in cento comuni dell’Isola. La disoccupazione è stata dimezzata”.

Per molti furono gli anni della mafia dentro il Palazzo.
«La mafia c’era negli anni della Settata con Gioia, Lima e Ciancimino. Per il resto gli affari di Cuffaro sono un problema di Dio. Non mio. Ma la Regione ha funzionato. C’è stato un problema? Ha chiamato Cuffaro e io ho mandato un tecnico programmatore molto preparato”.

Lo addolcisce.
«Poi le incomprensioni, i veleni, l’odio. Oggi, purtroppo, siamo al massimo livello di povertà di idee e di cultura. Da Musumeci a Schifani. Mi è capitato di chiedere assistenza per poter raggiungere con una strada il Cretto di Burri, una delle meraviglie del mondo, nel Belice, zona del terremoto del ’68, ma non hanno nemmeno idea di di cosa si tratta”.

Pensi che gli assessori ai beni culturali o al turismo non lo sappiano? Hanno appena allestito un Telamone ad Agrigento e organizzato gli Stati Generali del Cinema a Siracusa.
“Orrore. Mi spavento solo leggendo i programmi. Al Teatro Massimo ammazzano il sovrintendente Marco Betta, compositore arrivato con Leoluca Orlando dopo l’ottimo Francesco Giambrone. Devono metterne uno proprio”.

Erano migliori gli amici di Orlando che contestava ai tempi di Berlusconi e Dell’Utri?
“Molto meglio, in alcuni casi. Resta il mio avversario. Ma nessuno potrà togliere a Orlando il merito di aver trasformato Palermo da città mafiosa a capitale della cultura”.

Cosa succede all’Assemblea regionale?
“Ci incontriamo una volta alla settimana. Dopo dieci minuti si fermano e chiamano i capigruppo. Ritornano dopo un’ora e rinviano la seduta di una settimana”.

Cosa fare?
«Non lo so davanti a un governo con consiglieri da 30mila voti, come Sammartino, e altri piazzati solo perché amici della Meloni».

Guidavi ai tempi degli amici di Berlusconi.
“Neppure nei suoi anni d’oro il Cavaliere telefonava per organizzare amicizie, come accade da Musumeci a Schifani”.

Ce l’hai con loro perché ti hanno messo in un angolo, senza partito e senza posizioni?
«Ero assolutamente contrario al gesto di sottomissione di Schifani, scelto da Ignazio La Russa che con noi non c’entra. Un’arroganza romana. Senza questo atto di arroganza, il presidente sarebbe qualcun altro”.

Potrebbero ribaltare l’accusa ricorrente di essere amico di Dell’Utri.
“Mi sarebbe stato molto comodo dire che non ero a conoscenza delle sue segnalazioni, ma non credo a quanto gli è stato attribuito. Lo sentivo tutti i giorni, ma l’unica chiamata di pressione che mi ha fatto è stata quando, per errore, avevamo ridotto i finanziamenti all’INDA di Siracusa a causa delle tragedie greche. Per vent’anni sono stato il capo assoluto del maggiore partito e non ho mai ricevuto una segnalazione sospetta da parte di Marcello”.

Ma è venuto fuori che, a cena con Renzi, una sera dell’ottobre 2021, lei ha parlato di una possibile grazia per Dell’Utri.
“Che confusione. Ho poi chiesto a Renzi se fosse disposto a votare Berlusconi come presidente della Repubblica. Dell’Utri aveva scontato la pena ed era stato assolto per trattativa Stato-mafia. Non dovevo chiedere nulla. Sì, Renzi e Berlusconi ne avevano parlato in tempi precedenti. Un’altra storia. Che senso ha parlarne oggi?’

Su questo lei è stato interrogato dal sostituto procuratore di Firenze Luca Tescaroli.
“Venti piacevoli minuti. Intelligente.”

Cosa le rimproverano?
“Niente per me. I giornali scoprono un contatto tra due politici e ne fanno un titolo. Ma chi fa politica parla, sonda, interroga, chiede. Oppure i contatti sono diventati un reato al pari del reato di influenza?

 
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