Settecento anni di arte calligrafica in mostra a Venezia – .

Hassan Massoudy, calligrafia islamica contemporanea©Hassan Massoudy
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700 anni di arte calligrafica in mostra al Museo Correr, il modo di scrivere satura la Galleria dell’Ala Napoleonica fino al 15 ottobre. Sei artisti contemporanei provenienti da Armenia, Iran, Iraq, Cina e Italia, in dialogo con documenti e manoscritti antichi, esemplari conservati dalla Biblioteca del Museo Correr ed eccezionalmente esposti al pubblico: un viaggio in cui la Via della Seta diventa Via della Scrittura, indagare le diverse declinazioni artistiche, storiche e culturali della calligrafia. Si tratta del nuovo evento della Fondazione Musei Civici pensato per promuovere la conoscenza e la pratica della scrittura a mano; quest’anno dedicato in particolare alle celebrazioni per il 700° anniversario della morte di Marco Polo e alle culture calligrafiche che il mercante incontrò nel suo viaggio, nel suo cammino verso l’Oriente.

Courtesy-Fondazione-Musei-Civici-Venezia

Gli autori in mostra Gayane Yerkanyan e Sarko Meené, Golnaz Fathi, Hassan Massoudy, Mingjun Luo, Monica Dengo, diversi per provenienza geografica, cultura, età, patrimonio espressivo e materiale, sono accomunati dal particolare rapporto con la calligrafia e la grafia dei propri paese d’origine, dall’indagine di ciò che le forme trasmettono come simboli, forme nello spazio, o segni e mantenendo un rapporto di identificazione culturale con le proprie origini. Il dialogo con i documenti antichi intende evidenziare il rapporto classico con la scrittura, in cui la forma è prevalentemente al servizio del contenuto. Tra gli esempi, due preziosi manoscritti del Corano dei secoli XVII e XVIII miniati in foglia d’oro, un volume per il catechismo dei missionari domenicani in cinese, passaporti, “tesseri sanitari” e lettere di fede con caratteri islamici in turco e arabo , attestazioni commerciali per il commercio di pietre preziose in armeno, fino ad un raro esempio di brani del Tripitaka con caratteri birmani su foglie di palma.

Courtesy-Fondazione-Musei-Civici-Venezia

Accanto fioriscono interpretazioni, letture e riletture contemporanee, in cui gli artisti sviluppano in sé la potenza comunicativa delle forme della scrittura. Talvolta addirittura rifiutando o rinunciando del tutto al contenuto semantico. Il lavoro di Gayane Yerkanyan (Erevan, Armenia, 1989) consiste nel decontestualizzare le lettere armene per offrire nuovi significati visivi e simbolici. Nelle sue opere non ci sono parole, il significato sono le lettere stesse. Come simboli del patrimonio culturale armeno, diventano rappresentazioni visive di una cultura, combinate in giochi astratti di forme e spazio. Le opere dell’artista in mostra, in particolare, hanno un approccio più vicino al disegno geometrico che al segno diretto e spontaneo della scrittura a mano. Il suo segno è quasi privo di gesti e tuttavia pieno di quelle imprecisioni tipiche del lavoro manuale diretto, che non intende nascondere la sua umanità.

Nelle sue opere Sarko Meené, nome d’arte di Armine Sarkavagyan (Erevan, Armenia, 1984) riflette sull’esplorazione dei significati legati alla memoria, alla grafia e alle lettere armene attraverso i manoscritti di suo nonno, lo scrittore e poeta Karpis Surenyan, in particolare attraverso i suoi libro Il mistero di essere armeno. Affascinata dalle pagine fortemente modificate e barrate, sovrappone una rete metallica al testo scritto da suo nonno, creando profondità e permettendo alla luce di penetrare attraverso gli strati della materia. Simbolicamente, la maglia di acciaio inossidabile rappresenta la protezione. L’apparenza ingannevole della rete metallica, inizialmente simile alla seta, sottolinea i temi della femminilità e della forza, i vari aspetti della vita come riflesso della continuità tra passato, presente e futuro.

Hassan Massoudy (Iraq)
Con l’argilla creiamo vasi, ma il vuoto al loro interno conferisce al vaso la sua funzione (Laozi)
2003
Inchiostro e pigmenti su carta rigida
27×20 cm

Golnaz Fathi (Teheran, Iran, 1972) unisce la calligrafia tradizionale all’espressione artistica contemporanea, ampliando i confini del concetto stesso di calligrafia: pur mantenendo l’essenza visiva della parola scritta, Fathi scrive quelli che lei chiama non-scritti, ovvero scritti privi di valore semantico e destinato ad essere interpretato non con gli occhi, ma attraverso il cuore. L’ispirazione per i rotoli presentati in questa mostra deriva dalla poesia di Jalal al-Din Rumi (1207-1273). Ogni cartiglio somiglia a una litania, a una ripetizione ossessiva di forme che vorremmo leggere, ma non possiamo leggere così come l’artista non può leggerle, diventando così opere che sembrano la negazione del linguaggio codificato, l’immagine paradossale dell’impossibile tentativo di reale comunicazione dell’essere.

Hassan Massoudy (Najaf, Iraq, 1944) fonde le essenze del contemporaneo e dello storico intrecciando elementi delle tradizioni artistiche orientali e occidentali. Pur mantenendo l’eredità della tradizione, allo stesso tempo se ne allontana dai confini, promuovendo un’evoluzione delle forme di scrittura. Le ispirazioni per le sue composizioni attingono da una vasta gamma di fonti, che vanno dai versi di poeti alla prosa di scrittori di culture diverse, fino all’eterna saggezza dei detti popolari. Ogni tratto del suo lavoro riflette il suo costante impegno nell’esplorare le sfumature dell’esperienza umana attraverso l’arte.

Monica Dengo (Italia)
Stupirsi è andare oltre i confini
2024
Inchiostro su tessuto ricavato da vecchi pezzi di lino, su struttura in legno
ø150 cm

Divisa tra la cultura cinese e quella svizzera, Mingjun Luo (Nanchong, Cina, 1963) concepisce il suo lavoro come un “terzo spazio”, un terreno ibrido e fertile dove sviluppare il proprio linguaggio, in un continuo movimento tra Asia e Occidente. La sua serie di mostre Break the Character contraddice la tradizione cinese presentando ideogrammi frammentati ed esplosi fino all’astrazione. La decostruzione dei caratteri cinesi e la loro perdita di valore semantico li fa diventare astratti, pur mantenendo l’essenza della tradizionale calligrafia a inchiostro. In questo modo tutti gli osservatori si trovano su un piano di parità di fronte all’opera d’arte e le due tradizioni e identità culturali possono trovare un punto di incontro e di dialogo. Nell’opera circolare Tracce di scrittura, che contiene gli ideogrammi del Daodejing, testo fondamentale del taoismo attribuito al filosofo cinese Laozi, l’artista scrive caratteri che sembrano scomparire nella nebbia, sciogliendosi nell’oblio. Il testo, dice, è la sua risposta alle tracce della storia che vanno e vengono, false e reali, imprevedibili.

L’opera Meravigliarsi di Monica Dengo (Camposampiero, Padova, Italia, 1966) è un modo per oltrepassare i confini, esplorando il concetto di “scrittura senza confini”, espresso con la perdita di definizione dei bordi delle lettere, che si dissolvono nello spazio di la tela. Osservando i tratti si possono percepire i gesti della mano che hanno dato vita a quei segni, percepire i cambiamenti di velocità e pressione, nonché il momento in cui il pennello carico di inchiostro tocca la superficie, generando tratti più densi e profondi. Da lontano l’opera circolare sembra un fiore, come se oltrepassando i bordi le lettere diventassero un’unica forma. Si possono ancora leggere alcune lettere che compongono la parola WONDER. Visti da vicino, però, i segni neri diventano più scuri e la parola, perdendo definizione, si dissolve.

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