La cerealicoltura in ginocchio in Basilicata. Il grido d’allarme – .

La cerealicoltura in ginocchio in Basilicata. Il grido d’allarme – .
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La pioggia dei giorni scorsi non è bastata a salvare i raccolti, mentre le temperature anomale di fine marzo e metà aprile hanno messo i cereali vengono messi alla prova.

L’allarme arriva dalla Cia-Agricoltori attraverso il responsabile del settore cereali Leonardo Moscaritolo che ha fatto il primo monitoraggio tra i cerealicoltori lucani.

Molti raccolti sono stati distrutti. Molti campi di grano furono falciati e imballati per il foraggio.

Moscaritolo afferma:

“Una situazione che mette il scomparto per le ginocchia.

L’anno agricolo è già iniziato in salita costi sproporzionati per l’acquisto di sementi e fertilizzanti, aggravati da un inverno estremamente secco che non favorivano uno sviluppo uniforme delle colture ed impedivano il normale accestimento.

Ora le condizioni climatiche della stagione primaverile stanno peggiorando la situazione perché l’accelerazione della spigatura produce grani meno sviluppati, semi più leggeri e basse rese.

Il problema non riguarda solo il grano duroun settore per il quale la Cia aveva già lanciato l’allarme nei giorni scorsi sulla base di stime di raccolto già inferiori fino al 50% rispetto alle medie degli anni precedenti, ma anche colture di leguminose e foraggere.

Questi ultimi, che sono nel periodo di piena fioritura, vengono messi a rischio in alcune zone dalla siccità ma anche dalle possibili conseguenze di un’ulteriore serie di eventi climatici estremi come bombe d’acqua, grandine, cambiamenti climatici improvvisi che impedirebbe comunque al terreno di assorbire le quantità d’acqua necessarie in modo armonico ed equilibrato.

Se a questo si aggiunge la PAC dimezzata e la speculazione sui mercati, si può ben immaginare Produrre il grano duro sarà sempre più complicato e tutta la filiera delle eccellenze del Made in Italy rischia di andare in crisi.

Sono attivate tutte le procedure per aiutare i produttori con gli interventi urgenti da parte dell’Assessorato regionale alle Politiche Agricole.

L’Italia importa il 40% del suo fabbisogno di grano duro, il 65% di grano tenero e il 55% di mais.

Eppure, nonostante la carenza di prodotti nazionali e la continua richiesta da parte dei consumatori di prodotti 100% italiani, i prezzi dei principali cereali sono sempre più umilianti per gli agricoltori.

Oggi, considerando le ultime quotazioni del grano duro attorno ai 34 euro al quintale e le rese degli agricoltori intorno ai 30 quintali all’ettaro, arriviamo effettivamente ad una produzione lorda vendibile di 1.100 euro all’ettaro, ma con costi di produzione ben superiori ai 1.400 euro per ettaro.

I dati CIA sulle nuove semine indicano a preoccupante calo delle superfici coltivate a grano duro pari a circa 130mila ettari.

Anche a causa dei cambiamenti climatici, si prevede che il Paese avrà uno dei raccolti più bassi di sempre.

La tracciabilità dei grani italiani.

È da sempre tra le priorità della Cia, a partire dalla petizione nazionale “salva-grano”, che ha raccolto oltre 75mila firme (di cui 5mila raccolte in Basilicata), messe nero su bianco nel documento consegnato alle istituzioni , per porre un freno concreto alla crisi del settore, tra costi di produzione alle stelle e prezzi elevati.

Granaio Italia rappresenta il riconoscimento del valore del settore, a tutela dei coltivatori di cereali, a promuovere il vero Made in Italy, a tutelare la qualità per i consumatori.

Ora è È fondamentale che la tracciabilità non sia responsabilità solo degli agricoltori, ma di tutta la filiera.

Il prossimo passo è l’introduzione di uno strumento di certificazione dei costi di produzione per definire chiaramente i termini contrattuali.

In gioco c’è il nostro patrimonio cerealicolo, materia prima d’eccellenza per la pasta, simbolo del Made in Italy nel mondo con quasi 4 milioni di tonnellate di produzione nazionale annua e un fatturato di circa 7 miliardi di euro”.

 
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