nessuno nella Chiesa fa più il proprio mestiere – .

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Eusebio Episcopo 07:00 domenica 05 maggio 2024

Anche in Vaticano molti ruoli nei dicasteri non sono più appannaggio dei sacerdoti. A Torino il “tributo” da rendere all’operaismo di maniera. Repole prepara le fusioni delle parrocchie della provincia. Aborto e il “diritto”


Come è noto, i “Boariniani” non hanno mai avuto una grande sensibilità per le questioni sociali e forse non possiamo biasimarli del tutto visto che era quasi “obbligatorio” comparire in prima fila. Là diocesi Di Torino, che è quella dei preti operai ormai scomparsi, è per definizione allineato rispetto alle questioni lavorative, alcuni preti sono poi assurti a veri professionisti del settore monopolizzando ogni intervento, una sola voce con i sindacalisti. Quanto a Pinerolo il vescovo è “condannato” all’ecumenismo, così come l’arcivescovo di Torino lo è all’operaismo. In questo senso l’episcopato di Cesare Nosigliapresente ai raduni del 1 maggio e premiato da CGIL a causa del suo impegno costante, fu completamente assorbito da un tale protagonismo sui temi sociali e lavorativi che ogni suo intervento fu dato per scontato fin dall’inizio. Non c’era azienda in crisi, anche la più remota, che non lo vedesse presente ai suoi cancelli, infagottato e ottuso, ripetendo i soliti slogan (e con gli stessi risultati), facendo addirittura gli autori dell’opuscolo su Emerse lo scisma dove, senza fare nomi, sintetizzavano il loro impietoso ritratto: «…ci sono vescovi che non perdono occasione per andare alle manifestazioni operaie di protesta contro licenziamenti e licenziamenti, per farsi immortalare mentre fanno la spesa al banco alimentare, mentre a livello di governance sono un disastro misto a mediocre ipocrisia generale”.

Con monsignore Roberto Repole, la musica è cambiata nel senso che i temi sociali e politici si pongono ormai come un tributo da rendere a certi settori del clero divenuti marginali, quelli della sinistra imperitura in via di estinzione. Non è un caso che il responsabile della pastorale del lavoro sia da tempo un laico al quale è essenzialmente delegata ogni iniziativa. È noto anche che l’approccio dell’arcivescovo all’universo del lavoro e Caritas non è molto popolare tra alcuni estremisti curiali perché si ha la percezione che certi argomenti non siano nella sua zona di comfort come teologo ed ecclesiologo. Il suo primo interesse è infatti la Chiesa e il suo futuro come, in definitiva, dovrebbe essere.

Il mandato ricevuto dal Papa era il seminario, quindi la pastorale giovanile – dove sembra che il lavoro fatto prima non sia mai esistito e si dovesse ripartire da zero – è stata di fatto assorbita dalla pastorale vocazionale.

Intanto nelle unità pastorali sono in corso le attività per fronteggiare il “secondo colpo”, che vedrà l’accorpamento delle parrocchie nella provincia dove la situazione è senza dubbio più complessa. Arriveranno anche i nuovi “ministeri istituiti” per i quali è prevista la parola magica di “cammino”, il che significa che tutto è già deciso

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Quando la gerarchia ecclesiastica affida a un laico un incarico prestigioso che, secondo la legge, potrebbe ricoprire anche un chierico, corre sempre un rischio. Un po’ come sta accadendo in Vaticano dove i ruoli che fino a pochi anni fa erano appannaggio dei sacerdoti sono ora occupati in molti dipartimenti – e anche nella basilica vaticana – da una congerie di laici ben pagati e con competenze più che mediocri. risultati. La motivazione è quasi sempre la competenza e su questo non si discute, i preti siano preti e i laici siano laici, anche se nel post-concilio è successo e succede tutto il contrario: i preti si secolarizzano, agiscono come tribuni, presiedono commissioni ministeriali come quella per la riforma sociale e sanitaria (cfr Vincenzo Paglia) o sull’intelligenza artificiale (vedi il padre francescano Paolo Benati) e lo sono sempre più direttamente apud negotiis. Questo mentre i laici vengono clericalizzati svolazzando sugli altari e occupando posti chiave nelle curie dove danno ordini ai sacerdoti e comandano ai parroci.

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Nei giorni scorsi l’incresciosa vicenda delle dimissioni dell’art Fabrizio Palenzona dalla cima del Crt ha evidenziato il ruolo avuto nella sua destituzione dai “magnifici quattro dell’Ave Maria” (Davide Canavesio, Caterina Bima, Antonello Monti E Anna Maria Di Mascio) che ha poi provveduto, immediatamente, a frazionare immediatamente le posizioni nelle società partecipate. Il già citato Antonello Monti sembra aver avuto un ruolo chiave nel “complotto” – secondo alcune ricostruzioni – tanto che anche l’ignaro credente è venuto a sapere che egli siede nel Consiglio della CRT dal 2013 su indicazione di quell’ente fantasma. che è lì Conferenza Episcopale Piemontese (Cep). Sembrerebbe quindi che Monti abbia riferito al braccio destro di Palenzona di aver ricevuto una “lettera terribile” da “ambienti ecclesiali” contenente gravi accuse contro il management di Palenzona, lettera che però nessuno ha potuto vedere.

Chi è Antonello Monti? Classe 1980, vercellese, economista, fa parte del Consiglio di Amministrazione diIstituto Centrale per il sostentamento del Clero con sede in Roma, organo dell’ Cei che ha il compito di coordinare e controllare l’azione dei 218 istituti diocesani con l’obiettivo di garantire retribuzione, assistenza e previdenza sociale a tutti i sacerdoti italiani. A pochi giorni dalla defenestrazione di Palenzona, forse perché si comincia a sentire odore di bruciato, è arrivata dalla Curia di Torino una nota, dai toni piuttosto insoliti e concisi, dove si dice che la diocesi non è coinvolta in alcun tipo di accordo , né di avere competenza nel governo della CRT”. Il Cep – che ha nominato anche Monti nell’organismo – non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione. Avrà almeno un suo presidente, il mellifluo monsignore Franco Lovignana – si è chiesto l’economista cattolico cosa è successo, chi sono quegli “ambienti ecclesiastici” che hanno mosso gravi accuse contro Palenzona e di che razza di denunce si tratta? Chissà, in un impeto di sinodalità, anche i comuni fedeli potrebbero venirne a conoscenza.

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Finora, chi in ambito cattolico si è espresso in modo conciso e chiaro sulla risoluzione del Parlamento europeo di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata suor Carla Corbella, professore di Etica e Bioetica che, in un articolo del 21 aprile sul settimanale diocesano di Torino, ha commentato l’esito della votazione sulla delibera approvata con 336 voti favorevoli (tra cui Movimento Cinque Stelle, Pd, Forza Italia, Verdi e Azione), 163 contrari (Fratelli d’Italia e altri di Forza Italia) e 39 astenuti (Lega Nord). La legge 194 ha depenalizzato l’aborto ma, dice la religiosa, «un conto è non punire la donna, un conto è affermare che l’uccisione di una persona viva nel grembo di una donna è un “diritto”, cioè un diritto valore. In qualunque momento e in qualunque stato di vita si trovi un essere umano (sia che lo definiamo embrione, morula, feto), egli è sempre una persona e come tale va trattato. Se lo elimini commetti un omicidio. Punto. Se fosse umano solo chi sa ragionare, solo chi sa pensare ed essere autonomo, che destino avranno i malati di Alzheimer e gli anziani affetti da demenza senile, che sono in aumento e costituiscono solo un “costo” per la società? Già un famoso bioeticista laico, Hugo Tristam Engelhardt, morto nel 2018, aveva affermato che queste persone non sono più “persone” e quindi la loro repressione non costituirebbe un omicidio. L’unico problema: renderlo socialmente accettato. Questo sta accadendo con l’aborto”.

La brava suora, però, avrebbe dovuto ricordarselo anche una delle icone del comunismo cattolico, monsignore Luigi Bettazzi (2023-2022), interpretando in modo bizzarro la Sacra Scrittura, ha sostenuto, in aperto contrasto con l’insegnamento della Chiesa e con l’aiuto del celebre teologo moralista Don Giannino Piana (1923-2023), che l’aborto fino al quinto mese circa di gestazione non dovrebbe essere considerato omicidio poiché il neonato non sarebbe una realtà “biologicamente e ontologicamente definita”, non un essere umano, ma solo un essere “in divenire”. ”. Questo è ciò che pensa la maggior parte della gente, ma non il Papa Francesco – della Chiesa Progressista.

 
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