Poliziotti picchiati da Milano a Palermo: è un’aggressione alle autorità

Il ferimento di un poliziotto a Milano sorprende solo chi non ha dato un’occhiata alle statistiche, ampiamente diffuse negli ultimi mesi anche da fonti istituzionali. Il caso del vice ispettore della Polizia di Stato, Christian Di Martino, accoltellato l’altro giorno a Lambrate, è tutt’altro che isolato e occasionale. Lo dimostra non solo un nuovo attentato avvenuto venerdì, alla stazione centrale del capoluogo lombardo. Ma i numeri di questi mesi. Solo nel 2023 si sono verificati 97 episodi simili a Milano. Ma non è nemmeno un’emergenza solo milanese. Asaps, l’associazione dei sostenitori del Polizia Stradale, ha lanciato da tempo un osservatorio sulla violenza contro le forze di polizia. Lo chiamava, provocatoriamente, “il poliziotto sballato”. Vengono registrate solo le aggressioni fisiche che hanno causato feriti denunciate al pronto soccorso agli agenti di polizia durante i controlli su strada. Sono quindi esclusi scontri nella gestione dell’ordine pubblico o altre fattispecie non legate al controllo del territorio. Secondo l’osservatorio saranno 2.678 gli incidenti in Italia nel 2023, in maggioranza contro la Polizia di Stato (47,2%). E quattro su dieci si sono verificati nel Nord Italia. 30,4% al Sud e 26,9% nelle regioni del Centro Italia. Un’emergenza, quindi, ben distribuita sul territorio nazionale, con tratti molto simili, visto che circa un migliaio di questi episodi riguardano stranieri.

I settori

Ma non è solo la polizia. Gli ultimi dati INAIL presentati al Ministero della Salute evidenziano un altro importante fronte di battaglia, quello degli attacchi contro il personale sanitario. Qui è stato istituito anche un osservatorio nazionale. I numeri dicono che nel 2022 si sono verificati 2.243 casi di violenza, aggressioni e minacce contro il personale sanitario, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Quasi un incidente su tre si verifica in Nord Ovest (17% in Lombardia, 8% in Piemonte); 28% nel Nord-Est (14% in Emilia Romagna e 9% in Veneto), 22% al Sud e 19% al Centro. Infine il personale scolastico. L’ultimo dato, in questo caso, è stato presentato lo scorso febbraio da Ministro Valditararispondendo ad un Question time nell’Aula di Montecitorio. Ventotto attacchi contro gli insegnanti dall’inizio di quest’anno scolastico. L’anno scorso erano 36. Cosa dicono questi numeri? La prima cosa è che non si tratta di episodi ma di una sequenza strutturata. Evidentemente c’è una crisi nel ruolo dell’autorità pubblica. Che si chiami polizia, sanità o scuola, chi incarna nella sua persona, con la divisa, il camice o la scrivania, la funzione pubblica, e il principio di autorità che essa rappresenta, non gode di alcuna immunità. Al contrario, si sgretola un elemento fondante del patto sociale: il riconoscimento del ruolo, il rispetto della funzione. Sembra quasi andare di pari passo con un disincanto collettivo nei confronti delle istituzioni: il lento logoramento del potere pubblico, a partire dalla politica, porta anche a questo. Possiamo considerarlo un effetto collaterale, che sembra piccolo ma segnala un grosso problema, della crisi delle democrazie, a cui inevitabilmente a un certo punto si risponde con un maggiore bisogno di autoritarismo.

È il rischio concreto di mandare in cortocircuito il mondo libero. La seconda cosa che i dati ci dicono è che non esiste alcun problema legato a chi è solo e trascurato Mezzogiorno ribelle e insofferente alle regole, come ancora talvolta si dice. Gli attacchi contro i titolari di cariche pubbliche sono un problema nazionale. In alcuni casi sono un problema occidentale delle grandi aree metropolitane, capoluoghi di vasti territori, visto che in Italia ci sono davvero solo Milano, Roma e Napoli. Marginalità, povertà, devianza, disconnessione: le periferie delle metropoli ribollono. Naturalmente ogni luogo ha le sue particolarità. Ma riconoscere un tema come questione collettiva, sistemica, e non come problema territoriale o fatto occasionale, appare necessario per strutturare un’analisi seria e predisporre un progetto di intervento. Per luoghi comuni, pregiudizi e quella che nel pensiero marxista – guardate – veniva chiamata falsa coscienza. Apri gli occhi, leggi i dati, comprendi. Quindi, agisci.

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La mattina

 
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