Ravenna, “il divano è mio”. Moglie e figlia devono pagare 5 euro per sedersi, il padre è il capo del processo – .

Ravenna, “il divano è mio”. Moglie e figlia devono pagare 5 euro per sedersi, il padre è il capo del processo – .
Ravenna, “il divano è mio”. Moglie e figlia devono pagare 5 euro per sedersi, il padre è il capo del processo – .

Una multa di 5 euro per ogni volta che moglie e figlie si sedevano sul divano di casa. I mobili, questa era la giustificazione, li aveva acquistati lui e ne dettava le condizioni, come pare facesse su tutto. Padre, marito e padrone. Lo fu per anni, finché il tribunale di Ravenna lo allontanò da casa. Nei confronti di un 60enne residente a Sant’Agata sul Santerno, gli anni di matrimonio sono sfociati in un processo per maltrattamenti in famiglia. E ieri il giudice dell’udienza preliminare Andrea Galanti ha accolto la richiesta dei difensori, gli avvocati Federica Montanari e Brunella Baruzzi, di procedere con un procedimento abbreviato, condizionato alla produzione di documenti e all’audizione degli imputati.

Parte civile, invece, con l’avvocato Francesco Manetti, l’ex compagna dell’uomo. Si è accorta di essere sotto il controllo del marito solo dopo 20 anni di oppressione, grazie a un corso con uno psicoterapeuta. Prima di lei considerava normali le umiliazioni, le minacce e gli abusi. Li ha accettati anche in virtù del vivere in pace: proprio come quando, per evitare che le figlie litigassero con il padre per la “tassa” imposta sul divano di casa, ha deciso di comprarne un altro per sé e per le bambine.

Nelle accuse figurano anche banali ma indicative privazioni del clima che regnava all’interno delle mura domestiche: tra queste, il divieto di mangiare i gelati che comprava. Oppure i soldi scalati dai 1.400 euro messi a disposizione per le spese mensili, se la moglie non lava e stira le sue camicie, costringendolo a portarle in lavanderia. E quando una volta lei gli chiese di raccogliere l’accappatoio che era stato buttato a terra, lui avrebbe risposto: “Sono io quello che si è sposato”. Infine si passa alle aggressioni fisiche e alle minacce. Spinte, mani al collo, un colpo alla testa con un pentolino e una costellazione di altri episodi che rendono la convivenza un incubo di cui ora l’imputato dovrà rispondere.

 
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