Benevento, violentata a 15 anni e suicidata. La vendetta di suo padre, 10 anni dopo – .

È noto che la commedia all’italiana nelle sue varie forme è stata uno scavo ben preciso del nostro carattere nazionale, e la cronaca non fa altro che confermare come, in molti casi, ciò che vedevamo sullo schermo fosse un’anticipazione della realtà.

Prendiamo il capolavoro di Monicelli del ’77, “Un borghese piccolo piccolo” (da un romanzo di Vincenzo Cerami), con uno strepitoso Albero Sordi che interpreta un modesto impiegato statale che la mattina accompagna il suo unico figlio all’agognato concorso di Ministero nel quale ha lavorato tutta la vita (di certo passerà, grazie all’appoggio di una farsa loggia massonica alla quale si è opportunisticamente affiliato), lo vede ucciso a colpi di mitragliatrice da un rapinatore. Il culmine del film è la preparazione e l’esecuzione della vendetta di quest’uomo distrutto, che non ha più altra ragione di vita.

Il ruolo di Sordi ricorda la storia di Lucio Iorillo, 64 anni, operaio del beneventano. Nel 2008 la figlia si suicidò: pochi mesi prima, 15 anniera stato violentata e il trauma aveva reso la sua esistenza insopportabile. L’uomo accusato dello stupro, il pastore Giuseppe Matarazzo, è stato condannato a 11 anni e 6 mesi. Nel 2018, scontata parte della pena, Matarazzo è uscito dal carcere e un mese dopo, davanti a casa sua, è stato giustiziato con due colpi di pistola al petto proveniente da un’auto guidata da due uomini. Le indagini sull’assassinio hanno portato all’incriminazione di Giuseppe Massaro E Nasta generoso. L’iter giudiziario è stato tortuoso: condannati nel 2021 in primo grado all’ergastolo, i due sono stati poi assolti dalla Corte d’Appello di Napoli nel 2023, e infine la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione. Ora la Procura di Benevento cerca di ricostruire integralmente il quadro, inserendo un tassello fondamentale, l’ mandante dell’omicidio, che sarebbe il padre della ragazza che si è uccisa, Iorillo: avrebbe organizzato il delitto dopo aver pagato (solo in parte) 20mila euro. A novembre il Gup designato dovrà decidere sulla sua incriminazione, mentre si profila un nuovo processo d’appello per i due presunti assassini.

Se il sistema accusatorio è confermato, c’è un’indubbia somiglianza tra la vita e la finzione cinematografica. Nel film, un ragazzo candido e bonario è stato ucciso, e un padre che si vantava di essere la sua guida e protettore non può immaginare altro compenso che la vendetta, derubando e, subito dopo – suo malgrado, perché vorrebbe godere a lungo del suo ruolo di aguzzino -, uccidendo il criminale, che aveva deliberatamente finto di non riconoscere al momento dello scontro in questura. Qui abbiamo un padre la cui figlia minorenne è stata violentata, che, in conseguenza di quella violenza, si uccide. Come nel personaggio di Sordi, l’uomo non ha fede né considerazione nella giustizia penale. Per anni aspetta che il colpevole ritorni in libertà per fargliela pagare. Poco importa che nel film la vendetta venga presa personalmente, e qui tramite terzi. I profili psicologici, le motivazioni, le dinamiche sono molto simili.

Alla fine del film, dopo aver perso anche la moglie, il personaggio di Sordi, un vecchio pensionato inutile che passa le mattine su una panchina in un giardinetto, viene insultato da un altro giovane, e nelle sequenze finali lo segue nella sua piccola automobile, meditando una simile vendetta. La spirale della violenza, una volta innescata, non ha fine: riguarda individui e nazioni. Ciò che sorprende è che, in dieci anni, niente e nessuno sia riuscito a dissuadere – se le accuse saranno provate – il padre della ragazza dalle sue intenzioni omicide.

 
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