anche a Cuneo sempre più serrande abbassate – .

anche a Cuneo sempre più serrande abbassate – .
anche a Cuneo sempre più serrande abbassate – .

I dati Confesercenti sulla chiusura dei negozi di prossimità in Piemonte diffusi ieri delineano una situazione che non fa ben sperare: nei primi tre mesi di quest’anno sono scomparsi quasi ottocento esercizi commerciali al dettaglio, una media di quasi nove negozi al giorno, festivi compresi. E, guardando la situazione a livello locale, anche il cuneese si inserisce in questo trend negativo.

Non abbiamo i numeri a livello provinciale, ma abbiamo fatto un censimento nel Monregalese ed è emerso che solo a Mondovì hanno chiuso a fine anno tre negozi storici“, spiega Nadia Dal Bono, direttore provinciale di Confesercenti. E il capoluogo della Granda non fa eccezione. “A Cuneo hanno chiuso cinque o sei, certo, hanno aperto uno o due, ma siamo ancora in negativo”.

Dopo la pandemia da Covid-19, il modo di fare acquisti è cambiato perché le persone hanno cominciato a rivolgersi sempre di più all’e-commerce, ma il commercio non è stato in grado di seguire il cambiamento. Basti pensare al fatto che il clima è cambiato negli ultimi anni – è giugno ma le temperature non sono quelle della tarda primavera a cui eravamo abituati – ma i periodi dei saldi sono rimasti gli stessi, senza soddisfare le esigenze dei compratori.

La bottega concepita come una volta, quando c’era il commercio a sede fissa, non esiste più. Adesso funziona la modalità mista, cioè sia online che da postazione fissa”, continua Dal Bono. Secondo il direttore di Confesercenti sarebbe necessaria una modernizzazione del modo in cui vengono concepiti vendite e acquisti. Per dare impulso al settore bisognerebbe partire dai locali sfitti della provincia Granda. “Ce ne sono molti a Cuneo, Mondovì, Boves, ma anche in città più piccole come Roccavione e in tutte le valli circostanti. I negozi vuoti andrebbero ristrutturati e reinventati, magari adibiti a negozi temporanei o altro”.

Sono numerose le ragioni che hanno portato a questa situazione. Innanzitutto il cambiamento delle abitudini degli acquirenti, ma anche un minor costo per i venditori che aprono un’attività online. A ciò si aggiungono altre variabili, come il prezzo degli affitti che continua a salire e diventa insostenibile per molte imprese, le tasse, le bollette e i contributi troppo alti, per non parlare del costo dei dipendenti. “Abbiamo una somma di spese non indifferente, che diventa difficile da sostenere, soprattutto se apriamo una nuova attività”.

Tuttavia, il problema non si è sviluppato negli ultimi tempi. Da anni, nelle valli del nostro territorio, chiudono i negozi di alimentari, i panifici, i tabaccai e in generale tutti i piccoli negozi e, di conseguenza, le persone si allontanano per mancanza di servizi. “Questa emorragia è iniziata dalle zone montuose. Se il problema fosse stato affrontato subito partendo dai piccoli negozi di montagna, lasciando quei paesi popolati, il problema non sarebbe arrivato a zone come Cuneo e Mondovì. Il rischio è che questa reazione a catena non si fermi qui, ma continui nelle grandi città se non si fa nulla per cambiare la situazione”.

Per invertire la tendenza sarebbe necessario l’intervento dei Comuni e della Regione. Secondo Nadia Dal Bono “serve un accordo tra Comuni, Regioni e proprietari dei muri dove i primi due intervengano per mantenere bassi gli affitti e, allo stesso tempo, far pagare meno spese. Non è possibile che il prezzo degli affitti a Cuneo si avvicini a quello di città come Milano”. A questo va aggiunto un cambio di mentalità, che interviene ripensando un altro tipo di commercio e una diversa valorizzazione delle città e delle valli, riempiendo locali vuoti, creando posti di lavoro e rendendo più attrattive le città della Granda.

 
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