L’assassino di Varese torna nell’aula del tribunale di Busto Arisizio per la denuncia di maltrattamenti di Lavinia Limido – .

L’assassino di Varese torna nell’aula del tribunale di Busto Arisizio per la denuncia di maltrattamenti di Lavinia Limido – .
L’assassino di Varese torna nell’aula del tribunale di Busto Arisizio per la denuncia di maltrattamenti di Lavinia Limido – .

Marco Manfrinati, l’omicidio reo confesso dell’ex suocero Fabio Limido e il tentato omicidio dell’ex moglie Lavinia, oggi comparsi in aula di Busto Arsizio insieme al suo avvocato Fabrizio Busignani per presenziare all’udienza a porte chiuse in cui è stata discussa la richiesta di archiviazione dell’accusa di maltrattamenti nei confronti dell’ex risalente al 2022.

Fabio Ambrosetti è l’avvocato di Lavinia Limito, uscita ieri dall’ospedale di Varese dopo un mese in cui ha rischiato anche la morte per le coltellate riportate lo scorso 6 maggio a Varese. Da parte sua ha chiesto al giudice per le indagini preliminari Tiziana Landoni di non accogliere la richiesta del pubblico ministero, anche tenendo conto di quanto accaduto il 6 maggio: «Quello che è accaduto dimostra che il mio assistito era credibile fin dall’inizio». Naturalmente l’altra parte ha un’opinione opposta.

Il giudice si è riservato la decisione che verrà comunicata nei prossimi giorni. La denuncia di maltrattamenti di Lavinia Limido fa il paio con quella di sottrazione di minore che Manfrinati aveva presentato poco prima (anche in questo caso c’è una richiesta di licenziamento per la quale si attende la decisione di un altro giudice), in coincidenza con la decisione dell’allora moglie di tornare a vivere a casa con i genitori insieme al bambino.

L’udienza di mercoledì a Varese e i professionisti che hanno seguito Manfrinati

Proprio ieri, mercoledì, si è svolta al tribunale di Varese l’udienza per la terza denuncia (per stalking ai danni della famiglia Limido) scaturita da questa burrascosa separazione finita in tragedia lo scorso 6 maggio. È stata la madre di Lavinia, Marta Criscuolo, a parlare in una lunga deposizione. Manfrinati, in quel caso, non era in aula.

Un’udienza dove è stata ascoltata a lungo l’ex suocera e madre di Lavinia Limido ma dove In aula sono comparsi come testimoni anche due professionisti che hanno seguito lo stesso Manfrinati dal punto di vista psicologico e psichiatrico: «Colloqui clinici», fino a tre volte al mese «dove è emersa la grande sofferenza di Manfrinati per la separazione dalla moglie e il desiderio di voler rivestire il ruolo genitoriale paterno», ha spiegato lo psicologo che non aveva curato l’uomo dal maggio 2022 fino al maggio 2024 (seppur con alcune interruzioni); il professionista, testimone dell’accusa, ha parlato di un sentimento di forte ingiustizia subita «nonostante il mio paziente avesse cercato di ricucire e ripristinare la comunicazione con la famiglia della moglie, cosa che quando negata gli provocava frustrazione, facendogli maturare un desiderio di vendetta: «Ha sempre salvato la figura della moglie, diceva che non c’era motivo di arrabbiarsi con lei, e viveva la percezione che se lui e Lavinia fossero rimasti soli le cose sarebbero andate meglio».

Manfrinati, però, aveva già avuto un consulto da uno psichiatra tra il 2018 e il 2019: “Voleva sapere se avevo qualche problema”, spiegò lo psichiatra che incontrò nuovamente Manfrinati qualche anno dopo. «L’ho visitato nel dicembre del 2022, dolorante e sotto le medicine che gli aveva prescritto un neurologo di Gallarate. Stava prendendo Xanax e Venlaflaxinama ho incrementato la sua terapia antidepressiva con miglioramenti oscillanti a seconda di come interpretava gli eventi esterni”.

Anche in questo caso lo psichiatra, secondo il quale Manfrinati aveva interrotto completamente la terapia antidepressiva nel settembre 2023, «faticava a comprendere il brusco passaggio dal suo ruolo originario di padre a persona pericolosa dopo l’interruzione dei contatti con il figlio». Anche in questo caso secondo lo psichiatra il conflitto con la famiglia della moglie, più che con la moglie stessa, era evidente: «Non ho mai visto tanto odio nei confronti di Lavinia, un odio che invece era ben radicato nei confronti della madre». E poi un’ultima frase, prima di congedarsi dal giudice, al termine dell’interrogatorio: «Per un profano, individuare i segni della depressione di Marco Manfrinati sarebbe stato difficile, se non impossibile».

 
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