È andata dal parrucchiere per colore e colpi di sole ma è finita in ospedale con ulcere e alopecia. Così una donna di Firenze ha denunciato un parrucchiere, ora condannato in primo grado al risarcimento di 17mila euro (compresi danni e spese legali) nei confronti della cliente rovinata, per “condotta illecita”. L’importo del risarcimento lo ha stabilito il giudice Liliana Anselmo del Tribunale di Firenze nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi che ha ricostruito l’intera vicenda, riportata oggi dal Corriere Fiorentino.
Quell’agosto 2021, secondo l’analisi degli esperti, il parrucchiere avrebbe utilizzato una quantità di sostanza colorante di gran lunga superiore alla soglia considerata innocua, ma soprattutto non avrebbe dato ascolto alla donna che cominciava ad avvertire un eccessivo bruciore. E lei urla di dolore. Di fronte alle insistenze, il parrucchiere ha minimizzato le lamentele, invitando la donna a resistere affinché la tintura facesse effetto. Il dolore, però, è stato troppo: la donna si è alzata, è corsa al lavandino ed è uscita dall’attività senza nemmeno asciugarsi i capelli. Dopo che la seduta si è conclusa male, la cliente ha notato una notevole perdita di capelli in una zona della testa e si è rivolta prima al suo medico e poi a due ospedali di Firenze. Non solo: prima di partire, l’imprenditore aveva regalato al cliente due bustine di antidolorifico, raccomandandogli di acquistarlo anche in farmacia. La cliente non si fidava, poiché il dolore non diminuiva si è recata, dopo il medico, all’ospedale Santa Maria Nuova dove le è stata diagnosticata una lesione cutanea con tanto di prescrizione di antibiotici. Successivamente la donna è stata sottoposta a ulteriori cure, questa volta da medici specializzati dell’ospedale Piero Palagi, con una lunga terapia cortisonica utile a curare sia l’ulcera che l’alopecia. La diagnosi definitiva del danno subito dalla signora, assistita dall’avvocato Anna Maria Gallo, è di “pioderma gangrenoso” con alopecia cicatriziale permanente e residua iperestesia.
(immagine d’archivio in copertina. Foto di Maksim Chernishev su Unsplash)
