dalle mongolfiere sul bacino di San Marco agli aerei dei primi del ‘900 – .

dalle mongolfiere sul bacino di San Marco agli aerei dei primi del ‘900 – .
dalle mongolfiere sul bacino di San Marco agli aerei dei primi del ‘900 – .

«Venti giorni fa ho visto anche uno scherzo che hanno fatto Spinola, il signor Paolo Avanzeti e alcuni altri signori, che è costato un sacco di soldi. Così l’ho vista anche in aria mentre ero su una terrazza panoramica che mi sembrava una mela e ho riso tanto immaginando che ti venisse voglia di entrare. Dicono che sia andato in mezza giornata a fare una piccola visita a Buran! e che in questa valle c’era un contadino che era la terra e che, vedendo questo pallone che affondava sempre di più, si inginocchiò gridando ad alta voce dicendo: “è giunto il momento che io finisca di vivere adesso perché questo è sicuramente un castigo che manda il Signore!”. Il povero paesano che non sapeva nulla di questo pallone tornò a casa più morto che vivo per la paura. Poi si consolò avendo portato il balone a Venezia e tornando con un dono di venti zechini. Questo è l’incidente accaduto all’abitante del villaggio. Dicono che dentro c’erano un gatto e un cane e li hanno trovati morti. Vi chiedo quindi di non indulgere in queste sciocchezze”. (in realtà non vi era stata alcuna vittima, né umana né animale).

Questo, errori compresi, è il testo della lettera che Francesca Buschini, la sua ultima fidanzata veneziana, scrisse a Giacomo Casanova, dopo aver visto un mongolfiera sul bacino di San Marco, il 15 aprile 1784. L’evento fu così significativo che Francesco Guardi lo immortalò in un dipinto, oggi conservato allo Staatliche Museen di Berlino. Buschini era una ragazza semianalfabeta, che scriveva a Casanova in una lingua incerta, in parte veneta, in parte italiana, e piena di errori. Si sono conservate trentatré delle sue lettere, mentre di quelle che Giacomo le scrisse non è sopravvissuta nemmeno una. Ma dalle sue risposte apprendiamo qualcosa, ad esempio che Casanova aveva assistito al volo in mongolfiera dei fratelli Montgolfier a Parigi nel settembre 1783 e poi, mesi dopo, le aveva detto che forse avrebbe fatto volare una mongolfiera su Vienna. «Mi hai fatto ridere dicendomi che a Vienna fanno un pallone grande che salirà in aria con sei persone e che potrebbe darsi che ci andrai anche tu, ma fai attenzione che il pallone non si rompa perché pesi anche tu molto» gli risponde ironica la donna.

Macchine volanti

Questa storia, insieme a molte altre, è raccontata nel libro di Martino Rizzi “Aeronauti nei cieli di Venezia. Uomini e macchine volanti 1784-1911”, edito da Cierre. Scopriamo così che Venezia, oltre ad aver avuto una proiezione sul mare (spesso trascurata) e sulla terra (anche troppo celebrata), ne aveva anche una nell’aria (poco conosciuta), dimensione che Rizzi ha voluto esplorare. «La mia passione per la storia dell’aviazione e per il volo», racconta Rizzi, «nasce da bambino, forse da un vecchio libro intitolato “La conquista dell’aria”, pieno di foto di aviatori, aerei e avventure che mio padre aveva mi ha dato; o forse dai tanti modellini di aeroplani costruiti dai miei fratelli maggiori. Fatto sta che appena raggiunta l’età per avere a disposizione liberamente una bicicletta, la meta più gettonata dei miei pomeriggi da ragazzino era lo storico aeroporto Nicelli. È qui che, nel corso degli anni, ho potuto vivere in prima persona (anche se come semplice passeggero) tanti piccoli sogni: volare in dirigibile (negli anni ’80 con il Goodyear), sorvolare la laguna in biplano, acrobazie looping, sorvolo delle Alpi con un Junkers JU52, paracadutismo e, più recentemente, volo libero in mongolfiera. Il pretesto per iniziare a scrivere è stato il noto dipinto del “globo aerostatico” dipinto da Francesco Guardi che ancora oggi continua a suscitare una ridda di errate ipotesi riguardo all’autore, erroneamente identificato nell’aeronauta bolognese Francesco Zambeccari, mentre il mio ricerche (confermando quelle di chi mi ha preceduto) non hanno trovato alcuna traccia di lui a Venezia in quel lontano 1784, dando invece pieno merito al suo vero ideatore e finanziatore il Nobil Homo Francesco Pesaro. Mi è piaciuto così raccontare, di avventura in avventura, di aeronauta in aeronauta, la storia dei primi uomini – e donne – che nel corso dell’Ottocento ebbero il coraggio di volare nei cieli di Venezia e addirittura di gettarsi nel vuoto come paracadutisti ante litteram”.

Guerra

L’autore racconta anche la storia del primo tentativo di bombardamento aereo della storia, da parte degli austriaci, nel luglio 1849. Per fortuna dei veneziani, il vento portò via i palloni dal bersaglio, gli austriaci ci riprovarono nella guerra successiva, guadagnandosi la dubbia primato di essere gli unici ad aver bombardato Venezia in due guerre diverse. Rizzi sottolinea di aver «indagato, per la prima volta, partendo da fonti austriache, riuscendo così a svelare dettagli inediti o poco conosciuti di questo tristemente noto documento tutto veneziano». Scrive una testimonianza dell’epoca: «Nessuno dei tanti palloni-bomba lanciati in aria cadde sulla città: la maggior parte cadde in mare, ed altri, sospinti da un furioso libeccio, passarono sopra la città e le lagune, e andarono a scaricare le loro distruttive masse di ferro sulle teste stesse degli inventori nostri nemici a Mestre e Campalto. Quel giorno Venezia presentava un aspetto singolare: tutti stavano nelle pubbliche piazze in atteggiamento silenzioso, con la bocca aperta e gli occhi rivolti al cielo, come se vedessero volare allodole arrostite nell’aria. L’applauso del pubblico si manifestava in modo più vivo e generale quando si vedeva qua e là qualcuna di quelle maledette bolle di sapone scendere in direzione di Mestre”.

L’evoluzione del 20° secolo

Tuttavia, l’autore non si è fermato solo alle mongolfiere. «Il ritrovamento di alcuni resoconti di volo raccontati in prima persona da pionieri dell’aviazione mi ha costretto ad arrivare fino al 1911, anno dell’arrivo a Venezia (e più precisamente all’hotel Excelsior del Lido) dell’aereo più pesante dell’aria : l’aeroplano. È nel respiro della scoperta di questi uomini, nelle loro ansie, paure e gioie dell’ignoto cammino verso il cielo che forse mi sono ritrovato mentre da bambino mi immergevo tra le pagine di quel vecchio libro così pieno di avventure e di vita vissuto intensamente».

Il primo volo di un aereo al Lido risale al 5 marzo 1911, in pieno Carnevale, quando Nicolò Spada, padre del Lido e costruttore dell’Excelsior, portò da Pordenone un biplano pilotato da Umberto Cagno. «Nessun altro luogo era più adatto del Lido», osserva Rizzi, «tanto adatto al battesimo veneziano dell’aereo. L’ampia striscia di sabbia antistante il lussuoso albergo, perfettamente pianeggiante e compatta in inverno, sarà teatro di memorabili imprese aeronautiche per quattro indimenticabili anni”.

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Leggi l’articolo completo su
Il Gazzettino

«Venti giorni fa ho visto anche uno scherzo che hanno fatto Spinola, il signor Paolo Avanzeti e alcuni altri signori, che è costato un sacco di soldi. Così l’ho rivisto in aria…

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Galiano al Festival della Lentezza di Parma: “Se voli troppo basso muori”
NEXT oggi e domani nubi sparse, martedì 11 poco nuvoloso » - – .