in Abruzzo ce ne sono 7 – .

Sono stati diffusi i risultati della ricerca sugli enti locali italiani in stato di crisi condotta dalla Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti. In Abruzzo 7 casi

Questi sono i 470 comuni italiani (il 6% del totale) in stato di crisi (257 in quasi fallimento e 213 in fallimento)concentrato principalmente a Sudcon un trend di crescita dopo gli anni della crisi pandemica.

La fotografia è stata scattata da Fondazione Nazionale dei Ragionieri nel documento”Lo stato di crisi degli enti locali: sviluppi e prospettive”. I dati, elaborati sulla base delle più recenti rilevazioni ottenute da diverse fonti (Banca dati della Pubblica Amministrazione – BDAP, Banca Dati sulle criticità finanziarie dei Comuni italiani – Istituto per le Finanze e l’Economia Locale – IFEL, Corte dei Conti, Ministero dell’Interno) indicano una ripresa, negli ultimi anni, dei fenomeni di criticità finanziaria, evidenziati innanzitutto dal quadro offerto dalle diverse situazioni di deficit e confermati dalla dinamica dei fallimenti. Per il presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Elbano de Nuccio “la legislazione attuale lo è inadeguato. Accompagnano il disegno di legge sulla revisione delle leggi sull’organizzazione degli enti locali rafforzati i controlli nei Comuni sub i 15mila abitanti e gli strumenti peremergenza tempestiva di situazioni di squilibrio”.

Nell’analisi dei contabili si precisa che “il 53% degli enti in grave difficoltà ha una popolazione inferiore a 5.000 abitanti (di cui il 28% sotto i 2.000) e quasi il 50% di essi è concentrato nell’area geografica del Sud”. Italia, mentre il 46% è raggruppato in classi con popolazione
tra 5.000 e 100.000 abitanti, sempre il 44% al Sud”. E, prosegue lo studio, “solo il 2% degli istituti si adatta
in classi demografiche con popolazione superiore a 100.000 abitanti e si tratta di capoluoghi di provincia ubicati prevalentemente al Sud (Alessandria, Andria, Avellino, Brindisi, Imperia, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, PescaraPotenza, Rieti)”.

LE ISTITUZIONI IN PREPARAZIONE

Secondo quanto emerge dalle elaborazioni dei commercialisti, aggiornate all’aprile di quest’anno, tra le 257 procedure di predisposizione attualmente aperte, quelle concentrate sul Sud (68%) rispetto a Centro (16%) et al Nord (16%). Spiccano soprattutto i dati di Campania e Sicilia (43 i comuni coinvolti in ciascuna delle due regioni, pari al 34% del totale). 36 in Calabria (14%), 35 nel Lazio (14%) e 22 in Puglia (9%). Il numero dei comuni coinvolti si riduce drasticamente in alcune regioni del Centro-Nord (2 in Emilia-Romagna e solo 1 in Trentino Alto-Adige, Marche e Veneto).

Regione

Riequilibrio*

%

Campano

43

17%

Sicilia

43

17%

Calabria

36

14%

Laziale

35

14%

Puglia

22

9%

Piemonte

16

6%

Molise

14

5%

Lombardia

11

4%

Liguria

9

4%

Basilicata

8

3%

Abruzzo

7

3%

Toscana

5

2%

Umbria

3

1%

Emilia Romagna

2

1%

Marche

1

0%

il trentino-alto adige

1

0%

veneto

1

0%

TOTALE

257

*Stato = sotto indagine e gestione

Fonte: elaborazioni FNC su dati IFEL

Dalle ricerche dei commercialisti emerge anche che il 53% delle entità in difficoltà ne ha uno popolazione inferiore a 5.000 abitanti (di cui il 28% di enti con popolazione inferiore a 2.000 abitanti) ed è concentrato per quasi 50% nell’area geografica del Sudmentre il 46% è raggruppato in classi con popolazione inclusa tra 5.000 e 100.000 abitantianche in questo caso concentrato per il 44% al Sud. Solo il 2% degli istituti si colloca nelle classi demografiche con popolazione maggiore di 100.000 abitanti e si tratta di capoluoghi di provincia situati prevalentemente al Sud (Alessandria, Andria, Avellino, Brindisi, Imperia, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Pescara, Potenza, RietIL). I dati delle procedure al Nordche rappresentano il 12%è concentrata nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

ENTI IN FALLIMENTO

Interessante il fenomeno dei 213 comuni in difficoltà 13 regioni ed è concentrato in Campano con 47 casi (22%), Calabria con 52 (24%) E Sicilia con 69 (32%). Interessanti anche i dati di Lazio (15), Puglia (8) e Abruzzo (7). I dati percentuali rappresentano anche in questo caso una maggiore concentrazione di fallimenti nelle regioni del Sud e in Sicilia: attraversando il Paese notiamo che in alcune regioni del Nord-Ovest (Valle d’Aosta), del Nord-Est (Trentino Alto- Adige, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna e Veneto), al Centro (Umbria) e in Sardegna non si registrano situazioni di default, mentre l’area meridionale (Sud-Ovest) e quella insulare (Sicilia) rappresentano un’area che ingloba circa il 90% delle entità danneggiate, molte delle quali ormai croniche.

Fallimenti aperti. Dati in unità e percentuali.

Regione

Disturbi*

%

Sicilia

69

32%

Calabria

52

24%

Campano

47

22%

Laziale

15

7%

Puglia

8

4%

Abruzzo

7

3%

Lombardia

4

2%

Basilicata

3

1%

Piemonte

3

1%

Molise

2

1%

Liguria

1

0%

Marche

1

0%

Toscana

1

0%

Totale

213

* Stato= aperto

Fonte: elaborazioni FNC su dati IFEL

Dati regionali esaminati nel periodo 2012-2024nonché evidenziare casi di 5 entità da chi ha dichiarato il fallimento quasi 10 anni (quindi ben oltre la durata prevista dalla norma), mostrano a aumento delle interruzioni nel periodo 2018-2023 con un andamento altalenante ovvero a picco nel 2019 (35)UN leggero calo Nel biennio 2020-2021 a seguito delle misure straordinarie Covid e uno ripreso nel 2023 (29).

Catastrofi “aperte” per regione e anno di dichiarazione. Dati in unità.

Regione

2012

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Interruzioni totali*

Abruzzo

0

1

0

0

0

1

1

1

2

1

0

7

Basilicata

0

0

0

2

0

0

1

0

0

0

0

3

Calabria

0

1

7

7

7

10

7

8

3

2

0

52

Campano

0

2

7

3

6

11

5

4

4

5

0

47

Laziale

0

0

0

2

4

2

2

0

1

4

0

15

Liguria

0

0

0

0

0

1

0

0

0

0

0

1

Lombardia

0

0

0

0

1

0

1

0

2

0

0

4

Marche

0

0

0

0

0

1

0

0

0

0

0

1

Molise

0

0

0

0

1

0

0

0

1

0

0

2

Piemonte

0

0

0

1

0

0

0

1

1

0

0

3

Puglia

1

0

2

2

0

1

1

0

0

0

1

8

Sicilia

0

0

4

4

6

7

9

8

9

17

5

69

Toscana

0

0

0

0

0

1

0

0

0

0

0

1

Totale

1

4

20

21

25

35

27

22

23

29

6

213

* Stato= aperto

Fonte: elaborazioni FNC su dati IFEL

Come per i predisposti, anche per questo caso quasi il 45% dei casi riguardano entità con popolazioni meno di 5.000 abitanti (e tra questi il ​​24% rappresentava enti con una popolazione inferiore a 2.000 abitanti), mentre 55% è raggruppato in classi con popolazioni intermedie i 5.000 e i 99.999 abitanti. Nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti l’unico comune capoluogo di provincia è catanese.

LE PROPOSTE DEI COMMERCIALI

“Il quadro delineato da questa ricerca – afferma il presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Elbano de Nuccio – evidenzia l’importanza strategica di individuare modalità operative idonee a garantire la continuità dell’attività dell’organizzazione o dell’ente. Un’urgenza che, nel caso dei Comuni, è accresciuta dal fatto che il fallimento, oltre a ostacolare l’ordinato rimborso dei debiti e, quindi, la salute economica dei fornitori a vario titolo, interrompe il funzionamento democratico dell’ente locale e la continuità degli organi eletti”.

“L’inadeguatezza delle attuali norme di predisposizione per farvi fronte è ormai nota – aggiunge –: i vari interventi normativi introdotti in modo disomogeneo negli ultimi anni hanno creato ancora più confusione in una materia che richiede un intervento armonico e strutturale necessario per rimediare al non perfetto funzionamento dell’intera catena di norme che dovrebbero prevenire il verificarsi dell’inadempienza”.

In vista della possibile prossima pubblicazione dello schema di disegno di legge sulla revisione delle leggi sull’organizzazione degli enti locali, i commercialisti avanzano alcune proposte.

Innanzitutto quella di una revisione dei parametri di deficit e delle istituzioni attraverso l’individuazione di indicatori più stringenti in grado di evidenziare tempestivamente situazioni di squilibrio e rispondere alla loro funzione di allarme preventivo sulla situazione contabile delle istituzioni. I professionisti propongono inoltre l’introduzione di un rating di salute finanziaria e un rafforzamento dei controlli nei comuni con meno di 15.000 abitanti, ampliando il numero di enti per i quali l’organismo di controllo deve essere costituito in forma collegiale in base alla soglia demografica”.

 
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