28 giugno. 9 giorni prima della partenza per il ritiro, 4 mesi dopo la retrocessione. Nessuna campagna abbonamenti, nessun acquisto, nessuna conferenza stampa di presentazione di allenatore e direttore sportivo, nessun programma per le amichevoli, trattative a tutto campo con un fondo che vuole pagare a rate e che non ha fatto un’offerta vincolante per 60 giorni, con Petrachi che prova a chiudere le operazioni di mercato ma deve fermarsi perché gli interlocutori vogliono capire chi sarà il presidente da qui all’inizio della stagione.
E intanto andremo in Abruzzo con una trentina di calciatori, di cui 25 ufficialmente sul mercato perché qualcuno racconta di ingaggi insostenibili per la Serie B e perché la società che ha immaginato l’Europa baserà le sue entrate sulle sue spese dopo aver incassato diverse decine di milioni di euro da DAZN, 10 dal botteghino e 25 dal paracadute. In totale silenzio, senza un confronto con la piazza che è stata in gran parte responsabile di aver steso tappeti rossi dopo aver contestato tutto a chi ha vinto scudetti passando da Budoni a San Siro.
Nessuna componente è esente da responsabilità rispetto ad una situazione che sarebbe eufemistico definire anomala, in particolare chi si sostiene su Facebook, chi non ha avuto il coraggio di dire la verità, i sostenitori delle teorie fluttuanti, i festa del “vai al mare” e chi contestava Sousa che, esattamente un anno fa, cercò di farci aprire gli occhi e fu accusato di aver commesso errori nella preparazione in un ritiro fatto con giocatori non adatti alla categoria e con i portieri utilizzati in attacco per recuperare numero negli esercizi tattici.
I tempi del calcio non sono quelli di una normale vendita. Oltre alle sensazioni di decine di migliaia di tifosi, ci sono tanti aspetti su cui lavorare in anticipo, per non vivere un altro ritiro surreale. Diamo un limite a questa telenovela infinita: se Brera ha i mezzi economici arriviamo al closing, se dopo due mesi dobbiamo chiedere ulteriori garanzie chiudiamo questo capitolo.
