Ne parla l’Ospedale di Alessandria – .

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Giovedì 27 giugno nella Sala Ricevimenti con esperti internazionali

I servizi e le risorse comunitarie non cliniche possono essere utilizzati per favorire il benessere del paziente? Di questo, e più in generale della Prescrizione Sociale, si è discusso nella sala ricevimenti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria.

Giovedì 27 giugno, dalle ore 9.30, dopo i saluti del direttore del Dipartimento di Attività Integrate di Ricerca e Innovazione (DAIRI), Antonio Maconi, si sono aperti i lavori, introdotti da Tatiana Bolgeo, direttrice del Research Study Center for Health Professions, Mary Lynch, Executive Vice Dean for Research in Faculty of Nursing & Midwifery, RCSI University of Medicine and Health Sciences, Dublino, che si è concentrata su “Social Prescribing, Social Value and Social Return on investment”.

D’altro canto, Alejandre Julze, ricercatore presso l’Unità di ricerca comportamentale sul coinvolgimento pubblico presso l’Università di Edimburgo, ha parlato di “Prescrizione sociale basata sulla natura”.

Mariateresa Dacquino, direttrice del Centro Studi Medical Humanities, ha introdotto la ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità Ilaria Lega, che ha curato la traduzione italiana del manuale dell’Oms dedicato alla prescrizione sociale insieme al Centro Benessere Culturale (CCW), rappresentato, in in collegamento, a cura di Annalisa Cicerchia, Ricercatrice senior presso l’Istituto Nazionale di Statistica che dirige un filone di ricerca presso l’Istat su “Nuove questioni di benessere e salute post-Covid: la strategia del welfare culturale per contrastare le disuguaglianze”.

L’incontro è stato quindi un’occasione per scoprire ed esplorare la prescrizione sociale, uno strumento che, sulla base dell’evidenza scientifica relativa all’impatto dei fattori socioeconomici sulla salute e sull’ipotesi che affrontare i determinanti sociali sia cruciale per migliorare i risultati sanitari, consente agli operatori sanitari di utilizzare servizi e risorse comunitari non clinici a beneficio del benessere dei pazienti, riaffermando la centralità del modello biopsicosociale.

 
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