Il corpo di Thomas ci chiede di non voltarci – .

Il corpo di Thomas ci chiede di non voltarci – .
Il corpo di Thomas ci chiede di non voltarci – .

Le venticinque coltellate che hanno ucciso Christopher Thomas Luciani domenica scorsa in un parco a due passi dal lungomare di Pescara non sono state inferte per recuperare un debito di soli 240 euro. No, il motivo per cui due sedicenni hanno ucciso un loro coetaneo è diverso. Il giudice che ha ordinato la condanna in carcere dei due ragazzi lo ha sintetizzato così: volevano «causare sofferenza e uccidere un essere umano». Volevano «causare sofferenza e morte». Dopo qualche minuto, i due indagati sono andati a fare il bagno. Una foto è stata scattata in spiaggia, nemmeno un’ora dopo il delitto. Si vede uno dei due indagati in posa sulla spiaggia: sguardo fiero e pugno chiuso sul petto. Un selfie dopo l’omicidio, dopo aver fatto «battute scherzose e beffarde alla vittima» insieme al complice, come dirà un testimone. Tutto il gruppo, sia i ragazzi che poi avrebbero denunciato sia quelli rimasti in silenzio, sapevano che il corpo di Thomas era ancora nella vegetazione, ma «siamo andati in spiaggia in tutta tranquillità», spiegano. «Non abbiamo pensato di chiamare nessuno, né la polizia né l’ambulanza», è il loro racconto. Nessuno ha mosso un dito. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutto. I Tik Tok dei sospettati e dei ragazzi che hanno assistito all’omicidio sono scioccanti: droga, alcol, pugnali, insulti ai senzatetto…

Perché questa totale assenza di umanità?

Lo storico Filippo Boni ha scritto:

“Fino a vent’anni fa i bambini erano figli di genitori cresciuti in un’Italia ancora segnata dall’impeto della ricostruzione postbellica e poi attraversata dai fermenti della contestazione, in cui, pur tra deformazioni e aspri scontri, certi valori erano patrimonio condiviso, che agivano fortemente sulla coscienza collettiva.

Oggi i genitori dei figli sono stati educati in un ventennio che, come archetipi, ha avuto arrivismo e individualismo, in cui l’avere ha sempre prevalso sull’essere, in cui il mero benessere materiale deve essere raggiunto con ogni mezzo e certamente anche questo incide sulla visione che gli adolescenti hanno della realtà che li circonda. Se l’essere muore e l’avere prevale, allora il corpo vince sull’anima e diventa solo uno strumento per arricchirsi, annientando ogni senso di umanità, degradato da un mondo sociale che sembra sempre fornire risposte immediate e soprattutto proporre falsi esempi”.

Ai bambini non viene più insegnato a combattere per alleviare il dolore dei deboli nel mondo, ma a dominare gli altri, per apparire più ricchi e potenti. Quindi, in un approccio materialista ed egoista alla vita, può diventare normale pugnalare a morte un ragazzo e poi andare in spiaggia e provare pena per se stessi.

Mercoledì scorso, durante la presentazione del libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul ’68”, non sono mancati accenti di radicale pessimismo. Nel mio intervento ne ho colto tutte le ragioni. Ma ho ricordato che nel 1964 lo storico Giuliano Procacci concludeva la sua bellissima “Storia degli italiani” descrivendo con amarezza “un’Italia gaudente e volgare”. Eppure, solo pochi anni dopo, i ragazzi sono tornati a desiderare le stelle e a lottare per un nuovo senso della vita. A pensare all’anima e non solo al corpo. Ad avere passione per il futuro e per gli altri.

I ragazzi del ’68 scrissero:

“La rivoluzione borghese è stata giuridica, la rivoluzione proletaria è stata economica. La nostra sarà sociale e culturale. Perché l’uomo possa diventare se stesso.”

È ancora:

“La nozione di conflitto generazionale deve scomparire dal mondo; è semplicemente una contraffazione della lotta per il potere. Lasciamo che i ‘padri’ svolgano il loro ruolo di ‘padri’ e la rivoluzione sarà rivoluzione”.

Dobbiamo svolgere il ruolo di “padri”: non significa fare in modo che ai nostri figli non manchi nulla e assecondare le idiozie degli influencer, ma coltivare l’animo dei ragazzi insegnando l’empatia verso gli altri, l’amore, la solidarietà, la pace.

È molto difficile farlo in questo momento terribile di violenza e di guerra. Il colonnello Kurtz, in “Cuori di tenebra” di Joseph Conrad, diceva “che dobbiamo avere uomini capaci di usare i loro istinti primordiali per uccidere senza emozioni, senza passione, senza discernimento”. Perché “l’orrore ha un volto e dobbiamo essere amici dell’orrore”. No, dobbiamo combattere l’orrore con tutte le nostre forze e invertire la tendenza. Il corpo torturato di Tommaso ci parla e ci chiede di non voltarci dall’altra parte. Per non smettere di cercare un nuovo umanesimo.

Dopo scritto

L’onorevole Andrea Orlando mi ha inviato, dopo l’articolo di domenica scorsa, i testi riguardanti due sue iniziative contro il caporalato illecito nell’agricoltura e nella nautica alla Spezia. BENE. Lo dobbiamo a un altro corpo torturato che ci parla: quello di Satnam, uno schiavo abbandonato a terra, morto in compagnia del suo braccio amputato.

[email protected]

Manifestazione studentesca negli Stati Uniti d’America, 1968 (Archivio Giorgio Pagano)

 
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