L’università lo richiama in Italia per “chiara fama” e 13 anni dopo lo caccia con false accuse. Lettera di solidarietà di potenziali premi Nobel

L’università lo richiama in Italia per “chiara fama” e 13 anni dopo lo caccia con false accuse. Lettera di solidarietà di potenziali premi Nobel
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A Bergamo la storia surreale del professor Giovanni Urga: nel 2007 l’ateneo orobico lo richiama da Londra per le sue straordinarie capacità e collaborazioni, poi gli muove guerra contestandole fino al licenziamento. Due sentenze del Tar gli danno ragione, attestando un «uso distorto del potere pubblico» e l’adozione di «norme illegittime probabilmente introdotte ad personam» per estrometterlo. È stato ripristinato, ma l’epilogo deve ancora essere scritto. Il nuovo Rettore fa ricorso al Consiglio di Stato (ma non risponde sul Fatto)

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Giovanni Urga

università che punisce il merito. Da Bergamo arriva una storia così pesante e surreale da ribaltare l’asse cartesiano di una realtà a cui siamo assuefatti. Una storia così kafkiana da interessare il comunità scientifica internazionale, con i potenziali premi Nobel, a cominciare dal capo del dipartimento di economia di Oxford, che si stanno dando da fare perché non passi inosservato, mentre in Italia nessuno lo racconta. Insomma, questo è quanto. L’Università chiama un professore di Londra per “chiara fama”, individuato tra i docenti “in permanenza all’estero”. Dopo 13 anni di insegnamento, senza mai essere accusato, lo caccia ignominiosamente accusandolo di aver “mentito” sul fatto di continuare ad insegnare all’estero. Due sentenze del Tar dimostrano poi che l’accusa era del tutto falsa, accertano la piena compatibilità delle due posizioni (italiana e straniera), e ne ordinano l’immediata reintegrazione. Inoltre, censurano l’università per un “uso improprio del potere pubblico” e l’adozione di disposizioni regolamentari “probabilmente illegittime probabilmente introdotte ad personam”. Tuttavia, l’epilogo della storia deve ancora essere scritto.

La medaglia al merito ha smesso di girare tra dritto e rovescio, tanto che il tribunale amministrativo è già passato a quantificare il danno, ma l’ateneo orobico insiste: ora bussa alla porta del Consiglio di Stato, alimentando così un storia che scredita l’università italiana ben oltre i confini nazionali, come sottolinea l’associazione Trasparenza e Merito chi lo denuncia. Ecco allora la storia di Giovanni Urga, dei suoi “tre anni d’inferno” trascorsi nel palmo della mano di chi lo aveva richiamato in Italia, tra il silenzio di colleghi per nulla propensi a difenderlo. “È successo. – si limita a dire il professore – Ma non deve intaccare la fiducia nei nostri atenei e nei nostri studenti”.

Un cervellone in fuga
La storia inizia nel 2007, quando l’Università di Bergamo apre le porte della didattica a un professore di Potenza che vi insegnava dal 1992 ma poi aveva spiccato il volo, approdando a econometria e finanza appositamente chiamato dal Scuola di commercio di Bayes di Londra, dove insegna dal 1999. Il bando è per “chiara fama”, visto il curriculum chilometrico con PhD all’Università di Oxford, e poi ricercatore al Queen Mary e al Westfield College e al Scuola di affari di Londra da Londra. L’operazione è benedetto dall’alto dell’università, che per anni finse di aver riportato in Italia un cervellone in fuga che aveva insegnato proprio lì, come professore a contratto, dal 1992. Per 13 anni Urga fu professore ordinario di econometria e il suo impegno proiettava l’università e la sua studenti nel più alto forum scientifico d’Europa, con oltre 70 pubblicazioni con doppia affiliazione, progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea e dalla Banca d’Inghilterra, il coinvolgimento di studenti e studiosi in pubblicazioni, attività e seminari di livello A beneficiari del fondo della Bayes Business School per coprire parte delle spese di viaggio e alloggio a Londra. La bella storia su cui molti in Italia metterebbero la loro firma nel 2020 riserva un colpo di scena improvviso, quello kafkiano per cui all’estero ci guardano come dei marziani, sospirando “ah, Italia”.

Dalla “chiara fama” all’ignominia
Il rettore dell’epoca Remo Morzenti Pellegrini cambia idea. “Improvvisamente” scopre la didattica straniera, quella per la quale, per inciso, lo stesso Ateneo Orobico aveva già espressamente autorizzato Giovanni Urga a risiedere a Londra nel 2007: mette in croce il professore proprio per quelle importantissime collaborazioni che gli avevano procurato la invito alla “fama chiara”. Avvia addirittura una “inchiesta” interna contro di lui, “scopre” che insegna ancora a Londra, rivendica l’incompatibilità tra gli incarichi che ricopre in Italia e all’estero, lo accusa addirittura di aver firmato in servizio”dichiarazioni false” per tenere all’oscuro l’università doppia affiliazione, quella che fino ad allora aveva dato tanto lustro all’università. Urga ha vita facile a fornire la prova contraria, ma l’università va dritta costringendola a rivolgersi al Tribunale amministrativo di Brescia. Nel novembre 2020 il Tar ha accolto il primo ricorso, riconoscendo la piena legittimità della sua posizione lavorativa e condannando l’Università degli Studi di Bergamo al pagamento delle spese processuali. La sentenza diventa definitiva, ma il rettore torna comunque in carica: per ribaltare la sentenza (così dice il Tar), insieme al Consiglio di amministrazione, cambia due volte il regolamenti universitari prevedendo e rendendo retroattiva l’incompatibilità per coloro che (si metta il caso solo lui) si trovino nella situazione di Giovanni Urga. In virtù di ciò, l’università avvia a disposizione di decadenza il 10 febbraio, poche ore prima dell’inizio di uno dei tre corsi di Econometria che Urga ha tenuto, poche settimane dopo la laurea di alcuni studenti e mentre è Presidente della commissione per l’abilitazione scientifica nazionale e membro di diverse altre commissioni. Bloccato anche il badge per accedere al Dipartimento di Economia, la mail, il profilo scientifico sul sito Unibg. Le sue attività didattiche sono oscurate.

“Persistenza accademica”
Non essendo sufficiente, per gli stessi fatti il ​​rettore avvia anche a procedimento disciplinarerimuovendo alcuni componenti del Consiglio di Disciplina in una presunta situazione – ancora una volta – di potenziale “incompatibilità”, e, per la seconda volta, rimuove il già destituito Giovanni Urga: gli viene inflitta la licenziamento marzo 2021. Così il professore acclamato e riportato a casa diventa improvvisamente un emarginato e non solo a Bergamo, ma agli occhi della comunità scientifica nazionale e internazionale, tanto che l’8 febbraio una decina di docenti ed esperti del soggetto, dalle università del Connecticut al Canada a Parigi, hanno firmato a lettera-appello di solidarietà (download) al collega italiano di cui nessuno parla in Italia. Tra l’altro, firma David Forbes Hendry, capo del dipartimento di economia dell’Università di Oxford. Nel 2021 tre premi Nobel sono stati assegnati proprio ad appassionati di econometria (Joshua Angrist, David Card e Guido Imbens).

Incredulo, Urga torna a bussare al Tar che per la seconda volta gli dà ragione, certifica il legittimità della sua condotta e censura pesantemente l’università per un “uso improprio del potere pubblico”, anche attraverso illegittimi dinieghi di accesso ai documenti che il docente ha richiesto per potersi difendere (motivazione di uno dei dinieghi: Giovanni Urga non ha “accettato” la nuova normativa che lo riguarda). Il giudice precisa inoltre che non sussiste alcun “errore scusabile”: “Al contrario – si legge nella sentenza – gli atti di causa evidenziano l’adozione di una sequenza di atti palesemente contrari alla normativa primaria, posti in essere dall’Università resistente e suo rettore pro tempore in base all’a interpretazioni sbagliate e distorte del dato costituzionale, già censurato da questo TAR e volto anche ad eludere gli effetti conformistici derivanti da quest’ultima sentenza, anche mediante l’adozione di disposizioni regolamentari altrettanto illegittime e probabilmente introdotto ad personam, con le stesse modalità sopra descritte”. Intanto il campo di battaglia si allarga: l’avvocato di Giovanni Urga, l’amministratore Fabio Andrea Bifulco di Milano, viene denunciato disciplinarmente per aver sostenuto che alcune plurime violazioni di legge non potevano essere accidentali, vista l’elevata qualifica del Rettore (docente di diritto amministrativo) proprio nel soggetto specifico.

Dispongo la reintegrazione, per quantificare il danno
La Corte chiede a quel punto l’annullamento di tutto quel congestionamento di regolamenti/decreti/deliberazioni approvate dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione dell’Università degli studi di Bergamo “compreso il presupposto del verbale del Consiglio di Disciplina del 23 febbraio 2021” , e quindi impone all’Università di “reintegrare immediatamente il ricorrente sul posto di lavoro nonché di provvedere, entro 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, alla ricostruzione della carriera del ricorrente a partire dall’11 febbraio 2021, corrispondente alla data di cessazione illegittima del rapporto di lavoro per provvedimento di licenziamento , fino all’effettiva reintegrazione, versando allo stesso tutti gli emolumenti dovuti per retribuzione e contributi previdenziali e assicurativi, maggiorati della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dalle singole scadenze al saldo”. Sembra la resa e infatti nel luglio dello scorso anno il docente è tornato al suo posto con effetto immediato, seppur provato da questo calvario da cui ha subito danni d’immagine, materiali, psicologici e biologici che il semplice reinserimento non guarisce (ed infatti il Il TAR ha disposto la CTU per la quantificazione di tale danno).

Lieto fine lontano: il rettore insiste (ma non risponde)
Fine della storia? Affatto. Il nuovo rettore dell’Università degli Studi di Bergamo Sergio Cavalieri lo scorso gennaio ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, dando a questa vicenda arcitaliana ulteriori appigli per produrre sgomento anche all’estero. Raggiunto dal Fatto.it, il rettore ha preferito non commentare. “Questa storia mi ha toccato nel profondo e continua ad amareggiarmi”, dice invece la professoressa Urga. “Ma non ha intaccato la mia perseveranza e determinazione nello svolgere il mio lavoro con dedizione e rigore. Anche se non è per niente facile, penso che questa brutta storia non debba intaccare il fiducia nelle nostre università e i nostri studenti. Mi ha solo reso più consapevole della necessità che i casi di Mala Università non possano e non debbano restare impuniti”. “Questa storia – gli fa eco Gianbattista Scirè, fondatore di Tra-Me – si inserisce nel consueto abuso di potere e violazione di sentenze da parte di molti rettori di università italiane, che piegano a proprio uso e consumo leggi e regolamenti interni. La novità è che il ricorrente ha capito che da solo non si va da nessuna parte e quindi, forte del suo prestigio scientifico, ha avuto il supporto di importanti docenti internazionali e ha deciso di fare squadra e utilizzare i canali dell’associazione per rendere pubblico la sua storia, portala alla stampa, e così sarà un esempio per molti altri”.

 
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