Ilaria Salis, negati gli arresti domiciliari in Ungheria. Che succede ora – .

Ilaria Salis, negati gli arresti domiciliari in Ungheria. Che succede ora – .
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“Le circostanze non sono cambiate” e “13 mesi di carcere non sono tanti”. Con queste due sentenze il giudice Jozsef Sòs ha spento ieri le speranze di Ilaria Salis di uscire dal carcere, dove è detenuta dal febbraio 2023, per attendere l’esito del processo agli arresti domiciliari in Ungheria. L’insegnante milanese, 39 anni, in carcere da 13 mesi con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra (e di aver fatto parte di un’associazione per delinquere), resta quindi in carcere almeno fino alla prossima udienza, che si terrà il Il 24 maggio, quando verranno ascoltati una vittima e due testimoni.

La decisione del giudice

La decisione della giustizia ungherese è arrivata senza esitazioni: nessuno sconto per l’attivista italiano. Le accuse sono troppo gravi per concederle gli arresti domiciliari, anche con il braccialetto elettronico, e per modificare il suo status di prigioniera pericolosa. Salis è stato trasferito con manette e catene alla caviglia, oltre ad essere tenuto da un agente con un’altra catena come un guinzaglio. “È stata trattata ancora come un cane”, si è sfogato il padre Roberto, dopo poco più di tre ore di udienza. A nulla è servito l’argomento della difesa incentrato sulle “importanti novità” rispetto all’udienza precedente: Ilaria ora ha la residenza ungherese dove può stare anche con il braccialetto elettronico e svolgere lavoro online. Inoltre in carcere si è sempre comportata bene e non ha “alcuna intenzione di scappare o di nascondersi”. Anche Salis, interrogato dal giudice, ha confermato: “Non ho alcuna intenzione di sparire o di scappare e quindi posso restare agli arresti domiciliari anche a Milano”. Il pubblico ministero ha però confermato le accuse, chiedendo di non alleggerire le misure cautelari.

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Le prossime mosse

Come riportato da Corriere della SeraI genitori di Ilaria Salis avevano trovato una sistemazione per gli arresti domiciliari a Budapest e tutto era pronto, compresa una cauzione di 40mila euro da versare allo Stato. Ma la ragazza invece resterà in carcere. Padre Roberto Salis ha attaccato il governo Orban, “che ha dato un’altra prova di forza e se ne frega delle posizioni di garanzia europee”, e quello italiano “che dovrebbe farsi un esame di coscienza” vista la “brutta impressione” . Il ministro Tajani giudica “sbagliata” la scelta di non concedere gli arresti domiciliari, protesta per il trattamento delle catene ma invita a “non politicizzare il caso” riferendosi a “diplomazia e prudenza”. Il padre di Ilaria lancia invece un appello alla solidarietà, a “una protesta contro l’immobilismo italiano” perché non ha certo intenzione di fermarsi: “È andata così, ma non ci arrendiamo. Tiro fuori Ilaria, non c’è dubbio.” E in serata ha anticipato la sua intenzione: “A questo punto dovrò fare una telefonata al Quirinale per cercare di avere una mano dal presidente della Repubblica”. La segretaria del Partito democratico Elly Schlein parla di “schiaffo inammissibile” contro il quale verrà presentato ricorso, così come probabilmente verrà presentata una denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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Il caso Marchesi

Parallelamente alla vicenda Salis, ieri c’è stata un’importante notizia per il coindagato Gabriele Marchesi. La magistratura italiana ha deciso di non trasferirlo in un carcere ungherese e di liberarlo, facendo così piazza pulita del mandato d’arresto europeo emesso da Budapest. Ciò è dovuto al rischio concreto di trattamenti “inumani e degradanti” e al mancato rispetto del principio di proporzionalità e quindi al mancato equilibrio tra esigenze di sicurezza e punibilità con i diritti fondamentali che, si teme, siano stati violati. Il ragazzo è accusato, come Ilaria Salis, di lesioni potenzialmente letali per essersi scontrato con tre esponenti di estrema destra durante una manifestazione di oltre un anno fa nella capitale ungherese. Che se l’è cavata con una prognosi di 5 giorni. La Quinta Corte d’Appello, dopo quattro mesi di controlli, ha archiviato il procedimento a carico del muratore 23enne, posto agli arresti domiciliari pochi giorni dopo la sua cattura da parte delle autorità del Paese guidate da Viktor Orban: ha respinto la richiesta di consegna e la misura cautelare nei confronti del giovane è stata revocata.

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