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PERUGIA – «La casa fa schifo. Fai schifo. Guarda i piatti nel lavandino, non li hai nemmeno lavati.” E giù per la canna. Pugni, insulti e minacce. Anche della morte. Per questo ieri il giudice Elisabetta Massini ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione un uomo di 48 anni accusato di abusi domestici. Nei confronti della moglie e anche davanti al figlio piccolo, che per anni, dal 2018 al 2022, ha dovuto assistere agli sfoghi del padre. Arrivò al punto di picchiare la donna, che all’epoca aveva 25 anni, anche solo perché non lavava i piatti.
Una terribile storia di violenza, con la donna sicura da tempo in una struttura protetta con indirizzo sconosciuto all’uomo, a cui già prima della condanna era stato vietato di avvicinarsi, con tanto di braccialetto elettronico. Per lui, inoltre, è sospesa la responsabilità genitoriale e tutelati solo gli incontri con il figlio, che resta con la madre. Che a un certo punto, stremata dalla violenza e dalla paura, si è rivolta ai servizi sociali di Villa Pitignano che l’hanno indirizzata al Centro antiviolenza Catia Doriana Bellini di Perugia, dove ha trovato l’aiuto di cui aveva disperatamente bisogno.
L’uomo, originario della Sicilia, e lei, proveniente dalla Nigeria, si erano conosciuti tramite un sito, quando la donna si trovava in un centro di prima accoglienza, dopo essere fuggita dal suo Paese. Nacque un affetto e poi l’amore, che però divenne presto terrore. “Ti ammazzo, ti faccio a pezzi come fanno in Sicilia, ti metto in un sacco e non ti trova nessuno”. E ancora: «Anche se quando uscirò andrò in prigione verrò a cercarti per ucciderti… ti caverò gli occhi. Dai, chiama la polizia, ti spacco la testa contro il muro davanti a loro, almeno mi arrestano come si deve.” Questo il tenore delle minacce subite per anni e che la donna si è affrettata a registrare, tanto da diventare – un tempo considerate autentiche e attendibili – prove nel processo a carico del 48enne. Il quale, assistito dall’avvocato Antonio Cozza, ha provato a difendersi dalle accuse del pubblico ministero Giampaolo Mocetti: in aula, infatti, sono state mostrate anche le foto di quei famosi piatti sporchi, con tanto di spiegazioni sulla necessità di igiene e di una sana ambiente per un bambino così piccolo (all’epoca, nemmeno 3 anni). Ma le sue ragioni evidentemente non sono bastate al giudice, che le ha condannato anche a pagare una somma provvisoria di 25mila euro per la donna, assistita dall’avvocato Paola Pasinato, e di 10mila per la bambina. Entrambi potranno ora provare a iniziare una nuova vita, lontana dalle urla e dalla violenza.
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