testimone dell’alluvione: “Voglio un futuro migliore per la mia città” – .

testimone dell’alluvione: “Voglio un futuro migliore per la mia città” – .
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“Oltre ad ascoltare le realtà della categoria, il nostro programma e il nostro progetto civico riportano anche le esperienze dei nostri volontari e candidati. Sono un’infermiera giovane e propositiva: credo che la nostra Forlì abbia enormi capacità inespresse. Da giovane mamma spero di contribuire a rendere la nostra città più attraente ed europea, affinché la mia bambina, proprio come quella nel logo simbolo della lista, possa camminare verso un futuro migliore nella sua città, tenendo sempre stretti i suoi sogni. e fermo”. Così Martina Pretto, candidata di RinnoviAmo Forlì al consiglio comunale. Anche Martina, come tante vittime dell’alluvione dello scorso maggio, riporta con sé i ricordi e i segni di quei giorni.

“Quel pomeriggio di maggio andammo tutti al lavoro con una preoccupazione particolare. – Ricordare – L’apprensione è stata palpabile per tutto il pomeriggio, quando hanno iniziato a circolare notizie che invitavano le persone a non muoversi, a non abbandonare le proprie case e a ritirarsi ai piani superiori. Anche a noi operatori sanitari in servizio è stata offerta la possibilità di ricovero in ospedale, ma non ho avuto dubbi: dovevo tornare a casa per ricongiungermi con mia figlia e mio marito. Verso le 20.10, sotto una pioggia battente, ho preso la macchina e mi sono diretto verso il quartiere Romiti. Quando ho raggiunto il parcheggio del supermercato Aldi, ho notato che era pienissimo di macchine e pieno di gente in grande eccitazione e agitazione. A quel punto interviene la polizia che autorizza la sosta delle auto anche in doppia e terza fila per proteggerle da un eventuale allagamento, ritenendo la zona sicura”.

“Dopo aver parcheggiato l’auto, mi sono incamminato verso casa: dopo aver superato il semaforo e via Locchi, ho preso via Nervesa per raggiungere casa mia. All’imbocco di Via Nervesa, lo scenario che si presentò ai miei occhi era del tutto surreale e apocalittico: il fiume aveva rotto gli argini e l’acqua si alzava con una rapidità disarmante. All’inizio della Via Nervesa mi arrivava alla caviglia, ma a metà strada, mentre camminavo, era già all’altezza del ginocchio. Appena ho svoltato in via Cormons, la strada che parte da casa mia, ho visto in lontananza lampeggiare delle luci blu: allarmato dalla situazione ho chiesto aiuto, ma la Polizia Municipale si è limitata a dare l’ordine di evacuazione quando la situazione era ormai tragica. Abbiamo deciso di scappare di casa: mio marito con il bambino in braccio, io con lo zaino in spalla, ci siamo diretti verso Viale Bologna. – continua la storia – L’acqua continuava a salire molto velocemente, arrivava fino alla vita ed aveva una forza così grande che a malapena riuscivamo a restare in piedi. Una pattuglia della polizia municipale ci accompagna a casa di mia madre. Difficilmente dimenticheremo la notte che abbiamo trascorso. Non chiudevo gli occhi e piangevo continuamente pensando: “Tutto questo si poteva evitare? Come si potrebbe gestire l’emergenza? I vicini staranno bene? È il mio cane? Torneremo mai a casa e se sì, quando?”.

“Finalmente è arrivata la mattina e ci siamo recati al ponte di Porta Schiavonia, cercando di parlare con il personale, per avere notizie sui nostri amici e vicini di casa e per cercare di recuperare il nostro cane rimasto in casa. Nel panico generale e dilagante vengono in mente altre domande: “Com’è possibile che non venga fatto il censimento dei guariti? Com’è possibile che il Comune non abbia utilizzato mezzi come quelli della Start Romagna per convogliare le persone ai centri di raccolta, ma che siano i mezzi dell’Esercito Italiano a dover convogliare le persone ai punti di raccolta? Dopo quel 16 maggio la nostra comunità ha subito un forte colpo e le nostre vite sono cambiate per sempre. Ad oggi non conosciamo un piano strategico chiaro su come procederemo per riqualificare la nostra zona, il letto del fiume Montone versa in stato di abbandono e dallo scorso maggio non sono stati effettuati interventi sostanziali. Le vittime delle alluvioni meritano di vivere in un’area sicura, pronta al cambiamento climatico che stiamo vivendo, ma soprattutto le vittime delle alluvioni hanno il diritto di essere ascoltate e di ricevere risposte” conclude Martina Pretto.

 
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