Ottant’anni fa l’attentato alla caserma. Un testimone rivela come è successo – .

Ottant’anni fa l’attentato alla caserma. Un testimone rivela come è successo – .
Ottant’anni fa l’attentato alla caserma. Un testimone rivela come è successo – .

Dopo ottant’anni Cagli ricorda ciò che accadde quel 5 maggio 1944. Era una giornata in piena guerra con i tedeschi che presidiavano la città e le varie azioni di guerriglia partigiana, molto frequenti dall’autunno 1943. In quei giorni la città era in attesa per l’auspicata avanzata degli alleati avvenuta finalmente il 22 agosto con la liberazione di Cagli dalla dittatura del Ventennio e con la fine delle ostilità belliche. Ma cosa accadde realmente il 5 maggio 1944? L’ultima importante azione dei partigiani è avvenuta con l’assalto alla vecchia caserma dei carabinieri sita in via Lapis, nell’antico convento e chiostro attiguo alla chiesa di San Domenico. Un assalto avvenuto intorno alle 4, quindi nel cuore della notte, e che sarebbe stato concordato in segreto anche con l’allora maresciallo Romeo Visani. Doveva trattarsi di un’azione dimostrativa nei confronti delle truppe tedesche accampate all’interno del Teatro Comunale ed effettuata con l’intento di far saltare la porta della caserma e riuscire ad impossessarsi di alcune armi e munizioni dei Carabinieri senza creare alcun conflitto a fuoco.

Le cose non andarono come concordato e previsto dai partigiani. Sappiamo cosa è accaduto grazie ad un’intervista rilasciata al sottoscritto negli anni ’80 da uno dei protagonisti, colui che in precedenza, nel marzo scorso, aveva condotto l’assalto per liberare diciannove detenuti nell’antico carcere della città. Si tratta del partigiano sloveno Poldo Verbovesk. La sua storia: “Dovevamo solo far saltare la porta ed entrare nella prima stanza dove c’erano le armi e poi scappare. Gli alleati ci avevano lanciato addosso della plastica con il paracadute per azioni di sabotaggio ma noi non eravamo esperti nell’uso di questo esplosivo, quindi invece di piazzare una piccola dose di esplosivo nella porta abbiamo piazzato l’intero pacco. L’effetto fu devastante perché quasi tutta la facciata della caserma venne fatta saltare e a quel punto i carabinieri rimasti aprirono il fuoco su di noi. C’è stato uno scontro a fuoco nei pressi di Imbriano Alessandri che mi è toccato”.

Oltre al partigiano di Caglie Imbriano Alessandri, perseguitato perché di tradizione familiare socialista (a lui venne poi intitolata una via del centro), nell’attentato vi furono altri caduti all’interno della caserma, tra questi il ​​figlio del maresciallo Visani che dormiva nell’appartamento del laureato e di due carabinieri. Uno era del Cagliari, Marino Copparoni. La sparatoria è sempre stata oggetto di versioni contrastanti, soprattutto a causa della caduta in combattimento di Imbriano Alessandri che, disteso su una scala di legno, fu subito portato via dagli altri partigiani e lasciato indifeso in una baracca lungo la strada per Pianello, dove i partigiani avevano la loro base sulle montagne vicine.

I tedeschi effettuarono, probabilmente per ritorsione, un raid nelle case della città, costringendo i giovani a presentarsi al comune. Molti scapparono, altri si nascosero in vecchie fogne e cavità sotterranee ma una quarantina di loro furono deportati in Germania come lavoratori.

Questa è una storia che ancora oggi viene ricordata come la più importante della guerra partigiana cittadina e del Catria e Nerone. Solo agli inizi degli anni Cinquanta venne ricostruita la caserma e con la demolizione scomparve anche il suggestivo portico del convento.

Mario Carnali

 
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