Sono stati ritrovati alcuni appunti inquietanti scritti dal dottorando friulano, ma per la famiglia quella non è la sua scrittura
Giovedì scorso, presso la Corte d’Assise di Roma, si è svolta la sesta udienza del processo sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto nel 2016 in circostanze mai del tutto chiarite. Dalle dichiarazioni rilasciate dagli investigatori italiani che, tra depistaggi e continui sabotaggi perpetrati dall’Egitto, hanno svolto le indagini, è emerso che tra gli agenti egiziani coinvolti nelle indagini sulla morte del giovane ricercatore c’era anche il colonnello Uhsam Helmi: uno dei quattro agenti dell’intelligence egiziana processati in Italia per la morte di Regeni.
Nel corso del sopralluogo avvenuto lungo la strada suburbana del Cairo, dove è stato ritrovato il corpo senza vita del giovane friulano che nel 2016 studiava per un dottorato di ricerca all’Università di Cambridge, sono state scattate alcune fotografie. Durante il processo le stesse immagini furono presentate come prova, dimostrando la presenza del colonnello Helmi tra i presenti. Commentando una di queste fotografie – come riporta il quotidiano online “Il Post” – il colonnello del ROS, Loreto Biscardi, non solo ha spiegato che “quello con gli occhiali da sole è il colonnello Helmi”, ma ha anche ribadito che lo stesso Helmi ha partecipato a quasi tutti gli incontri avvenuti tra gli investigatori italiani ed egiziani. Vincenzo Nicolì, direttore del Servizio operativo centrale di polizia, ha sottolineato che, nonostante una prima apparente collaborazione, nessuna delle versioni fornite dall’Egitto presentava elementi oggettivi compatibili con le indagini condotte dalle squadre italiane. Anche Alessandro Gallo, della task force investigativa italiana, ha confermato i numerosi tentativi di depistaggio perpetrati dalle autorità egiziane. La morte del giovane dottorando, infatti, è stata attribuita prima ad un incidente stradale, poi ad un omicidio conseguente ad una relazione omosessuale; in seguito al traffico di opere d’arte rubate e infine a un regolamento di conti tra spacciatori.
Il mistero delle ultime note
Un’altra scoperta inquietante sulla morte di Giulio Regeni riguarda alcune note: quattro pagine scritte in italiano, ma con traduzioni in arabo. Secondo quanto riportato da Repubblica, le quattro pagine sembrano presentare una grafia che, secondo la famiglia del giovane friulano, non risulta essere la sua. Tra le parole scritte e tradotte in arabo ci sarebbero anche: “spia”, “tortura” e “morte”. «Non è certo la grafia di Giulio e quindi non possiamo spiegare come siano lì», ha spiegato ai microfoni di Report l’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini.
Note, quindi, che sollevano interrogativi su chi le ha scritte e, soprattutto, quando. Domande che aggiungono un ulteriore livello di mistero al caso, come il ruolo di alcune persone vicine al giovane Regeni: la sua amica egiziana Noura Wahby e il suo compagno di stanza Mohamed Khaled El Sayyad, per esempio. Entrambi in contatto con gli agenti della sicurezza egiziana prima e dopo la sua scomparsa. Oppure, il sindacalista Mohammed Abdallah che, come racconterà stasera il noto programma “Report”, in onda su Rai 3 a partire dalle 20.55, avrebbe tradito Regeni spiandolo per conto della sicurezza nazionale egiziana. Sembra, insomma, che mistero e intrighi continuino a circondare la morte di Giulio Regeni, lasciando molti interrogativi ancora senza risposta.
Foto © Asiaecica
ARTICOLI CORRELATI
Processo Regeni, il medico legale: Giulio torturato con percosse e roghi
Caso Regeni: l’ex ambasciatore italiano, evidenti segni di tortura sul corpo di Giulio
Processo Regeni, pm: ”Una tela di ragno è stata tesa attorno a Giulio da apparati e servizi egiziani”
