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“Con il cancro il rischio di morte per infezioni e superinfezioni triplica” – .

“Con il cancro il rischio di morte per infezioni e superinfezioni triplica” – .
“Con il cancro il rischio di morte per infezioni e superinfezioni triplica” – .

Roma, 22 maggio. (Adnkronos Salute) – “I pazienti oncologici hanno un rischio 3 volte maggiore di morire per infezioni rispetto a un paziente non oncologico. Questo è il primo fatto che l’oncologo dovrebbe tenere presente”. Inoltre, “è triplicato anche il rischio di avere superinfezioni batteriche che”, con il problema “a livello globale della resistenza ai comuni antibiotici”, si rivela “una questione molto importante”, soprattutto perché “bisogna considerare che un terzo delle infezioni che colpiscono i nostri pazienti sono causate da questi germi multiresistenti”. Lo ha detto Angioletta Lasagna, oncologa del San Matteo di Pavia, partecipando all’evento su ‘Vaccinazioni nei pazienti oncologici’ della Fondazione Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, organizzato online con il sostegno incondizionato di GSK. “La vaccinazione – spiega Lasagna – evita una cascata di eventi tra cui il ricovero e il ricorso a terapie antibiotiche, il prolungamento della degenza ospedaliera, l’aumento di tutti i costi, con un impatto dirompente sulla qualità della vita perché l’oncologo deve sospendere temporaneamente o basi permanenti. E questo è un altro dato importante da tenere in considerazione oltre all’impatto che le terapie antibiotiche e antivirali possono avere sul microbiota intestinale: la disbiosi ha un effetto negativo sulla risposta immunoterapica, una classe di farmaci straordinari che stiamo utilizzando sostanzialmente in tutti i contesti patologici – e sull’aumento del rischio di eventi immuno-mediati. Pertanto, la vaccinazione non proposta e non effettuata può provocare tutta una serie di eventi “negativi”, “oltre ovviamente a preservare la migliore qualità di vita del paziente”. L’oncologo “dovrebbe tenere presente tutti questi aspetti quando non svolge una consulenza vaccinale – osserva lo specialista – che è un dialogo, non un’imposizione, ma un momento in cui questi diversi aspetti vengono spiegati al paziente”. Certo, non è facile inserirlo “al momento della prima visita oncologica, ma una serie di dati su varie tipologie di vaccinazioni” dimostrano “che il vaccino è comunque efficace, protettivo e sicuro anche durante i trattamenti oncologici”. Pertanto può essere proposto anche “come secondo passo”, preferibilmente condividendo le informazioni con “altri specialisti” ed eventualmente utilizzando un “foglio informativo”. La prima sensibilizzazione “è dell’oncologo – ribadisce Lasagna – Se è lui a proporla al paziente – lo abbiamo dimostrato anche in un lavoro che abbiamo fatto qui al San Matteo – c’è un risultato statisticamente significativo. Il momento ideale per vaccinarsi sarebbe, in teoria, prima dell’inizio delle cure, ma è possibile farlo anche durante le cure. Esistono alcune precauzioni – evitare lo stesso giorno e i giorni circostanti – per evitare il possibile accumulo di eventi avversi come dolore in situ dell’inoculazione o episodio febbrile. Nel caso della patologia mammaria, ad esempio, basta prestare attenzione a mammografie e PET subito dopo la vaccinazione – come insegna l’ampia letteratura Covid – rinviando l’inoculazione di almeno 2-4 settimane”. Un concetto da sottolineare riguarda la sicurezza – conclude l’oncologo – anche in una visione prospettica, cioè la sicurezza per ridurre il rischio non solo di contagio ma anche di complicanze da infezione. Questo vale per tutti i vaccini. Forse il vaccino antinfluenzale è quello che è stato sdoganato meglio, più facilmente. Le altre vaccinazioni, anti-herpes zoster e anti-pneumococco, sono ancora poco conosciute, raramente offerte dall’oncologo e quindi, a cascata, richieste anche dal paziente”. L’auspicio è, «con le linee guida Aiom» in lavorazione, «di poter rafforzare questo messaggio, farlo passare con più forza all’oncologo e quindi anche ai pazienti».

 
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