“Puzza di gas”, quanto metano finisce nell’aria dagli impianti italiani – .

“Puzza di gas”, quanto metano finisce nell’aria dagli impianti italiani – .
“Puzza di gas”, quanto metano finisce nell’aria dagli impianti italiani – .

Polo italiano dei rifiuti di gas metano provenienti da impianti a combustibili fossili. Il bilancio della seconda edizione di “C’è odore di gas”, la campagna di Legambiente con il sostegno di CATF sui rischi di dispersioni e sprechi di gas fossile.

In un periodo di emergenza climatica, l’Italia si conferma epicentro dell’emergenza climatica spreco di gas metano, aggravato dalla mancanza di normative e di misure rigorose di monitoraggio e controllo delle perdite. Una situazione evidenziata da Legambiente nella presentazione dei dati della seconda edizione della campagna “C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta, non tappatevi il naso” realizzato con il supporto della Clean Air Task Force (CATF).

Emissioni di metano: nemico invisibile

Il metano è un gas serra con un effetto fino a 86 volte più climalterante della CO₂. Secondo i dati, il 37% delle emissioni globali di metano nel 2023 provenivano dall’atmosfera dal settore energetico, e l’Italia è tra i paesi importatori con la più alta intensità di emissioni (8,5 Gg/Mtep). Le analisi di Legambiente e CATF, condotte tra gennaio e maggio 2024 su 45 stabilimenti in Abruzzo, Lombardia e Piemonterilevate emissioni di metano nel 75,5% degli impianti monitorati, per un totale di 120 punti di emissione.

Le criticità nei dettagli

Le emissioni rilevate erano spesso collegate a scarsa manutenzione delle infrastrutture. In Lombardia, tra gli impianti più critici, il Centro di stoccaggio di Sergnano registrato 15 punti di emissione.

In Piemonte l’impianto di regolazione e misura di Pernate ha rilevato almeno 10 perdite e 2 casi di venting.

In Abruzzo l’impianto REMI di San Salvo ha presentato 13 perdite e un caso di venting.

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Discrepanze e proposte

Legambiente evidenzia una significativa discrepanza tra i dati ufficiali dichiarati dalle imprese del settore trasporto gas all’ARERA nel 2022 e il emissioni effettivamente rilevate. Secondo i dati aziendali, sui circa 12.000 km di rete ispezionati si sono verificate solo 53 perdite.

Per affrontare queste criticità Legambiente propone cinque azioni chiave:

  1. Anticipare e migliorare quanto previsto dal nuovo regolamento europeo ridurre le emissioni dei paesi fornitori e fermare la costruzione di nuove infrastrutture fossili.
  2. Attuare un piano di riduzione delle emissioni seguendo l’esempio della Norvegia, con un obiettivo di riduzione del 65% entro il 2030.
  3. Garantire una maggiore trasparenza dei dati sulle emissioni su tutti gli impianti a combustibili fossili.
  4. Censimento e bonifica dei pozzi di idrocarburi abbandonati per eliminare le emissioni.
  5. Introdurre sanzioni economiche per i trasgressori delle norme antinquinamento.

Opportunità di riscatto

Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, sottolinea l’opportunità offerta dalla nuova normativa europea per migliorare le politiche italiane di monitoraggio e intervento sugli impianti fossili. Nonostante alcuni punti deboli della regolamentazione, come le frequenze oltre i quattro mesi per l’individuazione e la riparazione delle perdite, Ciafani insiste sull’importanza di politiche rigorose per combattere questo “nemico invisibile” e ridurre la dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili.

Monitoraggio e sensibilizzazione

La campagna “C’è odore di gas” ha monitorato 75 impianti in sei regioni italiane tra ottobre 2022 e maggio 2024, rilevando perdite nel 70% degli impianti. L’Osservatorio Metaneia, promosso da Legambiente, ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sui problemi legati alle emissioni di metano e alla dipendenza dai combustibili fossili.

Legambiente conclude con un appello agli operatori del settore affinché traducano le parole in azioni concrete per attuare buone pratiche e ridurre le emissioni di metano, seguendo l’esempio positivo della Norvegia.

 
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