L’inchiesta su Toti e la mancanza di trasparenza nei rapporti tra impresa e politica – .

L’inchiesta su Toti e la mancanza di trasparenza nei rapporti tra impresa e politica – .
L’inchiesta su Toti e la mancanza di trasparenza nei rapporti tra impresa e politica – .

L’inchiesta giudiziaria che ha travolto la Liguria un mese fa ci mostra ancora una volta che l’Italia ha bisogno di più regole. Quelle regole che le istituzioni internazionali, dal Consiglio d’Europa alla Commissione Europea, ci raccomandano prontamente. Regole che potrebbero tutelarci dal chiederci se sia legittimo ricevere donazioni da imprenditori in cambio di decisioni potenzialmente conformi. Regole che potrebbero aiutarci a evidenziare il confine tra interessi pubblici e privati. Regole che il nostro Paese – ormai quasi unico tra i “grandi” europei – si ostina a non volersi dare.


l’editoriale

Inchiesta Liguria, recuperiamo l’orgoglio della rettitudine

di Stefania Aloia

12 giugno 2024

Finanziamento politico, lobbying, conflitti di interessi: sono questi i temi su cui i governi e i parlamenti che si susseguono non riescono a trovare un accordo, lasciando un vuoto normativo che mina non solo l’integrità pubblica, ma anche la fiducia degli italiani nelle istituzioni. E che ha conseguenze dannose per lo stesso mondo imprenditoriale: mentre una certa politica tende a favorire gli interessi degli imprenditori locali, le aziende e i capitali stranieri preferiscono evitare l’Italia a causa della sua mancanza di trasparenza e del suo quadro normativo confuso.

Una legge sul lobbying aiuterebbe a regolamentare una volta per tutte i rapporti tra gli stakeholders e coloro che prendono decisioni in nome della comunità. E, secondo le analisi dell’Ocse, consentirebbe al Pil di crescere incentivando gli investimenti dall’estero, attratti proprio da una legislazione che tutela la concorrenza.

Dopo Francia e Germania, anche le più piccole Grecia, Finlandia e Croazia hanno recentemente approvato misure sul lobbying, con la volontà di rendere i processi decisionali un po’ meno opachi ma anche di superare quelle asimmetrie che non consentono a tutti di giocare sullo stesso piano . Perché in un Paese senza regole, a vincere sono soprattutto i più vicini al potere, chi si rivolge al governatore, al ministro in prima battuta, chi concede finanziamenti aspettandosi in cambio un trattamento di favore. Ma il rischio è che l’eccessiva vicinanza tra impresa e politica faccia perdere ai primi la capacità creativa, la voglia di “osare”; e il secondo gli fa perdere di vista l’interesse pubblico. Che potrebbe invece emergere da un trasparente confronto tra interessi, oggi del tutto assente.

L’assenza di trasparenza, però, non solo minaccia la concorrenza, garantendo tutela agli interessi più consolidati, rumorosi o compiacenti a scapito di quelli più innovativi e estranei a logiche clientelistiche, ma pone tutti noi cittadini in secondo piano, spettatori sfiduciati di avvenimenti di cui si viene a conoscenza solo grazie alle inchieste giornalistiche e giudiziarie.

Un quadro normativo caratterizzato da trasparenza, partecipazione e integrità pubblica, invece, aiuterebbe i cittadini a farsi un’idea degli interessi in gioco (e quindi a scrutare le scelte dei decisori pubblici) non dopo, nelle aule dei tribunali, ma nel corso dei lavori. Mentre nel mondo si moltiplicano i portali digitali che raccolgono i dati degli stakeholder e le consultazioni pubbliche indette dalle amministrazioni per fare scelte sul territorio, nel nostro Paese gli incontri che contano si tengono in luoghi tutt’altro che istituzionali, lontani dai ritmi occhi indiscreti dei cittadini, in nome dei quali si fanno le scelte.

I dati sull’affluenza alle urne delle ultime elezioni europee – con un ulteriore calo significativo della partecipazione elettorale – evidenziano un deficit sempre più grave nella rappresentanza dei cittadini italiani. Non è certo mantenendo opache le “cabine di controllo”, soddisfacendo gli interessi di alcuni, evitando il confronto con i cittadini e limitando il loro diritto di controllare l’operato di chi governa che si riconquista la fiducia perduta. Una classe politica aggiornata lo capirebbe regole nel nome della trasparenza pubblica aiuterebbero a rafforzare il rapporto con i cittadinima soprattutto aiuterebbero a salvaguardare il ruolo stesso delle istituzioni.

L’autore è redattore di The Good Lobby

 
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