«A 15 ho lasciato la scuola. Le nozze con De Benedetti? Suo padre non faceva il tifo per me. – .

«A 15 ho lasciato la scuola. Le nozze con De Benedetti? Suo padre non faceva il tifo per me. – .
«A 15 ho lasciato la scuola. Le nozze con De Benedetti? Suo padre non faceva il tifo per me. – .

DiMichela Proietti

Il giornalista: «In disparte Liedholm mi ha offerto il tè». La corte di Berlusconi: «A cena con Montanelli si tolse la mia clip di madreperla finta e disse: “La mia donna non deve indossare niente di falso”. Mi sono fatto male, ho deciso di non vederlo più”

Paola Ferrari, milanese, giornalista, produttrice e conduttrice televisiva di programmi come La Domenica Sportiva e 90° Minuto. Quindi è lei la regina del calcio?
«Sono stato il primo a fare quello che poi è stato imitato dagli altri. Sono una persona che vuole sempre abbattere le barriere, aver aperto la strada è motivo di orgoglio. Adesso mi aspetto che i miei colleghi assumano altri incarichi, ma io sono stato il primo a restare in disparte: Nils Liedholm mi ha fatto portare del tè caldo e un poliziotto mi ha dato dei guanti di gomma delle perquisizioni da mettere sopra i calzini, stavo congelando. “

Hai sempre desiderato fare il giornalista?
«Sì, abitavo in zona Città Studi e sotto casa mia c’era un bar dove veniva Beppe Viola. Indossava un cappotto pesante, ero incuriosito dal suo lavoro. Ho detto a tutti: voglio farlo anch’io. Mio padre mi portava a vedere le partite all’Arena con dei fogli di giornale sulla pancia per non farmi prendere freddo. Fino ai 7 anni è stata una bellissima infanzia, poi è iniziato l’inferno”.

Quello che è successo?
«Mia madre ha avuto un forte esaurimento nervoso e ha cominciato ad essere molto violenta. All’epoca non esisteva il Telefono Azzurro: tentò di uccidermi almeno tre volte, la prima annegandomi. Ha anche aggredito mia nonna malata e le ha dato le forbici sulle braccia”.

Ricordi il primo episodio di violenza?
«Sono tornato da scuola e ho raccontato il tema che avevo fatto: “Il tuo animale preferito”. Ho detto che avevo scritto il cavallo e lei è diventata un diavolo: avrei dovuto scrivere il cane. Ricordo che tremavo dalla paura.

Suo padre non l’ha difesa?
«Era disinteressato: era come se quello che succedeva in casa non lo riguardasse, ho poi scoperto che aveva una relazione extraconiugale da cui è nato un figlio, morto a 45 anni. Oggi papà ha 94 anni e prendo cura di lui. Non posso andare a trovare mia madre al cimitero.

Cosa ti hanno lasciato quegli anni?
«Non ho paura di nulla, la violenza mi ha dato la forza di andare contro le avversità: l’aggressività che a volte esprimo è il risultato di ciò. Quando rimasi incinta non sapevo che mamma sarei stata: ricordo un senso di perplessità. Allora ero una brava madre”.

Come è uscita dall’incubo?
«Sono andato a vivere da mia zia a Busto Arsizio. Ho dovuto smettere di studiare a 15 anni e ho iniziato a mantenermi. Un giorno un amico mi invitò nel pubblico di Telealtomilanese. Il regista mi fece un primo piano e fui notato da Enzo Tortora: avevo 16 anni”.

Enzo Tortora.
«Un secondo padre. È venuto a cercarmi per tutta Busto Arsizio e ha detto che voleva portarmi in Rai, stava per partire da Portobello. Mi ha chiamato “lei”: “Chiamami”. Il suo numero era quello di sua sorella: voleva farmi sentire al sicuro, senza secondi fini. L’ho chiamato e ho iniziato a lavorare nel mondo del broadcasting, facevo il centralinista”.

Il calcio d’inizio?
«A Telenova e poi Telelombardia, dove ho ricordi bellissimi: mi notarono Sandro Mazzola e Tito Stagno, che mi chiamò a collaborare per i Mondiali del 1990. Sono entrato in Rai».

Da Tortora a Mazzola. Cosa c’era di così speciale in lei che colpì tutti questi maestri?
«Mi hanno detto che non sono mai stato banale nel mio lavoro. All’epoca non c’erano donne che si occupavano di calcio: c’era Rosanna Marani della Gazzetta dello Sport e mi piace ricordarla”.

Come hai colmato una lacuna negli studi?
«Non aver terminato gli studi è stato per molto tempo un handicap. Ho sostenuto un esame di cultura generale per completare due anni di scuola superiore: solo così ho potuto sostenere l’esame da professionista. E poi tanto apprendistato”.

Erano gli anni della Milano da bere.
«Ho vissuto sette vite: dagli anni della Lead all’edonismo degli anni Ottanta, con i concerti di Prince, i locali come il Nephenta, l’arrivo delle modelle americane che portavano via i fidanzati alle milanesi. Conoscevamo tutti Terry Broome, i locali chiudevano alle due del mattino e poi lei andava a casa di qualcuno”.

Marco De Benedetti, tuo marito, lo ha incontrato così?
«No, ce lo ha presentato Alba Parietti, è una delle mie migliori amiche. Mi ha costretto ad accompagnarla a una cena dove c’era anche lui: non volevo andare, mi ha tirato fuori dalla vasca da bagno.

Amore a prima vista?
“Non c’è modo. Avevo appena osato: una relazione di otto anni con una relazione apparentemente perfetta. Di notte lo guardavo mentre dormiva e dicevo “non è lui”. Per capire le persone devi guardarle mentre dormono”.

Tuo marito ti ha corteggiato con insistenza?
«Dopo quattro mesi mi chiese di sposarlo. Ha lavorato duro per conquistarmi, aiutato anche da sua madre Mita, che era amica di Alba e poi è diventata anche mia amica. Lo teneva informato sui pranzi a cui partecipavo e lui si fermava a prendere il caffè…”

Anche suo suocero faceva il tifo per lei?
“Non credo. All’inizio pensava che fossi uno dei tanti, che me ne sarei andato presto. Quando ha capito che potevo restare non è stato molto gentile, mi ha lanciato altre frecciate”.

Presentazioni in casa De Benedetti.
«In montagna, in una casa meravigliosa accolti da camerieri in guanti bianchi. Venendo da un contesto diverso sono rimasto colpito, ma quel mondo non mi ha cambiato. Ho detto subito a Marco che con me poteva dimenticarsi delle cene di Stato: a casa mia invito solo gli amici».

Si impara in fretta ad essere una “signora”?
«Con una facilità che non puoi nemmeno immaginare: ne ho visti tanti che dopo un mese, con una scusa, hanno smesso di lavorare. Ho passato molti anni a timbrare, ma non mi sento migliore, ho semplicemente fatto quello che volevo.

Qual è il segreto di 28 anni di matrimonio?
«Sono ottimista, mi arrabbio, urlo, lo faccio fare brutta figura. Ma Marco con me non si annoia mai. Se lo vedo un po’ apatico sul divano lo prendo in giro con qualche battuta.”

Quello che gli uomini chiamano rompipalle…?
“Inoltre. Ma io sono come un filetto in crosta: ho una parte dura fuori e una parte tenera dentro”.

Hai mai avuto una cotta per qualcun altro?
«Spesso mi attribuiscono la fidanzamento, ma in realtà io e Marco siamo molto legati. Anche lui è ambito: ieri sera a cena c’era qualcuno che puntava su di lui. Se vuole glielo presto per un anno, ma poi me lo riprendo!”.

Ti scontri spesso con tuo suocero: l’ultimo episodio ha riguardato Giorgia Meloni.
«Mi è dispiaciuto che abbia usato certi toni nei confronti di una donna e di una politica che sostengo da anni e non solo ora che è presidente del Consiglio. Pensiamo in modo diverso su molte cose, ma anche se amo il confronto, lui è abituato ad avere il mondo dalla sua parte. Lo rispetto e gli voglio bene, ma abbiamo perso un’occasione: aveva una donna diversa nella sua famiglia con cui discutere”.

Ti consideri una femminista di destra?
“SÌ. Continuo ad usare il mio cognome, anche se mio marito ha aggiunto nella mail la sigla “db”, cosa che però crea confusione. Anche all’estero, quando prenotiamo, usiamo la mia: Ferrari, come la macchina, lo capiscono tutti”.

Dalla parte delle donne, ma talvolta in polemica con loro. Diletta Leotta, per esempio.
«È molto brava e porta entrate pubblicitarie. Ma se mi chiedi se vorrei che mia figlia Virginia fosse come lei allora ti rispondo di no. Oggi va di moda rivendicare la propria libertà mostrandosi senza vestiti: i tempi di Mary Quant sono passati. Nobilitare il nudo con il femminismo mi sembra meschino: una volta non si voleva apparire belli ma buoni, adesso vogliono essere prima di tutto belli, è un passo indietro».

Melissa Satta la chiamava “rosicona”.
«Mi è dispiaciuto: quando ho commentato il suo gesto di togliersi la giacca durante la trasmissione, è stato contro le battute maschili che sono seguite. Pensava che fossi arrabbiato con lei. Non sono invidioso, anzi sono stato invidiato”.

Viene attaccata perché è la “moglie di”?
«Una volta all’ambasciata italiana a Washington mi presentai a Mario Draghi dicendogli: “Sono la moglie di Marco De Benedetti”. Lui rispose: “Deve essere lui il marito”! Se hai un uomo importante devi lavorare il triplo per dimostrare che ne vali. Marco mi ha chiesto più volte di lasciare la Rai, era certo che avrei subito e subirei un’ingiustizia”.

È andata così?
«Sono una donna Rai, amo la mia azienda e anche se è una realtà tagliente sono orgogliosa di farne parte: non cambierei mai. Ma mi piacerebbe cimentarmi con l’infotainment. E mi dispiace quando dicono che devono ringiovanire e poi mettono dentro un uomo della mia età”.

Cosa ne pensi dell’addio di Amadeus?
«Ho iniziato a lavorare con lui a Radio Deejay, dove Cecchetto mi aveva affidato la notizia. Penso che abbia davvero fatto una scelta di vita”.

Piani per il futuro?
«Continuare a realizzare i documentari che produco per la Lucisano Film, di cui sono socio. Ne ho fatto uno anche su Charles Bukowski”.

Diamo nome e cognome: Alba Parietti.
«Ancora oggi uno dei miei amici più cari. Uno selvaggio. Se ce n’è bisogno, scappo. E anche lei.”

Giocatore preferito.
«Roberto Baggio, mi piacciono i numeri 10».

Il miglior allenatore.
«Arrigo Sacchi. E poi Liedholm.»

Il nome del suo corteggiatore più famoso.
“Silvio Berlusconi. L’ho conosciuto quando avevo 20 anni a Telemilano. È iniziata una relazione platonica, la sua segretaria mi aveva avvisato che usciva anche con Veronica. Durante una cena nella casa di via Rovani con Montanelli, mi tolse dai capelli il fermaglio di finta madreperla. “La mia donna non deve indossare nulla di falso”, ha detto. Sono rimasta ferita, ho deciso di non rivederlo più”.

E lui?
«Ci ​​siamo sempre rispettati e mi manca. Qualche anno fa mi disse: “Paola, ho saputo che tuo suocero vorrebbe vedermi morto”. Non c’era motivo per questo. Ho fatto di tutto perché i due vecchi leoni potessero bere un caffè. È una di quelle cose che biasimo mio suocero per non averci almeno provato.”

5 maggio 2024 (modificato il 5 maggio 2024 | 07:21)

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