L’uomo che balla| Il caffè di Gramellini – Corriere.it

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C’è quest’uomo sul mio telefono, con un cappotto grigio e un gilet maculato, che balla da solo davanti a una bara di legno chiaro e una foto di una donna sorridente. I pollici, abituati al tremolio nevrotico dei video, si fermano per lo stupore. L’uomo che balla si chiama Stephane ed era il compagno di Agnès Lassalle, la donna nella foto, l’insegnante di spagnolo pugnalata al cuore da uno studente che dice di aver sentito delle voci nella sua testa. Siamo sul sagrato di una chiesa di Biarritz, il funerale è appena terminato e la bara contenente il corpo della vittima di un delitto assurdo sta per essere inghiottita dal carro funebre, quando parte la musica al posto della rabbia. “Amore” di Nat King Cole, nella versione francese.

Stephane e Agnès si erano conosciuti su una pista da ballo già sulla quarantina, e insieme si erano dati un nuovo inizio. “Love” era la loro canzone. Stephane danza leggermente attorno alla sua bara con le braccia tese, come se fossero piene di lei. Gli amici osservano la scena, finché non decidono di farne parte. Un signore dai capelli grigi inizia a volteggiare con una rossa, si unisce un’altra coppia, e poi due donne, e due ragazzi: sembra di essere sul set di un film dove si sta girando una festa di matrimonio. Al centro della foto Stephane e il fantasma di Agnès, con i loro passi perfetti, condiviso chissà quante volte lei nella vita. Non ho mai sentito così tanta voglia di ballare.

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