‘La primavera non c’è più’ di Bertolt Brecht”. Recensione di Alessandria oggi – .

In “La primavera è finita” Bertolt Brecht dipinge un ritratto malinconico e riflessivo del distacco dell’uomo dalla natura. La poesia, con il suo linguaggio semplice ma nostalgico, evoca un tempo in cui la primavera era un fenomeno vivido e inarrestabile, un’epoca in cui l’uomo viveva in una più stretta simbiosi con gli alberi, l’aria e il cielo.

Un passato incontaminato

Brecht inizia con un ricordo del passato, “Molto tempo fa”, quando le stagioni erano distinte e vivaci, non ancora influenzate dall’intervento industriale dell’uomo. Questi versetti riflettono un tempo in cui il ciclo naturale della vita era una realtà palpabile, non un capitolo di un libro o un lontano ricordo.

La disillusione della modernità

La poesia si trasforma allora in un confronto tra il passato e un presente sterilizzato, dove la primavera, un tempo attesa, appare ora assente o ridotta a fenomeno quasi esclusivamente letterario. Brecht mette in risalto un’epoca in cui gli “stormi di uccelli” non adornano più i cieli cittadini e la primavera si riduce a un fugace avvistamento dal finestrino del treno.

La natura osservata a distanza

La netta distinzione tra la primavera osservata “nei libri” e quella “sulle nostre città” evidenzia la crescente disconnessione tra l’umanità e il mondo naturale. Brecht nota come i moderni abitanti delle città siano diventati spettatori distaccati delle stagioni, connettendosi con la natura solo attraverso la mediazione delle tecnologie, come le “antenne” che toccano i cieli tempestosi.

Un inno alla consapevolezza

“La primavera non c’è più” non è solo un lamento per il cambiamento delle stagioni; è un richiamo alla consapevolezza ecologica e alla necessità di riconnettersi con l’ambiente naturale. Brecht ci invita a riflettere sul costo umano e ambientale del progresso e a considerare come le nostre azioni abbiano trasformato la percezione e l’esistenza stessa della primavera.

In questi versi Bertolt Brecht non solo critica l’alienazione dell’uomo dalla natura, ma invita anche a un risveglio che possa riportare l’umanità a una più autentica comunione con il mondo che la circonda. “La primavera non c’è più” è un potente avvertimento, un appello a non dimenticare il linguaggio degli alberi e dei cieli nella nostra incessante ricerca del progresso.

“La primavera non c’è più” di Bertolt Brecht

“Tanto tempo fa.
Gettiamoci sul petrolio, sul ferro e sull’ammoniaca
Era lì ogni anno
Il tempo degli alberi che diventavano irresistibili e violenti.

Ricordiamo tutti
I giorni più lunghi
Il cielo più limpido
L’aria è cambiata
Della primavera destinata a venire.

Ora leggiamo nei libri
Di questa celebre stagione
E anche per molto tempo
Non ci sono stati avvistamenti sulle nostre città
I famosi stormi di uccelli.

Le persone ancora sedute sui treni sono le prime
Per sorprendere la primavera.
La pianura lo dimostra
Con antica chiarezza.
Certamente i temporali sembrano passare negli spazi alti:
Toccano solo le nostre antenne”.

Poesia da: ibreriamo.it/

Leggi anche.

https://it.wikipedia.org/wiki/Bertolt_Brecht

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