l’arte bianca di Guglielmo ed Enrico Vuolo – .

I luoghi del cuore a volte possono essere racchiusi in spazi molto piccoli. E rotondo. Come una pizza. Chiunque si sia innamorato, nel corso della sua vita, della pizza napoletana, quella classica e intramontabile, non può che ritrovarsi a casa da Guglielmo ed Enrico Vuolo a Verona. Lontano dal traffico del centro – per scelta -, il maestro dell’arte bianca è in gran forma e ha portato una fetta – va detto – di Napoli nel capoluogo scaligero. Un indirizzo da annotare sul quaderno e da riscrivere ancora, sia che tu sia già estimatore di uno dei più limpidi interpreti della pizza napoletana, sia che tu sia alle prime armi.

Il posto è luminoso, colorato, ampio ma non troppo e sicuramente curato nei minimi dettagli. Esteticamente i richiami a Napoli e alla Campania ci sono, sono evidenti, eppure lo stile resta moderno e pop, elegante e contemporaneo, come è sempre stato nello stile di Guglielmo Vuolo. Un pizzaiolo classico, che non è mai stato banale in vita sua. Il servizio in sala, curato da Stefania, la padrona di casa, è cordiale ed accogliente. Come a casa, ma dove si mangia benissimo e si viene serviti da ragazzi competenti e gentili.

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Inevitabile, se si vuole davvero approfondire la sua filosofia di ragionamento, la carta della margherita e la carta della marinata, figlie di un lavoro sul pomodoro che Vuolo porta avanti ben prima che diventasse di moda e arrivasse sulle carte e sulle tavole delle pizzerie di tendenza. La trilogia margherita (14 euro) è una pizza divisa in tre sezioni che racconta un intero viaggio: 1) con San Marzano e fiordilatte, 2) con piennolo e provola e 3) con pomodoro di Corbara e mozzarella di bufala per completare. Tutti i pomodori vengono spiegati in uno spazio apposito nel menù, che diventa un vero veicolo di comunicazione e cultura alimentare. Tra i più interessanti anche la marinara andante (15) con pomodorini del piennolo del Vesuvio, acciughe o acciughe a seconda della disponibilità, capperi, olive, aglio e Grana Padano 12 mesi. Un’esplosione di sapori che si possono gustare, in un’ideale degustazione, subito dopo la marinara fritta al forno (12), un disco di pasta fritto con sugo di pomodoro cotto alla napoletana e origano, e la marinara classica (8), senza tempo.

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Non mancano le pizze più classiche, ma la sezione più divertente del menù è quella delle pizze del maestro. L’estia (14) bianca con cipolla secca, pomodorini confit, fiordilatte, olive nere e basilico è un delizioso gioco tra dolcezza e acidità; trionfo di sapore ed equilibrio, la sua versione della Cosacca, una delle pizze più simbolo della tradizione partenopea: pomodoro pelato biologico, pecorino grana sardo 36 mesi e olio di alta qualità. Per i più ribelli o curiosi, il Lungomare Caracciolo (14), base bianca con fiordilatte, olio extravergine di oliva, basilico e, dopo la cottura, acciughe (o acciughe) impanate e fritte, finocchio fritto o confetti di alghe secche, con scorza al punta di limone capace di rinfrescare il palato come se fosse stato spremuto direttamente sulla padella calda.

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20 marzo 2024



Gli antipasti ed i dolci sono tipici della tradizione delle pizzerie napoletane, tra babà (5 a 6) e straccetti fritti con pomodorini e burrata (10), dalla delizia al limone (6,50) al cuoppo di alici fritte (12).

Un inno al gusto, al piacere di mangiare senza stress, lentamente e bene. Sicuramente un indirizzo che vale non un viaggio, ma almeno infiniti.

Tag: fetta Napoli Verona bianco arte Guglielmo Enrico Vuolo

 
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