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Piemonte insostenibile. Tra crisi demografica e lavoro – .

Piemonte insostenibile. Tra crisi demografica e lavoro – .
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A questo problema si aggiunge un altro fattore. La città di Torino in particolare, pur attirando molte persone grazie alle sue università, fatica in una fase successiva, post-laurea, a farle restare. “Le università, negli ultimi decenni, mantenendo alta la qualità dell’offerta formativa, ma allo stesso tempo migliorando molti servizi legati al diritto allo studio, che significa servizi complementari alla didattica, hanno fatto di Torino un importante polo universitario. Il problema che si pone, come è noto, è che solo una parte delle persone che vengono da fuori per studiare in città poi si fermano”, dice Vernoni.

Quali sono le cause? Il ricercatore non ne identifica uno solo, ma diversi. Nel determinare questa situazione c’è una combinazione di fattori, economici, ma anche sociali e legati alla qualità della vita. Da molti anni il mercato del lavoro torinese è al centro di una transizione da un’economia prevalentemente industriale ad un’economia solo in parte industriale e con una maggiore componente terziaria. “Sappiamo però che questo terziario torinese non si è qualificato come è avvenuto ad esempio in città come Milano o Bologna – commenta Vernoni -. Questa esternalizzazione era relativamente più povera e si traduceva in salari comparativamente più bassi”. Tutto questo, dal punto di vista di uno studente, rappresenta un fattore di debolezza che può portarlo a cercare opportunità lavorative altrove.

Il rischio, avverte, è quello di entrare in una sorta di spirale recessiva: le dinamiche demografiche sfavorevoli in termini quantitativi e qualitativi possono impattare sulla capacità del sistema produttivo, che può a sua volta influenzare negativamente l’attrattività del territorio e, quindi, la capacità di reagire alla crisi demografica. «A livello locale mi sembra che sia piuttosto limitata la consapevolezza che la dinamica sfavorevole può essere compensata attraverso una gestione attiva dei flussi migratori, non solo dall’estero ma anche dall’interno», ammette Vernoni. L’esempio dell’Emilia Romagna e della Lombardia, che hanno attirato residenti anche da altre regioni, non costituisce un precedente nella zona della Mole.

 
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