Festa della Liberazione e Anniversario della Fondazione della città – .

L’amministrazione comunale di Aprilia celebra il 79° anniversario della Festa della Liberazione dal nazifascismo e l’88° anniversario della fondazione della città. Si è tenuta questa mattina, infatti, la cerimonia di questa doppia festa che da sempre accompagna la seconda città della provincia di Latina, l’evento è iniziato con il raduno delle associazioni di combattimento e d’armi in Piazza Roma e la Santa Messa celebrata alle ore 10 nella chiesa di San Michele Arcangelo, alle 11 il corteo istituzionale è partito da piazza Roma lungo via degli Aranci per raggiungere il monumento ai caduti in piazza della Repubblica, dove è stata deposta una corona di fiori.

Ha poi dato spazio all’intervento del sindaco di Aprilia Lanfranco Principi che ha sottolineato l’importanza della liberazione dell’Italia dal nazifascismo e del presidente della sezione Anpi di Aprilia Vittorio Arrigoni, Filippo Fasano, che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di questa giornata ricordando anche la figura di Giacomo Matteotti, socialista antifascista di cui quest’anno ricorre il centenario della sua omicidio. A chiudere l’evento l’esibizione della Fanfara dei Bersaglieri in Piazza Roma.

“Rivolgo un saluto e un cordiale benvenuto a tutte le persone che hanno scelto di partecipare oggi a questa cerimonia per ricordare il 79° anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. È una data altamente simbolica per Aprilia, nata il 25 aprile 1936 con il rito del solco romano scavato nella terra, corrispondente – ha detto nel suo intervento il sindaco Lanfranco Principi – al punto dove oggi sorge Piazza Roma. Questa giornata, che lega la storia locale e una pagina importante della storia del nostro Paese, è caratterizzata dai valori positivi dell’idea di nascita, della forza creatrice contraria alla distruzione e alla morte: la nascita della nostra città da terre malsane salvate dalla malaria dai nostri pionieri, ma anche la rinascita del nostro Stato repubblicano, democratico e libero dalle ceneri e dalle rovine lasciate da una guerra fratricida. La guerra piombò su Aprilia come un fulmine a ciel sereno, all’indomani dello sbarco di Anzio. L’avanzata alleata verso la capitale per liberare Roma dalle forze di occupazione causò la morte di migliaia di soldati e civili, e la fuga di altrettante persone costrette a lasciare i luoghi che erano diventati la loro casa da soli 8 anni, per sfuggire alla devastazione la loro città ancora giovane. Una guerra sanguinosa che seminò morte e distruzione, ma che si rivelò un sacrificio necessario affinché alla fine di un regime totalitario corrispondesse il trionfo degli ideali di libertà, giustizia sociale e democrazia. “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere”, dice una massima di Bertolt Brecht. E infatti per la nostra Italia la Resistenza ha significato una presa di coscienza collettiva, guidata da forze libere, antifasciste e democratiche, sostenitrici di ideologie profondamente diverse ma unite per spezzare le catene di un regime ingiusto, che ha mostrato peggio il suo volto attraverso l’eliminazione fisica o l’allontanamento forzato degli oppositori politici, la soppressione della libertà di voto e di opinione, attraverso le leggi razziali. Un regime che ha trascinato l’Italia in un conflitto mondiale schierandosi dalla parte di chi credeva fosse giusto invadere i paesi liberi, senza tener conto dei principi proposti nei 14 punti di Woodrow Wilson, che gettarono le basi per la creazione della Società delle Nazioni, con la scopo di risolvere sul nascere le controversie tra Stati e garantire la pace. Dopo 79 anni, il 25 aprile rappresenta il momento in cui riunirci e riflettere sull’importanza di celebrare ancora oggi i valori della Resistenza, sostenuti dalle forze politiche che componevano il Comitato di Liberazione Nazionale, eterogenee ma unite dall’antifascismo . Tali valori sono il fondamento stesso della nostra Costituzione, sostenuta dagli ideali di libertà e democrazia.

È all’interno di quel documento che vengono richiamati i diritti fondamentali del cittadino come individuo e nel contesto sociale, i suoi doveri, le regole che regolano i rapporti sociali e politici di una società civile. Nella redazione del testo, i padri fondatori hanno saputo dare corpo all’ideale secondo cui la pacificazione nazionale dovrebbe ripartire per fondare un nuovo ordine, fondato sul bene collettivo e sulla sovranità popolare, in contrapposizione a un ordine che concentrava il potere nelle mani dei pochi, limitando le libertà politiche e soprattutto la libertà personale di uomini e donne.
Ai padri fondatori spettava l’arduo compito di riscrivere le regole sottese al funzionamento degli organismi democratici falliti vent’anni prima e che subirono una profonda trasformazione dopo il 2 giugno 1946, con la vittoria dei repubblicani nel Referendum. Hanno voluto con forza ribadire la preminenza della sovranità popolare, del segreto e della libertà di voto e di opinione, garantire a tutti i cittadini la libertà personale senza alcuna limitazione, condannare la violenza fisica o morale come mezzo di coercizione. Perché la libertà, il bene più prezioso a disposizione dell’essere umano, rappresenta un bene inalienabile, certo e solido per il nostro e per le nuove generazioni, ma il 25 aprile torna ogni anno a ricordarci che la nostra libertà è un bene conquistato. a caro prezzo, una preziosa eredità che tanti giovani, ai quali oggi vogliamo rendere omaggio, ci hanno lasciato sostenendo questo ideale fino alla morte. Un bene che questi martiri della democrazia hanno voluto affidarci con il compito di custodirlo, per garantire una pace duratura tra le persone, tra i popoli, tra le nazioni. Mentre le tensioni internazionali rendono la pace una chimera e la guerra torna a infuriare con focolai sparsi in molte parti del mondo, seminando morte e devastazione ancora e ancora, noi siamo qui insieme per trasmettere il nostro messaggio di pace, affinché i nostri figli possano farne tesoro, consapevoli che la pace è radicata nel DNA del nostro Paese, che scorre attraverso le parole della nostra Carta Costituzionale.
“L’Italia – si legge – ripudia la guerra come strumento di attacco alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Dobbiamo far tesoro di questo principio ogni giorno. Abbiamo il dovere morale di diffonderlo nelle scuole, per insegnare ai giovani che il sacrificio compiuto 79 anni fa da chi ha dato la vita per il nostro Paese aveva l’unico scopo di veder fiorire la democrazia, la libertà e la pace”.


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