Trieste – Teatro Verdi: Cenerentola – .

Trieste – Teatro Verdi: Cenerentola – .
Descriptive text here

La Cenerentola di Gioachino Rossini è una di quelle opere rimaste dimenticate per tanti, troppi anni. Fino all’inizio degli anni Cinquanta Rossini veniva identificato nei manifesti teatrali in gran parte, se non esclusivamente, con Il Barbiere di Siviglia. Dobbiamo la “riscoperta” dell’opera di Rossini a un grande direttore d’orchestra italiano, Vittorio Gui.

Anche il Teatro Verdi di Trieste non ha fatto eccezione: scorrendo la cronologia delle stagioni viene in mente un gap di settant’anni in cui questo melodramma giocoso era assente dal palcoscenico triestino. Risale, infatti, al 1951 la prima ripresa del Novecento, con Giulietta Simionato nel ruolo della protagonista. Cenerentola, però, resta un titolo – rispetto ad altri – poco frequentato alle nostre latitudini, forse perché un po’ estraneo a quella sfuggente propensione del pubblico triestino per opere più vicine al proprio carattere introverso, quelle che mostrano grazia, ma anche bella grata. di scontrosità.

Ieri, in un teatro gremito, l’opera è stata riproposta nella produzione che ha debuttato nel 2022 al Teatro Carlo Felice di Genova con la regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi che si sono ispirati allo storico spettacolo di Emanuele Luzzati.
La dimensione fiabesca, che avrebbe dovuto essere il tratto distintivo della serata, è stata un po’ oscurata da alcune scelte registiche che sembravano gratuite: il coro maschile quasi perennemente tarantulato, ad esempio, non mi sembra aver aggiunto molto l’atmosfera infantile, un incanto che veniva invece suggerito dalle proiezioni – episodicamente un po’ invadenti – e dalle scene.
Altri momenti sembravano più riusciti, come il rallentatore ben interpretata dal partner artistico e dalla scena del temporale. Le luci sono bellissime, i costumi giustamente colorati e fantasiosi ma un po’ anonimi. In linea con la tradizione più nota, il lavoro del regista sugli interpreti conferma una messa in scena piacevole ma che non decolla mai veramente né offre particolari spunti di riflessione.
Direzione brillante Enrico Calessoche ha interpretato la partitura con stile, eleganza e una sobrietà di fondo che ha esaltato sia la scoppiettante vivacità sia il malinconico abbandono che pervadono il capolavoro rossiniano in cui convivono felicemente un personaggio della serie lirica, Angelina, e l’opera buffa.
La narrazione teatrale è risultata pulita, omogenea e ha permesso di apprezzarne fin dall’inizio il virtuosismo – penso alla bellissima Sinfonia di apertura dell’Orchestra Verdi che ha dato un chiaro esempio di cosa significhi il crescendo di Rossini.
Detto dell’ottima prestazione del Coromolto impegnata anche sul palco, la compagnia canora sembrava di buon livello.
Laura Verrecchianei panni della protagonista Angelina, ha confermato tutte le qualità già ampiamente note al pubblico triestino che l’ha più volte apprezzata negli ultimi anni.
Le armi vincenti sono state la bella voce ambrata e il fraseggio vario e mobile, che le ha permesso di delineare una protagonista convincente senza cadere in manierismi zuccherosi. Il mezzosoprano ha risolto senza troppi problemi anche il difficile rondò finale Sono nato nei guai e sembrava disinvolta nella recitazione, caratterizzata da una sobrietà introversa adeguata al personaggio.
Performance eccellente Dave Monaco nella parte di Don Ramiro, che è caratterizzata da una scrittura vocale molto acuta e richiede la capacità di spiegare la voce con slanci quasi eroici alternati a improvvise parentesi elegiache: paradigmatica, in questo senso, l’aria Sì, lo giuro, la ritroverò nel secondo atto, applaudito in scena dal pubblico.
Carlo Lepore fu convincente nel ruolo di Don Magnifico, di cui seppe ripristinare le origini originarie della commedia dell’arte napoletana. Disinvolto sul palco, Lepore ha anche una voce risonante e di bel timbro e ha affrontato con sicurezza l’ardua grafia rossiniana.
Bravo ragazzo Giorgio Caoduro, che interpretava argutamente l’esilarante Dandini, uno dei personaggi più divertenti dell’opera italiana. Il baritono, in una parte di tessitura piuttosto alta, ha cantato con rilevanza stilistica e grande civiltà vocale, evitando quegli eccessi interpretativi che nulla hanno a che vedere con la musica rossiniana.
Alidoro è il protagonista occulto dell’opera ed è stato ben interpretato Matteo D’Apolitoche ne esaltava l’umanità e l’autorità.
Per completare il cast Carlotta Vichi e Federica Sardella che erano le due insopportabili e viperine, ma divertenti, sorelle Tisbe e Clorinda.
La serata è stata apprezzata dal pubblico che spesso ha applaudito apertamente e alla fine ha regalato un grande successo all’intera compagnia artistica.

La recensione si riferisce alla prestazione del 26 aprile 2024

Paolo Bullo

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV incontro del 18 maggio – .
NEXT Jane Goodall festeggia i suoi 90 anni on the road, sarà a Roma per il concerto del Primo Maggio – .