“Siamo indietro sui droni e sulla guerra elettronica”. Parla il generale Bertolini – .

“Siamo indietro sui droni e sulla guerra elettronica”. Parla il generale Bertolini – .
“Siamo indietro sui droni e sulla guerra elettronica”. Parla il generale Bertolini – .

L’esercito italiano è vecchio e ha bisogno di essere ammodernato?

“L’esercito italiano soffre di decenni di abbandono”. Così risponde Marco Bertolini, generale, 73 anni, militare da 19 anni, ex capo della Folgore, ex capo delle forze occidentali in Afghanistan.

Ha dunque ragione il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Carmine Masiello a denunciare l’arretratezza?

«Tra tutte le forze armate, l’Esercito è quella meno dipendente dallo sviluppo della tecnologia (se pensiamo all’importanza delle tecnologie nella produzione di aerei per l’Aeronautica o di navi per la Marina). E questo ha frenato l’industria, che ha poco interesse a investire nell’esercito. L’esercito, invece, ha bisogno di un rinnovamento molto importante. Abbiamo un componente di armatura antiquato e scarno. In passato era molto più potente. E deve assolutamente rafforzarsi adesso, di fronte alle nuove tensioni internazionali. E poi ci sono altri campi in cui c’è sicuramente bisogno di innovare”.

Per esempio?

«Penso alla cyber-security, penso a quella che viene chiamata attività di guerra elettronica».

Di cosa si tratta?

«La guerra elettronica non consiste solo nell’impedire ad altri di interferire con noi. Ma è anche un’attività offensiva. Proprio come disponiamo di un’artiglieria capace di colpire, dovremmo avere la capacità di una guerra elettronica che riduca o annulli le capacità strategiche dell’avversario di colpirci. E poi servono i droni. Oggi sono uno strumento indispensabile. È una tecnologia che costa denaro”.

Quindi dobbiamo aumentare la spesa militare.

“Certo. Nelle controversie si tende sempre a collegare l’aumento della spesa per la difesa alle richieste della Nato e dell’Europa. Non è così. Avevamo bisogno da tempo di investire nel settore militare. Siamo indietro. Il nostro è un grande Paese al centro del Mediterraneo. In una zona molto contesa. Avere una capacità militare credibile è essenziale per esercitare un minimo di sovranità”.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto afferma che l’età media dei nostri sottufficiali è di 50 anni. E la nostra nazione non può permettersi un esercito di questa età. Essere d’accordo?

«Uno dei problemi gravi delle forze armate, soprattutto dell’esercito, è l’età. Con il passaggio dall’esercito di leva all’esercito professionale, l’età media è aumentata in modo significativo. Non va bene. I fucilieri, gli uomini che vediamo combattere nel Donbass – russi o ucraini – sono ragazzi giovani, tra i 25 e i 30 anni, fisicamente forti. I nostri soldati adesso vanno in pensione a 60, o 70 anni. Ma un fuciliere a 35 non va più bene. Un cinquantenne può stare in ufficio, oppure alla consolle. Ma non può compiere il gesto atletico del combattimento”.

Il nostro esercito ha una capacità deterrente?

«Abbiamo una componente professionale molto valida. Disponiamo di forze speciali di altissimo livello, ma l’eccellenza non è sufficiente per esercitare una vera deterrenza. Hai bisogno di quantità. E non abbiamo la quantità. Invece il principio dell’arte della guerra non è cambiato molto rispetto al passato: importante è la sorpresa, importante è la qualità. Sì, ma la massa è molto importante.

Nella situazione geopolitica in cui ci troviamo è fondamentale investire nella difesa perché non possiamo permetterci di essere scoperti”.

 
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