«È un’imboscata» – Trento – .

TRENTO. Il faccia a faccia tra espositori, Comune di Trento, Provincia e soprattutto Soprintendenza ai Beni Culturali, durante il quale gli stand sono stati aperti e la revisione del regolamento per la loro gestione, non è andato come previsto. Da parte degli espositori, infatti, le aspettative erano molto diverse: “Se ce lo avessero detto prima di arrivare con diapositive, fotografie e documentazione, ci saremmo preparati in modo decisamente diverso, e invece di tutto questo non è stato accennato nulla noi”, ha osservato il presidente di Confesercenti del Trentino, Massimiliano Peterlana, senza nascondere un certo fastidio nei confronti della Soprintendenza.

E il responsabile di quest’ultima, Franco Marzatico, ha illustrato in una presentazione dettagliata tutti i numeri, i dati e gli elementi più importanti del lavoro svolto nell’ultimo periodo: su 2.563,21 metri quadrati richiesti dagli operatori, il tasso di approvazione è stato del 93% (ovvero 2.382,81 metri quadrati), per un totale di 477 tavoli e quindi 1.906 posti a sedere (immaginando quattro per tavolo). Su 96 domande analizzate dalla Soprintendenza, 72 sono state autorizzate con un tempo medio per ciascuna di circa 29 giorni (in 66 casi), mentre in un solo caso il tempo ha raggiunto i 60 giorni, cioè il massimo a disposizione per prendere una decisione.

«Quelli degli operatori sì allarmismi esagerati e non capisco l’accanimento nei nostri confronti – ha aggiunto il Sovrintendente. – In alcune situazioni abbiamo dovuto purtroppo limitare questo spazio. Penso a Palazzo Tabarelli, o alla riduzione di un metro in via Belenzani, ma anche ad altre zone dove si è pensato in termini di visibilità dei monumenti. Confrontandomi con altri colleghi del nord Italia, ho notato che questo allarmismo “vivo” è presente solo da noi. Siamo aperti al dialogo e al confronto, ma dobbiamo risolvere questo tema ragionando sulla “grande bellezza” della città, sull’equilibrio tra monumenti e attività commerciali”.

Terminata la presentazione della Sovrintendenza, è arrivata la risposta di Peterlana, che ha voluto ribadire la posizione dell’ente rappresentato: «Mi dispiace che Marzatico si sia offeso per i commenti degli espositori sulla stampa locale, ma siamo un sindacato e come tale dobbiamo agire, difendendo le posizioni dei nostri iscritti. Ad oggi, nonostante le varie lettere inviate a Comune e Provincia per discutere della riqualificazione della città anche dal punto di vista del pubblico, le discussioni sono state poche, così come le risposte. E non abbiamo mai avuto uno scambio di opinioni con la Soprintendenza. Nessuno vuole impoverire il mondo artistico della città, ma in quest’ultima si contano oltre 170 imprese, con fatturati e numeri di addetti molto elevati: le ricadute economiche sono quindi sotto gli occhi di tutti”.

Erano presenti anche la vicepresidente provinciale Francesca Gerosa – che ha ribadito “la necessità di un confronto sereno in un’ottica di sostegno alle imprese, considerata l’importanza degli spazi esterni anche per le entrate economiche” – e la consigliera comunale Monica Baggia, con quest’ultima che ha ha spiegato quali saranno i prossimi passi: «Stiamo lavorando per riformare il regolamento, attualmente troppo farraginoso. Con le deroghe arrivate durante la pandemia si è perso il controllo della situazione: cercheremo di dare omogeneità, con una filosofia diversa che tenga conto degli ambiti”.

Il crollo delle categorie

Pur apprezzato dagli operatori, il lavoro svolto dalla Soprintendenza per illustrare la questione delle bancarelle nel centro cittadino non ha contribuito a tranquillizzare gli animi. Anzi, con un sorriso amaro, anche la presidente dell’Associazione trentina imprese pubbliche, Fabia Roman, l’ha definita “un vero e proprio agguato”. Sì, perché le fotografie, i dati e le spiegazioni fornite dal rappresentante della Soprintendenza, Franco Marzatico, non erano previste in quello che doveva essere un incontro chiarificatore, ma niente di più.

«Se lo avessimo saputo prima, anche noi avremmo preparato una documentazione che, pur avendola già presentata in altre sedi, sarebbe stata utile per rafforzare la nostra posizione – ha aggiunto Roman. – Invece, così facendo, non ci è stata data la possibilità di esprimere il nostro punto di vista. Ed è un vero peccato perché le attività che rappresentiamo sono tutele di legalità, sicurezza e socialità del territorio. Senza i nostri bar la città non avrebbe la “vita” che la caratterizza. Ecco perché avremmo preferito un confronto alla pari, cosa che purtroppo non è avvenuta».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Francesco Antoniolli, rappresentante dei ristoratori, che si rammarica della “direzione” che ha preso il confronto. E anche di fronte ai dati forniti da Marzatico, Antoniolli si è detto scettico e, soprattutto, ha voluto sottolineare come questi ultimi si riferiscano a elementi molto diversi rispetto alle reali esigenze degli operatori: «Ci sono stati mostrati i metri quadrati concessi, ma c’è da considerare che magari un’attività che necessita di molto spazio ha ricevuto l’autorizzazione, mentre altre piccole attività con richieste minori non sono state autorizzate. È chiaro a tutti che Marzatico ama la città e che, in questo senso, il rapporto con la cultura ha fatto un deciso salto in avanti negli ultimi anni. Dobbiamo però difendere i nostri iscritti e le loro istanze: i numeri forniti sono fuorvianti, così come lo sono le immagini scelte per descrivere alcune situazioni, presentate con la “giusta prospettiva” proprio per sostenere la posizione della Sovrintendenza”.

Il riferimento di Antoniolli, in questo caso, è incentrato su una fotografia di Piazza Pasi, in cui Marzatico scrive ironicamente “trova la fontana”, quest’ultima infatti nella fotografia appare nascosta accanto ai tavolini del bar. “Comprendiamo la necessità di mantenere visibili i monumenti, ma se fossimo stati avvisati in anticipo avremmo potuto mostrare altre immagini da una prospettiva diversa, per dimostrare ad esempio come è ben visibile la fontana: purtroppo non ci è stata data questa possibilità”, conclusero Romano e Antoniolli.

 
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